Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura ch la diritta via era smarrita Ahi quanto a dir qual era cosa dura esta selva selvaggia e aspra e forte che nel pensier rinova la paura Tant amara che poco pi morte ma per trattar del ben chi vi trovai dir de laltre cose chi vho scorte Io non so ben ridir comi vintrai tantera pien di sonno a quel punto che la verace via abbandonai Ma poi chi fui al pi dun colle giunto l dove terminava quella valle che mavea di paura il cor compunto guardai in alto e vidi le sue spalle vestite gi de raggi del pianeta che mena dritto altrui per ogne calle Allor fu la paura un poco queta che nel lago del cor mera durata la notte chi passai con tanta pieta E come quei che con lena affannata uscito fuor del pelago a la riva si volge a lacqua perigliosa e guata cos lanimo mio chancor fuggiva si volse a retro a rimirar lo passo che non lasci gi mai persona viva Poi chi posato un poco il corpo lasso ripresi via per la piaggia diserta s che l pi fermo sempre era l pi basso Ed ecco quasi al cominciar de lerta una lonza leggera e presta molto che di pel macolato era coverta e non mi si partia dinanzi al volto anzi mpediva tanto il mio cammino chi fui per ritornar pi volte vlto Tempera dal principio del mattino e l sol montava n s con quelle stelle cheran con lui quando lamor divino mosse di prima quelle cose belle s cha bene sperar mera cagione di quella fiera a la gaetta pelle lora del tempo e la dolce stagione ma non s che paura non mi desse la vista che mapparve dun leone Questi parea che contra me venisse con la testalta e con rabbiosa fame s che parea che laere ne tremesse Ed una lupa che di tutte brame sembiava carca ne la sua magrezza e molte genti f gi viver grame questa mi porse tanto di gravezza con la paura chuscia di sua vista chio perdei la speranza de laltezza E qual quei che volontieri acquista e giugne l tempo che perder lo face che n tutti suoi pensier piange e sattrista tal mi fece la bestia sanza pace che venendomi ncontro a poco a poco mi ripigneva l dove l sol tace Mentre chi rovinava in basso loco dinanzi a li occhi mi si fu offerto chi per lungo silenzio parea fioco Quando vidi costui nel gran diserto Miserere di me gridai a lui qual che tu sii od ombra od omo certo Rispuosemi Non omo omo gi fui e li parenti miei furon lombardi mantoani per patria ambedui Nacqui sub Iulio ancor che fosse tardi e vissi a Roma sotto l buono Augusto nel tempo de li di falsi e bugiardi Poeta fui e cantai di quel giusto figliuol dAnchise che venne di Troia poi che l superbo Ilin fu combusto Ma tu perch ritorni a tanta noia perch non sali il dilettoso monte ch principio e cagion di tutta gioia Or se tu quel Virgilio e quella fonte che spandi di parlar s largo fiume rispuosio lui con vergognosa fronte O de li altri poeti onore e lume vagliami l lungo studio e l grande amore che mha fatto cercar lo tuo volume Tu se lo mio maestro e l mio autore tu se solo colui da cu io tolsi lo bello stilo che mha fatto onore Vedi la bestia per cu io mi volsi aiutami da lei famoso saggio chella mi fa tremar le vene e i polsi A te convien tenere altro viaggio rispuose poi che lagrimar mi vide se vuo campar desto loco selvaggio ch questa bestia per la qual tu gride non lascia altrui passar per la sua via ma tanto lo mpedisce che luccide e ha natura s malvagia e ria che mai non empie la bramosa voglia e dopo l pasto ha pi fame che pria Molti son li animali a cui sammoglia e pi saranno ancora infin che l veltro verr che la far morir con doglia Questi non ciber terra n peltro ma sapienza amore e virtute e sua nazion sar tra feltro e feltro Di quella umile Italia fia salute per cui mor la vergine Cammilla Eurialo e Turno e Niso di ferute Questi la caccer per ogne villa fin che lavr rimessa ne lo nferno l onde nvidia prima dipartilla Ondio per lo tuo me penso e discerno che tu mi segui e io sar tua guida e trarrotti di qui per loco etterno ove udirai le disperate strida vedrai li antichi spiriti dolenti cha la seconda morte ciascun grida e vederai color che son contenti nel foco perch speran di venire quando che sia a le beate genti A le quai poi se tu vorrai salire anima fia a ci pi di me degna con lei ti lascer nel mio partire ch quello imperador che l s regna perchi fu ribellante a la sua legge non vuol che n sua citt per me si vegna In tutte parti impera e quivi regge quivi la sua citt e lalto seggio oh felice colui cu ivi elegge E io a lui Poeta io ti richeggio per quello Dio che tu non conoscesti acci chio fugga questo male e peggio che tu mi meni l dovor dicesti s chio veggia la porta di san Pietro e color cui tu fai cotanto mesti Allor si mosse e io li tenni dietro Inferno Canto II Lo giorno se nandava e laere bruno toglieva li animai che sono in terra da le fatiche loro e io sol uno mapparecchiava a sostener la guerra s del cammino e s de la pietate che ritrarr la mente che non erra O muse o alto ingegno or maiutate o mente che scrivesti ci chio vidi qui si parr la tua nobilitate Io cominciai Poeta che mi guidi guarda la mia virt sell possente prima cha lalto passo tu mi fidi Tu dici che di Silvio il parente corruttibile ancora ad immortale secolo and e fu sensibilmente Per se lavversario dogne male cortese i fu pensando lalto effetto chuscir dovea di lui e l chi e l quale non pare indegno ad omo dintelletto che fu de lalma Roma e di suo impero ne lempireo ciel per padre eletto la quale e l quale a voler dir lo vero fu stabilita per lo loco santo u siede il successor del maggior Piero Per questandata onde li dai tu vanto intese cose che furon cagione di sua vittoria e del papale ammanto Andovvi poi lo Vas delezione per recarne conforto a quella fede ch principio a la via di salvazione Ma io perch venirvi o chi l concede Io non Enea io non Paulo sono me degno a ci n io n altri l crede Per che se del venire io mabbandono temo che la venuta non sia folle Se savio intendi me chi non ragiono E qual quei che disvuol ci che volle e per novi pensier cangia proposta s che dal cominciar tutto si tolle tal mi fecio n quella oscura costa perch pensando consumai la mpresa che fu nel cominciar cotanto tosta Si ho ben la parola tua intesa rispuose del magnanimo quellombra lanima tua da viltade offesa la qual molte fiate lomo ingombra s che donrata impresa lo rivolve come falso veder bestia quandombra Da questa tema acci che tu ti solve dirotti perchio venni e quel chio ntesi nel primo punto che di te mi dolve Io era tra color che son sospesi e donna mi chiam beata e bella tal che di comandare io la richiesi Lucevan li occhi suoi pi che la stella e cominciommi a dir soave e piana con angelica voce in sua favella O anima cortese mantoana di cui la fama ancor nel mondo dura e durer quanto l mondo lontana lamico mio e non de la ventura ne la diserta piaggia impedito s nel cammin che volt per paura e temo che non sia gi s smarrito chio mi sia tardi al soccorso levata per quel chi ho di lui nel cielo udito Or movi e con la tua parola ornata e con ci cha mestieri al suo campare laiuta s chi ne sia consolata I son Beatrice che ti faccio andare vegno del loco ove tornar disio amor mi mosse che mi fa parlare Quando sar dinanzi al segnor mio di te mi loder sovente a lui Tacette allora e poi comincia io O donna di virt sola per cui lumana spezie eccede ogne contento di quel ciel cha minor li cerchi sui tanto maggrada il tuo comandamento che lubidir se gi fosse m tardi pi non t uo chaprirmi il tuo talento Ma dimmi la cagion che non ti guardi de lo scender qua giuso in questo centro de lampio loco ove tornar tu ardi Da che tu vuo saver cotanto a dentro dirotti brievemente mi rispuose perchio non temo di venir qua entro Temer si dee di sole quelle cose channo potenza di fare altrui male de laltre no ch non son paurose I son fatta da Dio sua merc tale che la vostra miseria non mi tange n fiamma desto incendio non massale Donna gentil nel ciel che si compiange di questo mpedimento ovio ti mando s che duro giudicio l s frange Questa chiese Lucia in suo dimando e disse Or ha bisogno il tuo fedele di te e io a te lo raccomando Lucia nimica di ciascun crudele si mosse e venne al loco dovi era che mi sedea con lantica Rachele Disse Beatrice loda di Dio vera ch non soccorri quei che tam tanto chusc per te de la volgare schiera non odi tu la pieta del suo pianto non vedi tu la morte che l combatte su la fiumana ove l mar non ha vanto Al mondo non fur mai persone ratte a far lor pro o a fuggir lor danno comio dopo cotai parole fatte venni qua gi del mio beato scanno fidandomi del tuo parlare onesto chonora te e quei chudito lhanno Poscia che mebbe ragionato questo li occhi lucenti lagrimando volse per che mi fece del venir pi presto e venni a te cos comella volse dinanzi a quella fiera ti levai che del bel monte il corto andar ti tolse Dunque che perch perch restai perch tanta vilt nel core allette perch ardire e franchezza non hai poscia che tai tre donne benedette curan di te ne la corte del cielo e l mio parlar tanto ben ti promette Quali fioretti dal notturno gelo chinati e chiusi poi che l sol li mbianca si drizzan tutti aperti in loro stelo tal mi fecio di mia virtude stanca e tanto buono ardire al cor mi corse chi cominciai come persona franca Oh pietosa colei che mi soccorse e te cortese chubidisti tosto a le vere parole che ti porse Tu mhai con disiderio il cor disposto s al venir con le parole tue chi son tornato nel primo proposto Or va chun sol volere dambedue tu duca tu segnore e tu maestro Cos li dissi e poi che mosso fue intrai per lo cammino alto e silvestro Inferno Canto III Per me si va ne la citt dolente per me si va ne letterno dolore per me si va tra la perduta gente Giustizia mosse il mio alto fattore fecemi la divina podestate la somma sapienza e l primo amore Dinanzi a me non fuor cose create se non etterne e io etterno duro Lasciate ogne speranza voi chintrate Queste parole di colore oscuro vidio scritte al sommo duna porta per chio Maestro il senso lor m duro Ed elli a me come persona accorta Qui si convien lasciare ogne sospetto ogne vilt convien che qui sia morta Noi siam venuti al loco ovi tho detto che tu vedrai le genti dolorose channo perduto il ben de lintelletto E poi che la sua mano a la mia puose con lieto volto ondio mi confortai mi mise dentro a le segrete cose Quivi sospiri pianti e alti guai risonavan per laere sanza stelle per chio al cominciar ne lagrimai Diverse lingue orribili favelle parole di dolore accenti dira voci alte e fioche e suon di man con elle facevano un tumulto il qual saggira sempre in quellaura sanza tempo tinta come la rena quando turbo spira E io chavea derror la testa cinta dissi Maestro che quel chi odo e che gent che par nel duol s vinta Ed elli a me Questo misero modo tegnon lanime triste di coloro che visser sanza nfamia e sanza lodo Mischiate sono a quel cattivo coro de li angeli che non furon ribelli n fur fedeli a Dio ma per s fuoro Caccianli i ciel per non esser men belli n lo profondo inferno li riceve chalcuna gloria i rei avrebber delli E io Maestro che tanto greve a lor che lamentar li fa s forte Rispuose Dicerolti molto breve Questi non hanno speranza di morte e la lor cieca vita tanto bassa che nvidiosi son dogne altra sorte Fama di loro il mondo esser non lassa misericordia e giustizia li sdegna non ragioniam di lor ma guarda e passa E io che riguardai vidi una nsegna che girando correva tanto ratta che dogne posa mi parea indegna e dietro le vena s lunga tratta di gente chi non averei creduto che morte tanta navesse disfatta Poscia chio vebbi alcun riconosciuto vidi e conobbi lombra di colui che fece per viltade il gran rifiuto Incontanente intesi e certo fui che questa era la setta di cattivi a Dio spiacenti e a nemici sui Questi sciaurati che mai non fur vivi erano ignudi e stimolati molto da mosconi e da vespe cheran ivi Elle rigavan lor di sangue il volto che mischiato di lagrime a lor piedi da fastidiosi vermi era ricolto E poi cha riguardar oltre mi diedi vidi genti a la riva dun gran fiume per chio dissi Maestro or mi concedi chi sappia quali sono e qual costume le fa di trapassar parer s pronte comio discerno per lo fioco lume Ed elli a me Le cose ti fier conte quando noi fermerem li nostri passi su la trista riviera dAcheronte Allor con li occhi vergognosi e bassi temendo no l mio dir li fosse grave infino al fiume del parlar mi trassi Ed ecco verso noi venir per nave un vecchio bianco per antico pelo gridando Guai a voi anime prave Non isperate mai veder lo cielo i vegno per menarvi a laltra riva ne le tenebre etterne in caldo e n gelo E tu che se cost anima viva prtiti da cotesti che son morti Ma poi che vide chio non mi partiva disse Per altra via per altri porti verrai a piaggia non qui per passare pi lieve legno convien che ti porti E l duca lui Caron non ti crucciare vuolsi cos col dove si puote ci che si vuole e pi non dimandare Quinci fuor quete le lanose gote al nocchier de la livida palude che ntorno a li occhi avea di fiamme rote Ma quellanime cheran lasse e nude cangiar colore e dibattero i denti ratto che nteser le parole crude Bestemmiavano Dio e lor parenti lumana spezie e l loco e l tempo e l seme di lor semenza e di lor nascimenti Poi si ritrasser tutte quante insieme forte piangendo a la riva malvagia chattende ciascun uom che Dio non teme Caron dimonio con occhi di bragia loro accennando tutte le raccoglie batte col remo qualunque sadagia Come dautunno si levan le foglie luna appresso de laltra fin che l ramo vede a la terra tutte le sue spoglie similemente il mal seme dAdamo gittansi di quel lito ad una ad una per cenni come augel per suo richiamo Cos sen vanno su per londa bruna e avanti che sien di l discese anche di qua nuova schiera sauna Figliuol mio disse l maestro cortese quelli che muoion ne lira di Dio tutti convegnon qui dogne paese e pronti sono a trapassar lo rio ch la divina giustizia li sprona s che la tema si volve in disio Quinci non passa mai anima buona e per se Caron di te si lagna ben puoi sapere omai che l suo dir suona Finito questo la buia campagna trem s forte che de lo spavento la mente di sudore ancor mi bagna La terra lagrimosa diede vento che balen una luce vermiglia la qual mi vinse ciascun sentimento e caddi come luom cui sonno piglia Inferno Canto IV Ruppemi lalto sonno ne la testa un greve truono s chio mi riscossi come persona ch per forza desta e locchio riposato intorno mossi dritto levato e fiso riguardai per conoscer lo loco dovio fossi Vero che n su la proda mi trovai de la valle dabisso dolorosa che ntrono accoglie dinfiniti guai Oscura e profonda era e nebulosa tanto che per ficcar lo viso a fondo io non vi discernea alcuna cosa Or discendiam qua gi nel cieco mondo cominci il poeta tutto smorto Io sar primo e tu sarai secondo E io che del color mi fui accorto dissi Come verr se tu paventi che suoli al mio dubbiare esser conforto Ed elli a me Langoscia de le genti che son qua gi nel viso mi dipigne quella piet che tu per tema senti Andiam ch la via lunga ne sospigne Cos si mise e cos mi f intrare nel primo cerchio che labisso cigne Quivi secondo che per ascoltare non avea pianto mai che di sospiri che laura etterna facevan tremare ci avvenia di duol sanza martri chavean le turbe cheran molte e grandi dinfanti e di femmine e di viri Lo buon maestro a me Tu non dimandi che spiriti son questi che tu vedi Or vo che sappi innanzi che pi andi chei non peccaro e selli hanno mercedi non basta perch non ebber battesmo ch porta de la fede che tu credi e se furon dinanzi al cristianesmo non adorar debitamente a Dio e di questi cotai son io medesmo Per tai difetti non per altro rio semo perduti e sol di tanto offesi che sanza speme vivemo in disio Gran duol mi prese al cor quando lo ntesi per che gente di molto valore conobbi che n quel limbo eran sospesi Dimmi maestro mio dimmi segnore comincia io per voler esser certo di quella fede che vince ogne errore uscicci mai alcuno o per suo merto o per altrui che poi fosse beato E quei che ntese il mio parlar coverto rispuose Io era nuovo in questo stato quando ci vidi venire un possente con segno di vittoria coronato Trasseci lombra del primo parente dAbl suo figlio e quella di No di Mois legista e ubidente Abram patriarca e Davd re Isral con lo padre e co suoi nati e con Rachele per cui tanto f e altri molti e feceli beati E vo che sappi che dinanzi ad essi spiriti umani non eran salvati Non lasciavam landar perchei dicessi ma passavam la selva tuttavia la selva dico di spiriti spessi Non era lunga ancor la nostra via di qua dal sonno quandio vidi un foco chemisperio di tenebre vincia Di lungi neravamo ancora un poco ma non s chio non discernessi in parte chorrevol gente possedea quel loco O tu chonori scienzia e arte questi chi son channo cotanta onranza che dal modo de li altri li diparte E quelli a me Lonrata nominanza che di lor suona s ne la tua vita grazia acquista in ciel che s li avanza Intanto voce fu per me udita Onorate laltissimo poeta lombra sua torna chera dipartita Poi che la voce fu restata e queta vidi quattro grandombre a noi venire sembianzavevan n trista n lieta Lo buon maestro cominci a dire Mira colui con quella spada in mano che vien dinanzi ai tre s come sire quelli Omero poeta sovrano laltro Orazio satiro che vene Ovidio l terzo e lultimo Lucano Per che ciascun meco si convene nel nome che son la voce sola fannomi onore e di ci fanno bene Cos vidi adunar la bella scola di quel segnor de laltissimo canto che sovra li altri comaquila vola Da chebber ragionato insieme alquanto volsersi a me con salutevol cenno e l mio maestro sorrise di tanto e pi donore ancora assai mi fenno che s mi fecer de la loro schiera s chio fui sesto tra cotanto senno Cos andammo infino a la lumera parlando cose che l tacere bello s comera l parlar col dovera Venimmo al pi dun nobile castello sette volte cerchiato dalte mura difeso intorno dun bel fiumicello Questo passammo come terra dura per sette porte intrai con questi savi giugnemmo in prato di fresca verdura Genti veran con occhi tardi e gravi di grande autorit ne lor sembianti parlavan rado con voci soavi Traemmoci cos da lun de canti in loco aperto luminoso e alto s che veder si potien tutti quanti Col diritto sovra l verde smalto mi fuor mostrati li spiriti magni che del vedere in me stesso messalto I vidi Eletra con molti compagni tra quai conobbi Ettr ed Enea Cesare armato con li occhi grifagni Vidi Cammilla e la Pantasilea da laltra parte vidi l re Latino che con Lavina sua figlia sedea Vidi quel Bruto che cacci Tarquino Lucrezia Iulia Marzia e Corniglia e solo in parte vidi l Saladino Poi chinnalzai un poco pi le ciglia vidi l maestro di color che sanno seder tra filosofica famiglia Tutti lo miran tutti onor li fanno quivi vidio Socrate e Platone che nnanzi a li altri pi presso li stanno Democrito che l mondo a caso pone Diogens Anassagora e Tale Empedocls Eraclito e Zenone e vidi il buono accoglitor del quale Diascoride dico e vidi Orfeo Tulio e Lino e Seneca morale Euclide geomtra e Tolomeo Ipocrte Avicenna e Galieno Averos che l gran comento feo Io non posso ritrar di tutti a pieno per che s mi caccia il lungo tema che molte volte al fatto il dir vien meno La sesta compagnia in due si scema per altra via mi mena il savio duca fuor de la queta ne laura che trema E vegno in parte ove non che luca Inferno Canto V Cos discesi del cerchio primaio gi nel secondo che men loco cinghia e tanto pi dolor che punge a guaio Stavvi Mins orribilmente e ringhia essamina le colpe ne lintrata giudica e manda secondo chavvinghia Dico che quando lanima mal nata li vien dinanzi tutta si confessa e quel conoscitor de le peccata vede qual loco dinferno da essa cignesi con la coda tante volte quantunque gradi vuol che gi sia messa Sempre dinanzi a lui ne stanno molte vanno a vicenda ciascuna al giudizio dicono e odono e poi son gi volte O tu che vieni al doloroso ospizio disse Mins a me quando mi vide lasciando latto di cotanto offizio guarda comentri e di cui tu ti fide non tinganni lampiezza de lintrare E l duca mio a lui Perch pur gride Non impedir lo suo fatale andare vuolsi cos col dove si puote ci che si vuole e pi non dimandare Or incomincian le dolenti note a farmisi sentire or son venuto l dove molto pianto mi percuote Io venni in loco dogne luce muto che mugghia come fa mar per tempesta se da contrari venti combattuto La bufera infernal che mai non resta mena li spirti con la sua rapina voltando e percotendo li molesta Quando giungon davanti a la ruina quivi le strida il compianto il lamento bestemmian quivi la virt divina Intesi cha cos fatto tormento enno dannati i peccator carnali che la ragion sommettono al talento E come li stornei ne portan lali nel freddo tempo a schiera larga e piena cos quel fiato li spiriti mali di qua di l di gi di s li mena nulla speranza li conforta mai non che di posa ma di minor pena E come i gru van cantando lor lai faccendo in aere di s lunga riga cos vidio venir traendo guai ombre portate da la detta briga per chi dissi Maestro chi son quelle genti che laura nera s gastiga La prima di color di cui novelle tu vuo saper mi disse quelli allotta fu imperadrice di molte favelle A vizio di lussuria fu s rotta che libito f licito in sua legge per trre il biasmo in che era condotta Ell Semirams di cui si legge che succedette a Nino e fu sua sposa tenne la terra che l Soldan corregge Laltra colei che sancise amorosa e ruppe fede al cener di Sicheo poi Cleopatrs lussuriosa Elena vedi per cui tanto reo tempo si volse e vedi l grande Achille che con amore al fine combatteo Vedi Pars Tristano e pi di mille ombre mostrommi e nominommi a dito chamor di nostra vita dipartille Poscia chio ebbi il mio dottore udito nomar le donne antiche e cavalieri piet mi giunse e fui quasi smarrito I cominciai Poeta volontieri parlerei a quei due che nsieme vanno e paion s al vento esser leggeri Ed elli a me Vedrai quando saranno pi presso a noi e tu allor li priega per quello amor che i mena ed ei verranno S tosto come il vento a noi li piega mossi la voce O anime affannate venite a noi parlar saltri nol niega Quali colombe dal disio chiamate con lali alzate e ferme al dolce nido vegnon per laere dal voler portate cotali uscir de la schiera ov Dido a noi venendo per laere maligno s forte fu laffettuoso grido O animal grazioso e benigno che visitando vai per laere perso noi che tignemmo il mondo di sanguigno se fosse amico il re de luniverso noi pregheremmo lui de la tua pace poi chai piet del nostro mal perverso Di quel che udire e che parlar vi piace noi udiremo e parleremo a voi mentre che l vento come fa ci tace Siede la terra dove nata fui su la marina dove l Po discende per aver pace co seguaci sui Amor chal cor gentil ratto sapprende prese costui de la bella persona che mi fu tolta e l modo ancor moffende Amor cha nullo amato amar perdona mi prese del costui piacer s forte che come vedi ancor non mabbandona Amor condusse noi ad una morte Caina attende chi a vita ci spense Queste parole da lor ci fuor porte Quandio intesi quellanime offense china il viso e tanto il tenni basso fin che l poeta mi disse Che pense Quando rispuosi cominciai Oh lasso quanti dolci pensier quanto disio men costoro al doloroso passo Poi mi rivolsi a loro e parla io e cominciai Francesca i tuoi martri a lagrimar mi fanno tristo e pio Ma dimmi al tempo di dolci sospiri a che e come concedette Amore che conosceste i dubbiosi disiri E quella a me Nessun maggior dolore che ricordarsi del tempo felice ne la miseria e ci sa l tuo dottore Ma sa conoscer la prima radice del nostro amor tu hai cotanto affetto dir come colui che piange e dice Noi leggiavamo un giorno per diletto di Lancialotto come amor lo strinse soli eravamo e sanza alcun sospetto Per pi fiate li occhi ci sospinse quella lettura e scolorocci il viso ma solo un punto fu quel che ci vinse Quando leggemmo il disiato riso esser basciato da cotanto amante questi che mai da me non fia diviso la bocca mi basci tutto tremante Galeotto fu l libro e chi lo scrisse quel giorno pi non vi leggemmo avante Mentre che luno spirto questo disse laltro piangea s che di pietade io venni men cos comio morisse E caddi come corpo morto cade Inferno Canto VI Al tornar de la mente che si chiuse dinanzi a la piet di due cognati che di trestizia tutto mi confuse novi tormenti e novi tormentati mi veggio intorno come chio mi mova e chio mi volga e come che io guati Io sono al terzo cerchio de la piova etterna maladetta fredda e greve regola e qualit mai non l nova Grandine grossa acqua tinta e neve per laere tenebroso si riversa pute la terra che questo riceve Cerbero fiera crudele e diversa con tre gole caninamente latra sovra la gente che quivi sommersa Li occhi ha vermigli la barba unta e atra e l ventre largo e unghiate le mani graffia li spirti iscoia ed isquatra Urlar li fa la pioggia come cani de lun de lati fanno a laltro schermo volgonsi spesso i miseri profani Quando ci scorse Cerbero il gran vermo le bocche aperse e mostrocci le sanne non avea membro che tenesse fermo E l duca mio distese le sue spanne prese la terra e con piene le pugna la gitt dentro a le bramose canne Qual quel cane chabbaiando agogna e si racqueta poi che l pasto morde ch solo a divorarlo intende e pugna cotai si fecer quelle facce lorde de lo demonio Cerbero che ntrona lanime s chesser vorrebber sorde Noi passavam su per lombre che adona la greve pioggia e ponavam le piante sovra lor vanit che par persona Elle giacean per terra tutte quante fuor duna cha seder si lev ratto chella ci vide passarsi davante O tu che se per questo nferno tratto mi disse riconoscimi se sai tu fosti prima chio disfatto fatto E io a lui Langoscia che tu hai forse ti tira fuor de la mia mente s che non par chi ti vedessi mai Ma dimmi chi tu se che n s dolente loco se messo e hai s fatta pena che saltra maggio nulla s spiacente Ed elli a me La tua citt ch piena dinvidia s che gi trabocca il sacco seco mi tenne in la vita serena Voi cittadini mi chiamaste Ciacco per la dannosa colpa de la gola come tu vedi a la pioggia mi fiacco E io anima trista non son sola ch tutte queste a simil pena stanno per simil colpa E pi non f parola Io li rispuosi Ciacco il tuo affanno mi pesa s cha lagrimar mi nvita ma dimmi se tu sai a che verranno li cittadin de la citt partita salcun v giusto e dimmi la cagione per che lha tanta discordia assalita E quelli a me Dopo lunga tencione verranno al sangue e la parte selvaggia caccer laltra con molta offensione Poi appresso convien che questa caggia infra tre soli e che laltra sormonti con la forza di tal che test piaggia Alte terr lungo tempo le fronti tenendo laltra sotto gravi pesi come che di ci pianga o che naonti Giusti son due e non vi sono intesi superbia invidia e avarizia sono le tre faville channo i cuori accesi Qui puose fine al lagrimabil suono E io a lui Ancor vo che mi nsegni e che di pi parlar mi facci dono Farinata e l Tegghiaio che fuor s degni Iacopo Rusticucci Arrigo e l Mosca e li altri cha ben far puoser li ngegni dimmi ove sono e fa chio li conosca ch gran disio mi stringe di savere se l ciel li addolcia o lo nferno li attosca E quelli Ei son tra lanime pi nere diverse colpe gi li grava al fondo se tanto scendi l i potrai vedere Ma quando tu sarai nel dolce mondo priegoti cha la mente altrui mi rechi pi non ti dico e pi non ti rispondo Li diritti occhi torse allora in biechi guardommi un poco e poi chin la testa cadde con essa a par de li altri ciechi E l duca disse a me Pi non si desta di qua dal suon de langelica tromba quando verr la nimica podesta ciascun riveder la trista tomba ripiglier sua carne e sua figura udir quel chin etterno rimbomba S trapassammo per sozza mistura de lombre e de la pioggia a passi lenti toccando un poco la vita futura per chio dissi Maestro esti tormenti crescerannei dopo la gran sentenza o fier minori o saran s cocenti Ed elli a me Ritorna a tua scienza che vuol quanto la cosa pi perfetta pi senta il bene e cos la doglienza Tutto che questa gente maladetta in vera perfezion gi mai non vada di l pi che di qua essere aspetta Noi aggirammo a tondo quella strada parlando pi assai chi non ridico venimmo al punto dove si digrada quivi trovammo Pluto il gran nemico Inferno Canto VII Pape Satn pape Satn aleppe cominci Pluto con la voce chioccia e quel savio gentil che tutto seppe disse per confortarmi Non ti noccia la tua paura ch poder chelli abbia non ci torr lo scender questa roccia Poi si rivolse a quella nfiata labbia e disse Taci maladetto lupo consuma dentro te con la tua rabbia Non sanza cagion landare al cupo vuolsi ne lalto l dove Michele f la vendetta del superbo strupo Quali dal vento le gonfiate vele caggiono avvolte poi che lalber fiacca tal cadde a terra la fiera crudele Cos scendemmo ne la quarta lacca pigliando pi de la dolente ripa che l mal de luniverso tutto insacca Ahi giustizia di Dio tante chi stipa nove travaglie e pene quantio viddi e perch nostra colpa s ne scipa Come fa londa l sovra Cariddi che si frange con quella in cui sintoppa cos convien che qui la gente riddi Qui vidi gente pi chaltrove troppa e duna parte e daltra con grandurli voltando pesi per forza di poppa Percoteansi ncontro e poscia pur l si rivolgea ciascun voltando a retro gridando Perch tieni e Perch burli Cos tornavan per lo cerchio tetro da ogne mano a lopposito punto gridandosi anche loro ontoso metro poi si volgea ciascun quandera giunto per lo suo mezzo cerchio a laltra giostra E io chavea lo cor quasi compunto dissi Maestro mio or mi dimostra che gente questa e se tutti fuor cherci questi chercuti a la sinistra nostra Ed elli a me Tutti quanti fuor guerci s de la mente in la vita primaia che con misura nullo spendio ferci Assai la voce lor chiaro labbaia quando vegnono a due punti del cerchio dove colpa contraria li dispaia Questi fuor cherci che non han coperchio piloso al capo e papi e cardinali in cui usa avarizia il suo soperchio E io Maestro tra questi cotali dovre io ben riconoscere alcuni che furo immondi di cotesti mali Ed elli a me Vano pensiero aduni la sconoscente vita che i f sozzi ad ogne conoscenza or li fa bruni In etterno verranno a li due cozzi questi resurgeranno del sepulcro col pugno chiuso e questi coi crin mozzi Mal dare e mal tener lo mondo pulcro ha tolto loro e posti a questa zuffa qual ella sia parole non ci appulcro Or puoi figliuol veder la corta buffa di ben che son commessi a la fortuna per che lumana gente si rabbuffa ch tutto loro ch sotto la luna e che gi fu di questanime stanche non poterebbe farne posare una Maestro mio dissio or mi d anche questa fortuna di che tu mi tocche che che i ben del mondo ha s tra branche E quelli a me Oh creature sciocche quanta ignoranza quella che voffende Or vo che tu mia sentenza ne mbocche Colui lo cui saver tutto trascende fece li cieli e di lor chi conduce s chogne parte ad ogne parte splende distribuendo igualmente la luce Similemente a li splendor mondani ordin general ministra e duce che permutasse a tempo li ben vani di gente in gente e duno in altro sangue oltre la difension di senni umani per chuna gente impera e laltra langue seguendo lo giudicio di costei che occulto come in erba langue Vostro saver non ha contasto a lei questa provede giudica e persegue suo regno come il loro li altri di Le sue permutazion non hanno triegue necessit la fa esser veloce s spesso vien chi vicenda consegue Quest colei ch tanto posta in croce pur da color che le dovrien dar lode dandole biasmo a torto e mala voce ma ella s beata e ci non ode con laltre prime creature lieta volve sua spera e beata si gode Or discendiamo omai a maggior pieta gi ogne stella cade che saliva quandio mi mossi e l troppo star si vieta Noi ricidemmo il cerchio a laltra riva sovruna fonte che bolle e riversa per un fossato che da lei deriva Lacqua era buia assai pi che persa e noi in compagnia de londe bige intrammo gi per una via diversa In la palude va cha nome Stige questo tristo ruscel quand disceso al pi de le maligne piagge grige E io che di mirare stava inteso vidi genti fangose in quel pantano ignude tutte con sembiante offeso Queste si percotean non pur con mano ma con la testa e col petto e coi piedi troncandosi co denti a brano a brano Lo buon maestro disse Figlio or vedi lanime di color cui vinse lira e anche vo che tu per certo credi che sotto lacqua gente che sospira e fanno pullular questacqua al summo come locchio ti dice u che saggira Fitti nel limo dicon Tristi fummo ne laere dolce che dal sol sallegra portando dentro accidioso fummo or ci attristiam ne la belletta negra Questinno si gorgoglian ne la strozza ch dir nol posson con parola integra Cos girammo de la lorda pozza grandarco tra la ripa secca e l mzzo con li occhi vlti a chi del fango ingozza Venimmo al pi duna torre al da sezzo Inferno Canto VIII Io dico seguitando chassai prima che noi fossimo al pi de lalta torre li occhi nostri nandar suso a la cima per due fiammette che i vedemmo porre e unaltra da lungi render cenno tanto cha pena il potea locchio trre E io mi volsi al mar di tutto l senno dissi Questo che dice e che risponde quellaltro foco e chi son quei che l fenno Ed elli a me Su per le sucide onde gi scorgere puoi quello che saspetta se l fummo del pantan nol ti nasconde Corda non pinse mai da s saetta che s corresse via per laere snella comio vidi una nave piccioletta venir per lacqua verso noi in quella sotto l governo dun sol galeoto che gridava Or se giunta anima fella Flegis Flegis tu gridi a vto disse lo mio segnore a questa volta pi non ci avrai che sol passando il loto Qual colui che grande inganno ascolta che li sia fatto e poi se ne rammarca fecesi Flegis ne lira accolta Lo duca mio discese ne la barca e poi mi fece intrare appresso lui e sol quandio fui dentro parve carca Tosto che l duca e io nel legno fui segando se ne va lantica prora de lacqua pi che non suol con altrui Mentre noi corravam la morta gora dinanzi mi si fece un pien di fango e disse Chi se tu che vieni anzi ora E io a lui Si vegno non rimango ma tu chi se che s se fatto brutto Rispuose Vedi che son un che piango E io a lui Con piangere e con lutto spirito maladetto ti rimani chi ti conosco ancor sie lordo tutto Allor distese al legno ambo le mani per che l maestro accorto lo sospinse dicendo Via cost con li altri cani Lo collo poi con le braccia mi cinse basciommi l volto e disse Alma sdegnosa benedetta colei che n te sincinse Quei fu al mondo persona orgogliosa bont non che sua memoria fregi cos s lombra sua qui furiosa Quanti si tegnon or l s gran regi che qui staranno come porci in brago di s lasciando orribili dispregi E io Maestro molto sarei vago di vederlo attuffare in questa broda prima che noi uscissimo del lago Ed elli a me Avante che la proda ti si lasci veder tu sarai sazio di tal disio convien che tu goda Dopo ci poco vidio quello strazio far di costui a le fangose genti che Dio ancor ne lodo e ne ringrazio Tutti gridavano A Filippo Argenti e l fiorentino spirito bizzarro in s medesmo si volvea co denti Quivi il lasciammo che pi non ne narro ma ne lorecchie mi percosse un duolo per chio avante locchio intento sbarro Lo buon maestro disse Omai figliuolo sappressa la citt cha nome Dite coi gravi cittadin col grande stuolo E io Maestro gi le sue meschite l entro certe ne la valle cerno vermiglie come se di foco uscite fossero Ed ei mi disse Il foco etterno chentro laffoca le dimostra rosse come tu vedi in questo basso inferno Noi pur giugnemmo dentro a lalte fosse che vallan quella terra sconsolata le mura mi parean che ferro fosse Non sanza prima far grande aggirata venimmo in parte dove il nocchier forte Usciteci grid qui lintrata Io vidi pi di mille in su le porte da ciel piovuti che stizzosamente dicean Chi costui che sanza morte va per lo regno de la morta gente E l savio mio maestro fece segno di voler lor parlar segretamente Allor chiusero un poco il gran disdegno e disser Vien tu solo e quei sen vada che s ardito intr per questo regno Sol si ritorni per la folle strada pruovi se sa ch tu qui rimarrai che li ha iscorta s buia contrada Pensa lettor se io mi sconfortai nel suon de le parole maladette ch non credetti ritornarci mai O caro duca mio che pi di sette volte mhai sicurt renduta e tratto dalto periglio che ncontra mi stette non mi lasciar dissio cos disfatto e se l passar pi oltre ci negato ritroviam lorme nostre insieme ratto E quel segnor che l mavea menato mi disse Non temer ch l nostro passo non ci pu trre alcun da tal n dato Ma qui mattendi e lo spirito lasso conforta e ciba di speranza buona chi non ti lascer nel mondo basso Cos sen va e quivi mabbandona lo dolce padre e io rimagno in forse che s e no nel capo mi tenciona Udir non potti quello cha lor porse ma ei non stette l con essi guari che ciascun dentro a pruova si ricorse Chiuser le porte que nostri avversari nel petto al mio segnor che fuor rimase e rivolsesi a me con passi rari Li occhi a la terra e le ciglia avea rase dogne baldanza e dicea ne sospiri Chi mha negate le dolenti case E a me disse Tu perchio madiri non sbigottir chio vincer la prova qual cha la difension dentro saggiri Questa lor tracotanza non nova ch gi lusaro a men segreta porta la qual sanza serrame ancor si trova Sovressa vedest la scritta morta e gi di qua da lei discende lerta passando per li cerchi sanza scorta tal che per lui ne fia la terra aperta Inferno Canto I Quel color che vilt di fuor mi pinse veggendo il duca mio tornare in volta pi tosto dentro il suo novo ristrinse Attento si ferm comuom chascolta ch locchio nol potea menare a lunga per laere nero e per la nebbia folta Pur a noi converr vincer la punga cominci el se non Tal ne sofferse Oh quanto tarda a me chaltri qui giunga I vidi ben s comei ricoperse lo cominciar con laltro che poi venne che fur parole a le prime diverse ma nondimen paura il suo dir dienne perchio traeva la parola tronca forse a peggior sentenzia che non tenne In questo fondo de la trista conca discende mai alcun del primo grado che sol per pena ha la speranza cionca Questa question fecio e quei Di rado incontra mi rispuose che di noi faccia il cammino alcun per qual io vado Ver chaltra fiata qua gi fui congiurato da quella Eritn cruda che richiamava lombre a corpi sui Di poco era di me la carne nuda chella mi fece intrar dentra quel muro per trarne un spirto del cerchio di Giuda Quell l pi basso loco e l pi oscuro e l pi lontan dal ciel che tutto gira ben so l cammin per ti fa sicuro Questa palude che l gran puzzo spira cigne dintorno la citt dolente u non potemo intrare omai sanzira E altro disse ma non lho a mente per che locchio mavea tutto tratto ver lalta torre a la cima rovente dove in un punto furon dritte ratto tre furie infernal di sangue tinte che membra feminine avieno e atto e con idre verdissime eran cinte serpentelli e ceraste avien per crine onde le fiere tempie erano avvinte E quei che ben conobbe le meschine de la regina de letterno pianto Guarda mi disse le feroci Erine Quest Megera dal sinistro canto quella che piange dal destro Aletto Tesifn nel mezzo e tacque a tanto Con lunghie si fendea ciascuna il petto battiensi a palme e gridavan s alto chi mi strinsi al poeta per sospetto Vegna Medusa s l farem di smalto dicevan tutte riguardando in giuso mal non vengiammo in Teseo lassalto Volgiti n dietro e tien lo viso chiuso ch se l Gorgn si mostra e tu l vedessi nulla sarebbe di tornar mai suso Cos disse l maestro ed elli stessi mi volse e non si tenne a le mie mani che con le sue ancor non mi chiudessi O voi chavete li ntelletti sani mirate la dottrina che sasconde sotto l velame de li versi strani E gi venia su per le torbide onde un fracasso dun suon pien di spavento per cui tremavano amendue le sponde non altrimenti fatto che dun vento impetuoso per li avversi ardori che fier la selva e sanzalcun rattento li rami schianta abbatte e porta fori dinanzi polveroso va superbo e fa fuggir le fiere e li pastori i occhi mi sciolse e disse Or drizza il nerbo del viso su per quella schiuma antica per indi ove quel fummo pi acerbo Come le rane innanzi a la nimica biscia per lacqua si dileguan tutte fin cha la terra ciascuna sabbica vidio pi di mille anime distrutte fuggir cos dinanzi ad un chal passo passava Stige con le piante asciutte Dal volto rimovea quellaere grasso menando la sinistra innanzi spesso e sol di quellangoscia parea lasso Ben maccorsi chelli era da ciel messo e volsimi al maestro e quei f segno chi stessi queto ed inchinassi ad esso Ahi quanto mi parea pien di disdegno Venne a la porta e con una verghetta laperse che non vebbe alcun ritegno O cacciati del ciel gente dispetta cominci elli in su lorribil soglia ondesta oltracotanza in voi salletta Perch recalcitrate a quella voglia a cui non puote il fin mai esser mozzo e che pi volte vha cresciuta doglia Che giova ne le fata dar di cozzo Cerbero vostro se ben vi ricorda ne porta ancor pelato il mento e l gozzo Poi si rivolse per la strada lorda e non f motto a noi ma f sembiante domo cui altra cura stringa e morda che quella di colui che li davante e noi movemmo i piedi inver la terra sicuri appresso le parole sante Dentro li ntrammo sanzalcuna guerra e io chavea di riguardar disio la condizion che tal fortezza serra comio fui dentro locchio intorno invio e veggio ad ogne man grande campagna piena di duolo e di tormento rio S come ad Arli ove Rodano stagna s coma Pola presso del Carnaro chItalia chiude e suoi termini bagna fanno i sepulcri tuttil loco varo cos facevan quivi dogne parte salvo che l modo vera pi amaro ch tra gli avelli fiamme erano sparte per le quali eran s del tutto accesi che ferro pi non chiede verunarte Tutti li lor coperchi eran sospesi e fuor nuscivan s duri lamenti che ben parean di miseri e doffesi E io Maestro quai son quelle genti che seppellite dentro da quellarche si fan sentir coi sospiri dolenti Ed elli a me Qui son li eresiarche con lor seguaci dogne setta e molto pi che non credi son le tombe carche Simile qui con simile sepolto e i monimenti son pi e men caldi E poi cha la man destra si fu vlto passammo tra i martiri e li alti spaldi Inferno Canto Ora sen va per un secreto calle tra l muro de la terra e li martri lo mio maestro e io dopo le spalle O virt somma che per li empi giri mi volvi cominciai coma te piace parlami e sodisfammi a miei disiri La gente che per li sepolcri giace potrebbesi veder gi son levati tutti coperchi e nessun guardia face E quelli a me Tutti saran serrati quando di Iosaft qui torneranno coi corpi che l s hanno lasciati Suo cimitero da questa parte hanno con Epicuro tutti suoi seguaci che lanima col corpo morta fanno Per a la dimanda che mi faci quincentro satisfatto sar tosto e al disio ancor che tu mi taci E io Buon duca non tegno riposto a te mio cuor se non per dicer poco e tu mhai non pur mo a ci disposto O Tosco che per la citt del foco vivo ten vai cos parlando onesto piacciati di restare in questo loco La tua loquela ti fa manifesto di quella nobil patria natio a la qual forse fui troppo molesto Subitamente questo suono usco duna de larche per maccostai temendo un poco pi al duca mio Ed el mi disse Volgiti Che fai Vedi l Farinata che s dritto da la cintola in s tutto l vedrai Io avea gi il mio viso nel suo fitto ed el sergea col petto e con la fronte comavesse linferno a gran dispitto E lanimose man del duca e pronte mi pinser tra le sepulture a lui dicendo Le parole tue sien conte Comio al pi de la sua tomba fui guardommi un poco e poi quasi sdegnoso mi dimand Chi fuor li maggior tui Io chera dubidir disideroso non gliel celai ma tutto glielapersi ondei lev le ciglia un poco in suso poi disse Fieramente furo avversi a me e a miei primi e a mia parte s che per due fiate li dispersi Sei fur cacciati ei tornar dogne parte rispuosio lui luna e laltra fiata ma i vostri non appreser ben quellarte Allor surse a la vista scoperchiata unombra lungo questa infino al mento credo che sera in ginocchie levata Dintorno mi guard come talento avesse di veder saltri era meco e poi che l sospecciar fu tutto spento piangendo disse Se per questo cieco carcere vai per altezza dingegno mio figlio ov e perch non teco E io a lui Da me stesso non vegno colui chattende l per qui mi mena forse cui Guido vostro ebbe a disdegno Le sue parole e l modo de la pena mavean di costui gi letto il nome per fu la risposta cos piena Di subito drizzato grid Come dicesti elli ebbe non vivelli ancora non fiere li occhi suoi lo dolce lume Quando saccorse dalcuna dimora chio facea dinanzi a la risposta supin ricadde e pi non parve fora Ma quellaltro magnanimo a cui posta restato mera non mut aspetto n mosse collo n pieg sua costa e s continuando al primo detto Selli han quellarte disse male appresa ci mi tormenta pi che questo letto Ma non cinquanta volte fia raccesa la faccia de la donna che qui regge che tu saprai quanto quellarte pesa E se tu mai nel dolce mondo regge dimmi perch quel popolo s empio incontra miei in ciascuna sua legge Ondio a lui Lo strazio e l grande scempio che fece lArbia colorata in rosso tal orazion fa far nel nostro tempio Poi chebbe sospirando il capo mosso A ci non fu io sol disse n certo sanza cagion con li altri sarei mosso Ma fu io solo l dove sofferto fu per ciascun di trre via Fiorenza colui che la difesi a viso aperto Deh se riposi mai vostra semenza prega io lui solvetemi quel nodo che qui ha nviluppata mia sentenza El par che voi veggiate se ben odo dinanzi quel che l tempo seco adduce e nel presente tenete altro modo Noi veggiam come quei cha mala luce le cose disse che ne son lontano cotanto ancor ne splende il sommo duce Quando sappressano o son tutto vano nostro intelletto e saltri non ci apporta nulla sapem di vostro stato umano Per comprender puoi che tutta morta fia nostra conoscenza da quel punto che del futuro fia chiusa la porta Allor come di mia colpa compunto dissi Or direte dunque a quel caduto che l suo nato covivi ancor congiunto e si fui dianzi a la risposta muto fate i saper che l fei perch pensava gi ne lerror che mavete soluto E gi l maestro mio mi richiamava per chi pregai lo spirto pi avaccio che mi dicesse chi con lu istava Dissemi Qui con pi di mille giaccio qua dentro l secondo Federico e l Cardinale e de li altri mi taccio Indi sascose e io inver lantico poeta volsi i passi ripensando a quel parlar che mi parea nemico Elli si mosse e poi cos andando mi disse Perch se tu s smarrito E io li sodisfeci al suo dimando La mente tua conservi quel chudito hai contra te mi comand quel saggio E ora attendi qui e drizz l dito quando sarai dinanzi al dolce raggio di quella il cui bellocchio tutto vede da lei saprai di tua vita il viaggio Appresso mosse a man sinistra il piede lasciammo il muro e gimmo inver lo mezzo per un sentier cha una valle fiede che nfin l s facea spiacer suo lezzo Inferno Canto I In su lestremit dunalta ripa che facevan gran pietre rotte in cerchio venimmo sopra pi crudele stipa e quivi per lorribile soperchio del puzzo che l profondo abisso gitta ci raccostammo in dietro ad un coperchio dun grandavello ovio vidi una scritta che dicea Anastasio papa guardo lo qual trasse Fotin de la via dritta Lo nostro scender conviene esser tardo s che sausi un poco in prima il senso al tristo fiato e poi no i fia riguardo Cos l maestro e io Alcun compenso dissi lui trova che l tempo non passi perduto Ed elli Vedi cha ci penso Figliuol mio dentro da cotesti sassi cominci poi a dir son tre cerchietti di grado in grado come que che lassi Tutti son pien di spirti maladetti ma perch poi ti basti pur la vista intendi come e perch son costretti Dogne malizia chodio in cielo acquista ingiuria l fine ed ogne fin cotale o con forza o con frode altrui contrista Ma perch frode de luom proprio male pi spiace a Dio e per stan di sotto li frodolenti e pi dolor li assale Di violenti il primo cerchio tutto ma perch si fa forza a tre persone in tre gironi distinto e costrutto A Dio a s al prossimo si pne far forza dico in loro e in lor cose come udirai con aperta ragione Morte per forza e ferute dogliose nel prossimo si danno e nel suo avere ruine incendi e tollette dannose onde omicide e ciascun che mal fiere guastatori e predon tutti tormenta lo giron primo per diverse schiere Puote omo avere in s man violenta e ne suoi beni e per nel secondo giron convien che sanza pro si penta qualunque priva s del vostro mondo biscazza e fonde la sua facultade e piange l dovesser de giocondo Puossi far forza nella deitade col cor negando e bestemmiando quella e spregiando natura e sua bontade e per lo minor giron suggella del segno suo e Soddoma e Caorsa e chi spregiando Dio col cor favella La frode ondogne coscienza morsa pu lomo usare in colui che n lui fida e in quel che fidanza non imborsa Questo modo di retro par chincida pur lo vinco damor che fa natura onde nel cerchio secondo sannida ipocresia lusinghe e chi affattura falsit ladroneccio e simonia ruffian baratti e simile lordura Per laltro modo quellamor soblia che fa natura e quel ch poi aggiunto di che la fede spezial si cria onde nel cerchio minore ov l punto de luniverso in su che Dite siede qualunque trade in etterno consunto E io Maestro assai chiara procede la tua ragione e assai ben distingue questo bartro e l popol che possiede Ma dimmi quei de la palude pingue che mena il vento e che batte la pioggia e che sincontran con s aspre lingue perch non dentro da la citt roggia sono ei puniti se Dio li ha in ira e se non li ha perch sono a tal foggia Ed elli a me Perch tanto delira disse lo ngegno tuo da quel che sle o ver la mente dove altrove mira Non ti rimembra di quelle parole con le quai la tua Etica pertratta le tre disposizion che l ciel non vole incontenenza malizia e la matta bestialitade e come incontenenza men Dio offende e men biasimo accatta Se tu riguardi ben questa sentenza e rechiti a la mente chi son quelli che s di fuor sostegnon penitenza tu vedrai ben perch da questi felli sien dipartiti e perch men crucciata la divina vendetta li martelli O sol che sani ogni vista turbata tu mi contenti s quando tu solvi che non men che saver dubbiar maggrata Ancora in dietro un poco ti rivolvi dissio l dove di chusura offende la divina bontade e l groppo solvi Filosofia mi disse a chi la ntende nota non pure in una sola parte come natura lo suo corso prende dal divino ntelletto e da sua arte e se tu ben la tua Fisica note tu troverai non dopo molte carte che larte vostra quella quanto pote segue come l maestro fa l discente s che vostrarte a Dio quasi nepote Da queste due se tu ti rechi a mente lo Genes dal principio convene prender sua vita e avanzar la gente e perch lusuriere altra via tene per s natura e per la sua seguace dispregia poi chin altro pon la spene Ma seguimi oramai che l gir mi piace ch i Pesci guizzan su per lorizzonta e l Carro tutto sovra l Coro giace e l balzo via l oltra si dismonta Inferno Canto II Era lo loco ova scender la riva venimmo alpestro e per quel che veranco tal chogne vista ne sarebbe schiva Qual quella ruina che nel fianco di qua da Trento lAdice percosse o per tremoto o per sostegno manco che da cima del monte onde si mosse al piano s la roccia discoscesa chalcuna via darebbe a chi s fosse cotal di quel burrato era la scesa e n su la punta de la rotta lacca linfamia di Creti era distesa che fu concetta ne la falsa vacca e quando vide noi s stesso morse s come quei cui lira dentro fiacca Lo savio mio inver lui grid Forse tu credi che qui sia l duca dAtene che s nel mondo la morte ti porse Prtiti bestia ch questi non vene ammaestrato da la tua sorella ma vassi per veder le vostre pene Qual quel toro che si slaccia in quella cha ricevuto gi l colpo mortale che gir non sa ma qua e l saltella vidio lo Minotauro far cotale e quello accorto grid Corri al varco mentre che nfuria buon che tu ti cale Cos prendemmo via gi per lo scarco di quelle pietre che spesso moviensi sotto i miei piedi per lo novo carco Io gia pensando e quei disse Tu pensi forse a questa ruina ch guardata da quellira bestial chi ora spensi Or vo che sappi che laltra fiata chi discesi qua gi nel basso inferno questa roccia non era ancor cascata Ma certo poco pria se ben discerno che venisse colui che la gran preda lev a Dite del cerchio superno da tutte parti lalta valle feda trem s chi pensai che luniverso sentisse amor per lo qual chi creda pi volte il mondo in casso converso e in quel punto questa vecchia roccia qui e altrove tal fece riverso Ma ficca li occhi a valle ch sapproccia la riviera del sangue in la qual bolle qual che per violenza in altrui noccia Oh cieca cupidigia e ira folle che s ci sproni ne la vita corta e ne letterna poi s mal cimmolle Io vidi unampia fossa in arco torta come quella che tutto l piano abbraccia secondo chavea detto la mia scorta e tra l pi de la ripa ed essa in traccia corrien centauri armati di saette come solien nel mondo andare a caccia Veggendoci calar ciascun ristette e de la schiera tre si dipartiro con archi e asticciuole prima elette e lun grid da lungi A qual martiro venite voi che scendete la costa Ditel costinci se non larco tiro Lo mio maestro disse La risposta farem noi a Chirn cost di presso mal fu la voglia tua sempre s tosta Poi mi tent e disse Quelli Nesso che mor per la bella Deianira e f di s la vendetta elli stesso E quel di mezzo chal petto si mira il gran Chirn il qual nodr Achille quellaltro Folo che fu s pien dira Dintorno al fosso vanno a mille a mille saettando qual anima si svelle del sangue pi che sua colpa sortille Noi ci appressammo a quelle fiere isnelle Chirn prese uno strale e con la cocca fece la barba in dietro a le mascelle Quando sebbe scoperta la gran bocca disse a compagni Siete voi accorti che quel di retro move ci chel tocca Cos non soglion far li pi di morti E l mio buon duca che gi li eral petto dove le due nature son consorti rispuose Ben vivo e s soletto mostrar li mi convien la valle buia necessit l ci nduce e non diletto Tal si part da cantare alleluia che mi commise questofficio novo non ladron n io anima fuia Ma per quella virt per cu io movo li passi miei per s selvaggia strada danne un de tuoi a cui noi siamo a provo e che ne mostri l dove si guada e che porti costui in su la groppa ch non spirto che per laere vada Chirn si volse in su la destra poppa e disse a Nesso Torna e s li guida e fa cansar saltra schiera vintoppa Or ci movemmo con la scorta fida lungo la proda del bollor vermiglio dove i bolliti facieno alte strida Io vidi gente sotto infino al ciglio e l gran centauro disse E son tiranni che dier nel sangue e ne laver di piglio Quivi si piangon li spietati danni quivi Alessandro e Dionisio fero che f Cicilia aver dolorosi anni E quella fronte cha l pel cos nero Azzolino e quellaltro ch biondo Opizzo da Esti il qual per vero fu spento dal figliastro s nel mondo Allor mi volsi al poeta e quei disse Questi ti sia or primo e io secondo Poco pi oltre il centauro saffisse sovruna gente che nfino a la gola parea che di quel bulicame uscisse Mostrocci unombra da lun canto sola dicendo Colui fesse in grembo a Dio lo cor che n su Tamisi ancor si cola Poi vidi gente che di fuor del rio tenean la testa e ancor tutto l casso e di costoro assai riconobbio Cos a pi a pi si facea basso quel sangue s che cocea pur li piedi e quindi fu del fosso il nostro passo S come tu da questa parte vedi lo bulicame che sempre si scema disse l centauro voglio che tu credi che da questaltra a pi a pi gi prema lo fondo suo infin chel si raggiunge ove la tirannia convien che gema La divina giustizia di qua punge quellAttila che fu flagello in terra e Pirro e Sesto e in etterno munge le lagrime che col bollor diserra a Rinier da Corneto a Rinier Pazzo che fecero a le strade tanta guerra Poi si rivolse e ripassossi l guazzo Inferno Canto III Non era ancor di l Nesso arrivato quando noi ci mettemmo per un bosco che da neun sentiero era segnato Non fronda verde ma di color fosco non rami schietti ma nodosi e nvolti non pomi veran ma stecchi con tsco non han s aspri sterpi n s folti quelle fiere selvagge che n odio hanno tra Cecina e Corneto i luoghi clti Quivi le brutte Arpie lor nidi fanno che cacciar de le Strofade i Troiani con tristo annunzio di futuro danno Ali hanno late e colli e visi umani pi con artigli e pennuto l gran ventre fanno lamenti in su li alberi strani E l buon maestro Prima che pi entre sappi che se nel secondo girone mi cominci a dire e sarai mentre che tu verrai ne lorribil sabbione Per riguarda ben s vederai cose che torrien fede al mio sermone Io sentia dogne parte trarre guai e non vedea persona che l facesse per chio tutto smarrito marrestai Credio chei credette chio credesse che tante voci uscisser tra quei bronchi da gente che per noi si nascondesse Per disse l maestro Se tu tronchi qualche fraschetta duna deste piante li pensier chai si faran tutti monchi Allor porsi la mano un poco avante e colsi un ramicel da un gran pruno e l tronco suo grid Perch mi schiante Da che fatto fu poi di sangue bruno ricominci a dir Perch mi scerpi non hai tu spirto di pietade alcuno Uomini fummo e or siam fatti sterpi ben dovrebbesser la tua man pi pia se state fossimo anime di serpi Come dun stizzo verde charso sia da lun decapi che da laltro geme e cigola per vento che va via s de la scheggia rotta usciva insieme parole e sangue ondio lasciai la cima cadere e stetti come luom che teme Selli avesse potuto creder prima rispuose l savio mio anima lesa ci cha veduto pur con la mia rima non averebbe in te la man distesa ma la cosa incredibile mi fece indurlo ad ovra cha me stesso pesa Ma dilli chi tu fosti s che n vece dalcunammenda tua fama rinfreschi nel mondo s dove tornar li lece E l tronco S col dolce dir madeschi chi non posso tacere e voi non gravi perchio un poco a ragionar minveschi Io son colui che tenni ambo le chiavi del cor di Federigo e che le volsi serrando e diserrando s soavi che dal secreto suo quasi ognuom tolsi fede portai al glorioso offizio tanto chi ne perde li sonni e polsi La meretrice che mai da lospizio di Cesare non torse li occhi putti morte comune e de le corti vizio infiamm contra me li animi tutti e li nfiammati infiammar s Augusto che lieti onor tornaro in tristi lutti Lanimo mio per disdegnoso gusto credendo col morir fuggir disdegno ingiusto fece me contra me giusto Per le nove radici desto legno vi giuro che gi mai non ruppi fede al mio segnor che fu donor s degno E se di voi alcun nel mondo riede conforti la memoria mia che giace ancor del colpo che nvidia le diede Un poco attese e poi Da chel si tace disse l poeta a me non perder lora ma parla e chiedi a lui se pi ti piace Ondio a lui Domandal tu ancora di quel che credi cha me satisfaccia chi non potrei tanta piet maccora Perci ricominci Se lom ti faccia liberamente ci che l tuo dir priega spirito incarcerato ancor ti piaccia di dirne come lanima si lega in questi nocchi e dinne se tu puoi salcuna mai di tai membra si spiega Allor soffi il tronco forte e poi si convert quel vento in cotal voce Brievemente sar risposto a voi Quando si parte lanima feroce dal corpo ondella stessa s disvelta Mins la manda a la settima foce Cade in la selva e non l parte scelta ma l dove fortuna la balestra quivi germoglia come gran di spelta Surge in vermena e in pianta silvestra lArpie pascendo poi de le sue foglie fanno dolore e al dolor fenestra Come laltre verrem per nostre spoglie ma non per chalcuna sen rivesta ch non giusto aver ci chom si toglie Qui le trascineremo e per la mesta selva saranno i nostri corpi appesi ciascuno al prun de lombra sua molesta Noi eravamo ancora al tronco attesi credendo chaltro ne volesse dire quando noi fummo dun romor sorpresi similemente a colui che venire sente l porco e la caccia a la sua posta chode le bestie e le frasche stormire Ed ecco due da la sinistra costa nudi e graffiati fuggendo s forte che de la selva rompieno ogni rosta Quel dinanzi Or accorri accorri morte E laltro cui pareva tardar troppo gridava Lano s non furo accorte le gambe tue a le giostre dal Toppo E poi che forse li fallia la lena di s e dun cespuglio fece un groppo Di rietro a loro era la selva piena di nere cagne bramose e correnti come veltri chuscisser di catena In quel che sappiatt miser li denti e quel dilaceraro a brano a brano poi sen portar quelle membra dolenti Presemi allor la mia scorta per mano e menommi al cespuglio che piangea per le rotture sanguinenti in vano O Iacopo dicea da Santo Andrea che t giovato di me fare schermo che colpa ho io de la tua vita rea Quando l maestro fu sovresso fermo disse Chi fosti che per tante punte soffi con sangue doloroso sermo Ed elli a noi O anime che giunte siete a veder lo strazio disonesto cha le mie fronde s da me disgiunte raccoglietele al pi del tristo cesto I fui de la citt che nel Batista mut il primo padrone ondei per questo sempre con larte sua la far trista e se non fosse che n sul passo dArno rimane ancor di lui alcuna vista que cittadin che poi la rifondarno sovra l cener che dAttila rimase avrebber fatto lavorare indarno Io fei gibbetto a me de le mie case Inferno Canto IV Poi che la carit del natio loco mi strinse raunai le fronde sparte e rendele a colui chera gi fioco Indi venimmo al fine ove si parte lo secondo giron dal terzo e dove si vede di giustizia orribil arte A ben manifestar le cose nove dico che arrivammo ad una landa che dal suo letto ogne pianta rimove La dolorosa selva l ghirlanda intorno come l fosso tristo ad essa quivi fermammo i passi a randa a randa Lo spazzo era una rena arida e spessa non daltra foggia fatta che colei che fu da pi di Caton gi soppressa O vendetta di Dio quanto tu dei esser temuta da ciascun che legge ci che fu manifesto a li occhi miei Danime nude vidi molte gregge che piangean tutte assai miseramente e parea posta lor diversa legge Supin giacea in terra alcuna gente alcuna si sedea tutta raccolta e altra andava continuamente Quella che giva intorno era pi molta e quella men che giacea al tormento ma pi al duolo avea la lingua sciolta Sovra tutto l sabbion dun cader lento piovean di foco dilatate falde come di neve in alpe sanza vento Quali Alessandro in quelle parti calde dIndia vide sopra l suo stuolo fiamme cadere infino a terra salde per chei provide a scalpitar lo suolo con le sue schiere acci che lo vapore mei si stingueva mentre chera solo tale scendeva letternale ardore onde la rena saccendea comesca sotto focile a doppiar lo dolore Sanza riposo mai era la tresca de le misere mani or quindi or quinci escotendo da s larsura fresca I cominciai Maestro tu che vinci tutte le cose fuor che demon duri cha lintrar de la porta incontra uscinci chi quel grande che non par che curi lo ncendio e giace dispettoso e torto s che la pioggia non par che l marturi E quel medesmo che si fu accorto chio domandava il mio duca di lui grid Qual io fui vivo tal son morto Se Giove stanchi l suo fabbro da cui crucciato prese la folgore aguta onde lultimo d percosso fui o selli stanchi li altri a muta a muta in Mongibello a la focina negra chiamando Buon Vulcano aiuta aiuta s comel fece a la pugna di Flegra e me saetti con tutta sua forza non ne potrebbe aver vendetta allegra Allora il duca mio parl di forza tanto chi non lavea s forte udito O Capaneo in ci che non sammorza la tua superbia se tu pi punito nullo martiro fuor che la tua rabbia sarebbe al tuo furor dolor compito Poi si rivolse a me con miglior labbia dicendo Quei fu lun di sette regi chassiser Tebe ed ebbe e par chelli abbia Dio in disdegno e poco par che l pregi ma comio dissi lui li suoi dispetti sono al suo petto assai debiti fregi Or mi vien dietro e guarda che non metti ancor li piedi ne la rena arsiccia ma sempre al bosco tien li piedi stretti Tacendo divenimmo l ve spiccia fuor de la selva un picciol fiumicello lo cui rossore ancor mi raccapriccia Quale del Bulicame esce ruscello che parton poi tra lor le peccatrici tal per la rena gi sen giva quello Lo fondo suo e ambo le pendici fattera n pietra e margini dallato per chio maccorsi che l passo era lici Tra tutto laltro chi tho dimostrato poscia che noi intrammo per la porta lo cui sogliare a nessuno negato cosa non fu da li tuoi occhi scorta notabile com l presente rio che sovra s tutte fiammelle ammorta Queste parole fuor del duca mio per chio l pregai che mi largisse l pasto di cui largito mavea il disio In mezzo mar siede un paese guasto disselli allora che sappella Creta sotto l cui rege fu gi l mondo casto Una montagna v che gi fu lieta dacqua e di fronde che si chiam Ida or diserta come cosa vieta Rea la scelse gi per cuna fida del suo figliuolo e per celarlo meglio quando piangea vi facea far le grida Dentro dal monte sta dritto un gran veglio che tien volte le spalle inver Dammiata e Roma guarda come suo speglio La sua testa di fin oro formata e puro argento son le braccia e l petto poi di rame infino a la forcata da indi in giuso tutto ferro eletto salvo che l destro piede terra cotta e sta n su quel pi che n su laltro eretto Ciascuna parte fuor che loro rotta duna fessura che lagrime goccia le quali accolte foran quella grotta Lor corso in questa valle si diroccia fanno Acheronte Stige e Flegetonta poi sen van gi per questa stretta doccia infin l ove pi non si dismonta fanno Cocito e qual sia quello stagno tu lo vedrai per qui non si conta E io a lui Se l presente rigagno si diriva cos dal nostro mondo perch ci appar pur a questo vivagno Ed elli a me Tu sai che l loco tondo e tutto che tu sie venuto molto pur a sinistra gi calando al fondo non se ancor per tutto il cerchio vlto per che se cosa napparisce nova non de addur maraviglia al tuo volto E io ancor Maestro ove si trova Flegetonta e Let ch de lun taci e laltro di che si fa desta piova In tutte tue question certo mi piaci rispuose ma l bollor de lacqua rossa dovea ben solver luna che tu faci Let vedrai ma fuor di questa fossa l dove vanno lanime a lavarsi quando la colpa pentuta rimossa Poi disse Omai tempo da scostarsi dal bosco fa che di retro a me vegne li margini fan via che non son arsi e sopra loro ogne vapor si spegne Inferno Canto V Ora cen porta lun de duri margini e l fummo del ruscel di sopra aduggia s che dal foco salva lacqua e li argini Quali Fiamminghi tra Guizzante e Bruggia temendo l fiotto che nver lor savventa fanno lo schermo perch l mar si fuggia e quali Padoan lungo la Brenta per difender lor ville e lor castelli anzi che Carentana il caldo senta a tale imagine eran fatti quelli tutto che n s alti n s grossi qual che si fosse lo maestro felli Gi eravam da la selva rimossi tanto chi non avrei visto dovera perchio in dietro rivolto mi fossi quando incontrammo danime una schiera che venan lungo largine e ciascuna ci riguardava come suol da sera guardare uno altro sotto nuova luna e s ver noi aguzzavan le ciglia come l vecchio sartor fa ne la cruna Cos adocchiato da cotal famiglia fui conosciuto da un che mi prese per lo lembo e grid Qual maraviglia E io quando l suo braccio a me distese ficcai li occhi per lo cotto aspetto s che l viso abbrusciato non difese la conoscenza sua al mio ntelletto e chinando la mano a la sua faccia rispuosi Siete voi qui ser Brunetto E quelli O figliuol mio non ti dispiaccia se Brunetto Latino un poco teco ritorna n dietro e lascia andar la traccia I dissi lui Quanto posso ven preco e se volete che con voi masseggia farl se piace a costui che vo seco O figliuol disse qual di questa greggia sarresta punto giace poi centanni sanzarrostarsi quando l foco il feggia Per va oltre i ti verr a panni e poi rigiugner la mia masnada che va piangendo i suoi etterni danni I non osava scender de la strada per andar par di lui ma l capo chino tenea comuom che reverente vada El cominci Qual fortuna o destino anzi lultimo d qua gi ti mena e chi questi che mostra l cammino L s di sopra in la vita serena rispuosio lui mi smarri in una valle avanti che let mia fosse piena Pur ier mattina le volsi le spalle questi mapparve tornandio in quella e reducemi a ca per questo calle Ed elli a me Se tu segui tua stella non puoi fallire a glorioso porto se ben maccorsi ne la vita bella e sio non fossi s per tempo morto veggendo il cielo a te cos benigno dato tavrei a lopera conforto Ma quello ingrato popolo maligno che discese di Fiesole ab antico e tiene ancor del monte e del macigno ti si far per tuo ben far nimico ed ragion ch tra li lazzi sorbi si disconvien fruttare al dolce fico Vecchia fama nel mondo li chiama orbi gent avara invidiosa e superba dai lor costumi fa che tu ti forbi La tua fortuna tanto onor ti serba che luna parte e laltra avranno fame di te ma lungi fia dal becco lerba Faccian le bestie fiesolane strame di lor medesme e non tocchin la pianta salcuna surge ancora in lor letame in cui riviva la sementa santa di que Roman che vi rimaser quando fu fatto il nido di malizia tanta Se fosse tutto pieno il mio dimando rispuosio lui voi non sareste ancora de lumana natura posto in bando ch n la mente m fitta e or maccora la cara e buona imagine paterna di voi quando nel mondo ad ora ad ora minsegnavate come luom setterna e quantio labbia in grado mentrio vivo convien che ne la mia lingua si scerna Ci che narrate di mio corso scrivo e serbolo a chiosar con altro testo a donna che sapr sa lei arrivo Tanto voglio che vi sia manifesto pur che mia coscienza non mi garra che a la Fortuna come vuol son presto Non nuova a li orecchi miei tal arra per giri Fortuna la sua rota come le piace e l villan la sua marra Lo mio maestro allora in su la gota destra si volse in dietro e riguardommi poi disse Bene ascolta chi la nota N per tanto di men parlando vommi con ser Brunetto e dimando chi sono li suoi compagni pi noti e pi sommi Ed elli a me Saper dalcuno buono de li altri fia laudabile tacerci ch l tempo sara corto a tanto suono In somma sappi che tutti fur cherci e litterati grandi e di gran fama dun peccato medesmo al mondo lerci Priscian sen va con quella turba grama e Francesco dAccorso anche e vedervi savessi avuto di tal tigna brama colui potei che dal servo de servi fu trasmutato dArno in Bacchiglione dove lasci li mal protesi nervi Di pi direi ma l venire e l sermone pi lungo esser non pu per chi veggio l surger nuovo fummo del sabbione Gente vien con la quale esser non deggio Sieti raccomandato il mio Tesoro nel qual io vivo ancora e pi non cheggio Poi si rivolse e parve di coloro che corrono a Verona il drappo verde per la campagna e parve di costoro quelli che vince non colui che perde Inferno Canto VI Gi era in loco onde suda l rimbombo de lacqua che cadea ne laltro giro simile a quel che larnie fanno rombo quando tre ombre insieme si partiro correndo duna torma che passava sotto la pioggia de laspro martiro Venian ver noi e ciascuna gridava Sstati tu cha labito ne sembri esser alcun di nostra terra prava Ahim che piaghe vidi ne lor membri ricenti e vecchie da le fiamme incese Ancor men duol pur chi me ne rimembri A le lor grida il mio dottor sattese volse l viso ver me e Or aspetta disse a costor si vuole esser cortese E se non fosse il foco che saetta la natura del loco i dicerei che meglio stesse a te che a lor la fretta Ricominciar come noi restammo ei lantico verso e quando a noi fuor giunti fenno una rota di s tutti e trei Qual sogliono i campion far nudi e unti avvisando lor presa e lor vantaggio prima che sien tra lor battuti e punti cos rotando ciascuno il visaggio drizzava a me s che n contraro il collo faceva ai pi continuo viaggio E Se miseria desto loco sollo rende in dispetto noi e nostri prieghi cominci luno e l tinto aspetto e brollo la fama nostra il tuo animo pieghi a dirne chi tu se che i vivi piedi cos sicuro per lo nferno freghi Questi lorme di cui pestar mi vedi tutto che nudo e dipelato vada fu di grado maggior che tu non credi nepote fu de la buona Gualdrada Guido Guerra ebbe nome e in sua vita fece col senno assai e con la spada Laltro chappresso me la rena trita Tegghiaio Aldobrandi la cui voce nel mondo s dovra esser gradita E io che posto son con loro in croce Iacopo Rusticucci fui e certo la fiera moglie pi chaltro mi nuoce Si fossi stato dal foco coperto gittato mi sarei tra lor di sotto e credo che l dottor lavra sofferto ma perchio mi sarei brusciato e cotto vinse paura la mia buona voglia che di loro abbracciar mi facea ghiotto Poi cominciai Non dispetto ma doglia la vostra condizion dentro mi fisse tanta che tardi tutta si dispoglia tosto che questo mio segnor mi disse parole per le quali i mi pensai che qual voi siete tal gente venisse Di vostra terra sono e sempre mai lovra di voi e li onorati nomi con affezion ritrassi e ascoltai Lascio lo fele e vo per dolci pomi promessi a me per lo verace duca ma nfino al centro pria convien chi tomi Se lungamente lanima conduca le membra tue rispuose quelli ancora e se la fama tua dopo te luca cortesia e valor d se dimora ne la nostra citt s come suole o se del tutto se n gita fora ch Guiglielmo Borsiere il qual si duole con noi per poco e va l coi compagni assai ne cruccia con le sue parole La gente nuova e i sbiti guadagni orgoglio e dismisura han generata Fiorenza in te s che tu gi ten piagni Cos gridai con la faccia levata e i tre che ci inteser per risposta guardar lun laltro comal ver si guata Se laltre volte s poco ti costa rispuoser tutti il satisfare altrui felice te se s parli a tua posta Per se campi desti luoghi bui e torni a riveder le belle stelle quando ti giover dicere I fui fa che di noi a la gente favelle Indi rupper la rota e a fuggirsi ali sembiar le gambe loro isnelle Un amen non saria potuto dirsi tosto cos come fuoro spariti per chal maestro parve di partirsi Io lo seguiva e poco eravam iti che l suon de lacqua nera s vicino che per parlar saremmo a pena uditi Come quel fiume cha proprio cammino prima dal Monte Viso nver levante da la sinistra costa dApennino che si chiama Acquacheta suso avante che si divalli gi nel basso letto e a Forl di quel nome vacante rimbomba l sovra San Benedetto de lAlpe per cadere ad una scesa ove dovea per mille esser recetto cos gi duna ripa discoscesa trovammo risonar quellacqua tinta s che n pocora avria lorecchia offesa Io avea una corda intorno cinta e con essa pensai alcuna volta prender la lonza a la pelle dipinta Poscia chio lebbi tutta da me sciolta s come l duca mavea comandato porsila a lui aggroppata e ravvolta Ondei si volse inver lo destro lato e alquanto di lunge da la sponda la gitt giuso in quellalto burrato E pur convien che novit risponda dicea fra me medesmo al novo cenno che l maestro con locchio s seconda Ahi quanto cauti li uomini esser dienno presso a color che non veggion pur lovra ma per entro i pensier miran col senno El disse a me Tosto verr di sovra ci chio attendo e che il tuo pensier sogna tosto convien chal tuo viso si scovra Sempre a quel ver cha faccia di menzogna de luom chiuder le labbra fin chel puote per che sanza colpa fa vergogna ma qui tacer nol posso e per le note di questa comeda lettor ti giuro selle non sien di lunga grazia vte chi vidi per quellaere grosso e scuro venir notando una figura in suso maravigliosa ad ogne cor sicuro s come torna colui che va giuso talora a solver lncora chaggrappa o scoglio o altro che nel mare chiuso che n s si stende e da pi si rattrappa Inferno Canto VII Ecco la fiera con la coda aguzza che passa i monti e rompe i muri e larmi Ecco colei che tutto l mondo appuzza S cominci lo mio duca a parlarmi e accennolle che venisse a proda vicino al fin di passeggiati marmi E quella sozza imagine di froda sen venne e arriv la testa e l busto ma n su la riva non trasse la coda La faccia sua era faccia duom giusto tanto benigna avea di fuor la pelle e dun serpente tutto laltro fusto due branche avea pilose insin lascelle lo dosso e l petto e ambedue le coste dipinti avea di nodi e di rotelle Con pi color sommesse e sovraposte non fer mai drappi Tartari n Turchi n fuor tai tele per Aragne imposte Come tal volta stanno a riva i burchi che parte sono in acqua e parte in terra e come l tra li Tedeschi lurchi lo bivero sassetta a far sua guerra cos la fiera pessima si stava su lorlo ch di pietra e l sabbion serra Nel vano tutta sua coda guizzava torcendo in s la venenosa forca cha guisa di scorpion la punta armava Lo duca disse Or convien che si torca la nostra via un poco insino a quella bestia malvagia che col si corca Per scendemmo a la destra mammella e diece passi femmo in su lo stremo per ben cessar la rena e la fiammella E quando noi a lei venuti semo poco pi oltre veggio in su la rena gente seder propinqua al loco scemo Quivi l maestro Acci che tutta piena esperienza desto giron porti mi disse va e vedi la lor mena Li tuoi ragionamenti sian l corti mentre che torni parler con questa che ne conceda i suoi omeri forti Cos ancor su per la strema testa di quel settimo cerchio tutto solo andai dove sedea la gente mesta Per li occhi fora scoppiava lor duolo di qua di l soccorrien con le mani quando a vapori e quando al caldo suolo non altrimenti fan di state i cani or col ceffo or col pi quando son morsi o da pulci o da mosche o da tafani Poi che nel viso a certi li occhi porsi ne quali l doloroso foco casca non ne conobbi alcun ma io maccorsi che dal collo a ciascun pendea una tasca chavea certo colore e certo segno e quindi par che l loro occhio si pasca E comio riguardando tra lor vegno in una borsa gialla vidi azzurro che dun leone avea faccia e contegno Poi procedendo di mio sguardo il curro vidine unaltra come sangue rossa mostrando unoca bianca pi che burro E un che duna scrofa azzurra e grossa segnato avea lo suo sacchetto bianco mi disse Che fai tu in questa fossa Or te ne va e perch se vivo anco sappi che l mio vicin Vitaliano seder qui dal mio sinistro fianco Con questi Fiorentin son padoano spesse fiate mi ntronan li orecchi gridando Vegna l cavalier sovrano che recher la tasca con tre becchi Qui distorse la bocca e di fuor trasse la lingua come bue che l naso lecchi E io temendo no l pi star crucciasse lui che di poco star mavea mmonito tornami in dietro da lanime lasse Trova il duca mio chera salito gi su la groppa del fiero animale e disse a me Or sie forte e ardito Omai si scende per s fatte scale monta dinanzi chi voglio esser mezzo s che la coda non possa far male Qual colui che s presso ha l riprezzo de la quartana cha gi lunghie smorte e triema tutto pur guardando l rezzo tal divennio a le parole porte ma vergogna mi f le sue minacce che innanzi a buon segnor fa servo forte I massettai in su quelle spallacce s volli dir ma la voce non venne comio credetti Fa che tu mabbracce Ma esso chaltra volta mi sovvenne ad altro forse tosto chi montai con le braccia mavvinse e mi sostenne e disse Gerion moviti omai le rote larghe e lo scender sia poco pensa la nova soma che tu hai Come la navicella esce di loco in dietro in dietro s quindi si tolse e poi chal tutto si sent a gioco l vera l petto la coda rivolse e quella tesa come anguilla mosse e con le branche laere a s raccolse Maggior paura non credo che fosse quando Fetonte abbandon li freni per che l ciel come pare ancor si cosse n quando Icaro misero le reni sent spennar per la scaldata cera gridando il padre a lui Mala via tieni che fu la mia quando vidi chi era ne laere dogne parte e vidi spenta ogne veduta fuor che de la fera Ella sen va notando lenta lenta rota e discende ma non me naccorgo se non che al viso e di sotto mi venta Io sentia gi da la man destra il gorgo far sotto noi un orribile scroscio per che con li occhi n gi la testa sporgo Allor fu io pi timido a lo stoscio per chi vidi fuochi e senti pianti ondio tremando tutto mi raccoscio E vidi poi ch nol vedea davanti lo scendere e l girar per li gran mali che sappressavan da diversi canti Come l falcon ch stato assai su lali che sanza veder logoro o uccello fa dire al falconiere Om tu cali discende lasso onde si move isnello per cento rote e da lunge si pone dal suo maestro disdegnoso e fello cos ne puose al fondo Gerione al pi al pi de la stagliata rocca e discarcate le nostre persone si dilegu come da corda cocca Inferno Canto VIII Luogo in inferno detto Malebolge tutto di pietra di color ferrigno come la cerchia che dintorno il volge Nel dritto mezzo del campo maligno vaneggia un pozzo assai largo e profondo di cui suo loco dicer lordigno Quel cinghio che rimane adunque tondo tra l pozzo e l pi de lalta ripa dura e ha distinto in dieci valli il fondo Quale dove per guardia de le mura pi e pi fossi cingon li castelli la parte dove son rende figura tale imagine quivi facean quelli e come a tai fortezze da lor sogli a la ripa di fuor son ponticelli cos da imo de la roccia scogli movien che ricidien li argini e fossi infino al pozzo che i tronca e raccogli In questo luogo de la schiena scossi di Gerion trovammoci e l poeta tenne a sinistra e io dietro mi mossi A la man destra vidi nova pieta novo tormento e novi frustatori di che la prima bolgia era repleta Nel fondo erano ignudi i peccatori dal mezzo in qua ci venien verso l volto di l con noi ma con passi maggiori come i Roman per lessercito molto lanno del giubileo su per lo ponte hanno a passar la gente modo colto che da lun lato tutti hanno la fronte verso l castello e vanno a Santo Pietro da laltra sponda vanno verso l monte Di qua di l su per lo sasso tetro vidi demon cornuti con gran ferze che li battien crudelmente di retro Ahi come facean lor levar le berze a le prime percosse gi nessuno le seconde aspettava n le terze Mentrio andava li occhi miei in uno furo scontrati e io s tosto dissi Gi di veder costui non son digiuno Per chio a figurarlo i piedi affissi e l dolce duca meco si ristette e assentio chalquanto in dietro gissi E quel frustato celar si credette bassando l viso ma poco li valse chio dissi O tu che locchio a terra gette se le fazion che porti non son false Venedico se tu Caccianemico Ma che ti mena a s pungenti salse Ed elli a me Mal volentier lo dico ma sforzami la tua chiara favella che mi fa sovvenir del mondo antico I fui colui che la Ghisolabella condussi a far la voglia del marchese come che suoni la sconcia novella E non pur io qui piango bolognese anzi n questo luogo tanto pieno che tante lingue non son ora apprese a dicer sipa tra Svena e Reno e se di ci vuoi fede o testimonio rcati a mente il nostro avaro seno Cos parlando il percosse un demonio de la sua scuriada e disse Via ruffian qui non son femmine da conio I mi raggiunsi con la scorta mia poscia con pochi passi divenimmo l vuno scoglio de la ripa uscia Assai leggeramente quel salimmo e vlti a destra su per la sua scheggia da quelle cerchie etterne ci partimmo Quando noi fummo l dovel vaneggia di sotto per dar passo a li sferzati lo duca disse Attienti e fa che feggia lo viso in te di questaltri mal nati ai quali ancor non vedesti la faccia per che son con noi insieme andati Del vecchio ponte guardavam la traccia che vena verso noi da laltra banda e che la ferza similmente scaccia E l buon maestro sanza mia dimanda mi disse Guarda quel grande che vene e per dolor non par lagrime spanda quanto aspetto reale ancor ritene Quelli Iasn che per cuore e per senno li Colchi del monton privati fne Ello pass per lisola di Lenno poi che lardite femmine spietate tutti li maschi loro a morte dienno Ivi con segni e con parole ornate Isifile ingann la giovinetta che prima avea tutte laltre ingannate Lasciolla quivi gravida soletta tal colpa a tal martiro lui condanna e anche di Medea si fa vendetta Con lui sen va chi da tal parte inganna e questo basti de la prima valle sapere e di color che n s assanna Gi eravam l ve lo stretto calle con largine secondo sincrocicchia e fa di quello ad un altrarco spalle Quindi sentimmo gente che si nicchia ne laltra bolgia e che col muso scuffa e s medesma con le palme picchia Le ripe eran grommate duna muffa per lalito di gi che vi sappasta che con li occhi e col naso facea zuffa Lo fondo cupo s che non ci basta loco a veder sanza montare al dosso de larco ove lo scoglio pi sovrasta Quivi venimmo e quindi gi nel fosso vidi gente attuffata in uno sterco che da li uman privadi parea mosso E mentre chio l gi con locchio cerco vidi un col capo s di merda lordo che non parea sera laico o cherco Quei mi sgrid Perch se tu s gordo di riguardar pi me che li altri brutti E io a lui Perch se ben ricordo gi tho veduto coi capelli asciutti e se Alessio Interminei da Lucca per tadocchio pi che li altri tutti Ed elli allor battendosi la zucca Qua gi mhanno sommerso le lusinghe ondio non ebbi mai la lingua stucca Appresso ci lo duca Fa che pinghe mi disse il viso un poco pi avante s che la faccia ben con locchio attinghe di quella sozza e scapigliata fante che l si graffia con lunghie merdose e or saccoscia e ora in piedi stante Taide la puttana che rispuose al drudo suo quando disse Ho io grazie grandi apo te Anzi maravigliose E quinci sien le nostre viste sazie Inferno Canto I O Simon mago o miseri seguaci che le cose di Dio che di bontate deon essere spose e voi rapaci per oro e per argento avolterate or convien che per voi suoni la tromba per che ne la terza bolgia state Gi eravamo a la seguente tomba montati de lo scoglio in quella parte cha punto sovra mezzo l fosso piomba O somma sapienza quanta larte che mostri in cielo in terra e nel mal mondo e quanto giusto tua virt comparte Io vidi per le coste e per lo fondo piena la pietra livida di fri dun largo tutti e ciascun era tondo Non mi parean men ampi n maggiori che que che son nel mio bel San Giovanni fatti per loco di battezzatori lun de li quali ancor non moltanni ruppio per un che dentro vannegava e questo sia suggel chognomo sganni Fuor de la bocca a ciascun soperchiava dun peccator li piedi e de le gambe infino al grosso e laltro dentro stava Le piante erano a tutti accese intrambe per che s forte guizzavan le giunte che spezzate averien ritorte e strambe Qual suole il fiammeggiar de le cose unte muoversi pur su per la strema buccia tal era l dai calcagni a le punte Chi colui maestro che si cruccia guizzando pi che li altri suoi consorti dissio e cui pi roggia fiamma succia Ed elli a me Se tu vuo chi ti porti l gi per quella ripa che pi giace da lui saprai di s e de suoi torti E io Tanto m bel quanto a te piace tu se segnore e sai chi non mi parto dal tuo volere e sai quel che si tace Allor venimmo in su largine quarto volgemmo e discendemmo a mano stanca l gi nel fondo foracchiato e arto Lo buon maestro ancor de la sua anca non mi dipuose s mi giunse al rotto di quel che si piangeva con la zanca O qual che se che l di s tien di sotto anima trista come pal commessa comincia io a dir se puoi fa motto Io stava come l frate che confessa lo perfido assessin che poi ch fitto richiama lui per che la morte cessa Ed el grid Se tu gi cost ritto se tu gi cost ritto Bonifazio Di parecchi anni mi ment lo scritto Se tu s tosto di quellaver sazio per lo qual non temesti trre a nganno la bella donna e poi di farne strazio Tal mi fecio quai son color che stanno per non intender ci ch lor risposto quasi scornati e risponder non sanno Allor Virgilio disse Dilli tosto Non son colui non son colui che credi e io rispuosi come a me fu imposto Per che lo spirto tutti storse i piedi poi sospirando e con voce di pianto mi disse Dunque che a me richiedi Se di saper chi sia ti cal cotanto che tu abbi per la ripa corsa sappi chi fui vestito del gran manto e veramente fui figliuol de lorsa cupido s per avanzar li orsatti che s lavere e qui me misi in borsa Di sotto al capo mio son li altri tratti che precedetter me simoneggiando per le fessure de la pietra piatti L gi cascher io altres quando verr colui chi credea che tu fossi allor chi feci l sbito dimando Ma pi l tempo gi che i pi mi cossi e chi son stato cos sottosopra chel non star piantato coi pi rossi ch dopo lui verr di pi laida opra di ver ponente un pastor sanza legge tal che convien che lui e me ricuopra Novo Iasn sar di cui si legge ne Maccabei e come a quel fu molle suo re cos fia lui chi Francia regge Io non so si mi fui qui troppo folle chi pur rispuosi lui a questo metro Deh or mi d quanto tesoro volle Nostro Segnore in prima da san Pietro chei ponesse le chiavi in sua bala Certo non chiese se non Viemmi retro N Pier n li altri tolsero a Matia oro od argento quando fu sortito al loco che perd lanima ria Per ti sta ch tu se ben punito e guarda ben la mal tolta moneta chesser ti fece contra Carlo ardito E se non fosse chancor lo mi vieta la reverenza delle somme chiavi che tu tenesti ne la vita lieta io userei parole ancor pi gravi ch la vostra avarizia il mondo attrista calcando i buoni e sollevando i pravi Di voi pastor saccorse il Vangelista quando colei che siede sopra lacque puttaneggiar coi regi a lui fu vista quella che con le sette teste nacque e da le diece corna ebbe argomento fin che virtute al suo marito piacque Fatto vavete Dio doro e dargento e che altro da voi a lidolatre se non chelli uno e voi ne orate cento Ahi Costantin di quanto mal fu matre non la tua conversion ma quella dote che da te prese il primo ricco patre E mentrio li cantava cotai note o ira o coscienza che l mordesse forte spingava con ambo le piote I credo ben chal mio duca piacesse con s contenta labbia sempre attese lo suon de le parole vere espresse Per con ambo le braccia mi prese e poi che tutto su mi sebbe al petto rimont per la via onde discese N si stanc davermi a s distretto s men port sovra l colmo de larco che dal quarto al quinto argine tragetto Quivi soavemente spuose il carco soave per lo scoglio sconcio ed erto che sarebbe a le capre duro varco Indi un altro vallon mi fu scoperto Inferno Canto Di nova pena mi conven far versi e dar matera al ventesimo canto de la prima canzon ch di sommersi Io era gi disposto tutto quanto a riguardar ne lo scoperto fondo che si bagnava dangoscioso pianto e vidi gente per lo vallon tondo venir tacendo e lagrimando al passo che fanno le letane in questo mondo Come l viso mi scese in lor pi basso mirabilmente apparve esser travolto ciascun tra l mento e l principio del casso ch da le reni era tornato l volto e in dietro venir li convenia perch l veder dinanzi era lor tolto Forse per forza gi di parlasia si travolse cos alcun del tutto ma io nol vidi n credo che sia Se Dio ti lasci lettor prender frutto di tua lezione or pensa per te stesso comio potea tener lo viso asciutto quando la nostra imagine di presso vidi s torta che l pianto de li occhi le natiche bagnava per lo fesso Certo io piangea poggiato a un de rocchi del duro scoglio s che la mia scorta mi disse Ancor se tu de li altri sciocchi Qui vive la piet quand ben morta chi pi scellerato che colui che al giudicio divin passion comporta Drizza la testa drizza e vedi a cui saperse a li occhi di Teban la terra per chei gridavan tutti Dove rui Anfiarao perch lasci la guerra E non rest di ruinare a valle fino a Mins che ciascheduno afferra Mira cha fatto petto de le spalle perch volle veder troppo davante di retro guarda e fa retroso calle Vedi Tiresia che mut sembiante quando di maschio femmina divenne cangiandosi le membra tutte quante e prima poi ribatter li convenne li duo serpenti avvolti con la verga che riavesse le maschili penne Aronta quel chal ventre li satterga che ne monti di Luni dove ronca lo Carrarese che di sotto alberga ebbe tra bianchi marmi la spelonca per sua dimora onde a guardar le stelle e l mar no li era la veduta tronca E quella che ricuopre le mammelle che tu non vedi con le trecce sciolte e ha di l ogne pilosa pelle Manto fu che cerc per terre molte poscia si puose l dove nacquio onde un poco mi piace che mascolte Poscia che l padre suo di vita usco e venne serva la citt di Baco questa gran tempo per lo mondo gio Suso in Italia bella giace un laco a pi de lAlpe che serra Lamagna sovra Tiralli cha nome Benaco Per mille fonti credo e pi si bagna tra Garda e Val Camonica e Pennino de lacqua che nel detto laco stagna Loco nel mezzo l dove l trentino pastore e quel di Brescia e l veronese segnar poria se fesse quel cammino Siede Peschiera bello e forte arnese da fronteggiar Bresciani e Bergamaschi ove la riva ntorno pi discese Ivi convien che tutto quanto caschi ci che n grembo a Benaco star non pu e fassi fiume gi per verdi paschi Tosto che lacqua a correr mette co non pi Benaco ma Mencio si chiama fino a Governol dove cade in Po Non molto ha corso chel trova una lama ne la qual si distende e la mpaluda e suol di state talor essere grama Quindi passando la vergine cruda vide terra nel mezzo del pantano sanza coltura e dabitanti nuda L per fuggire ogne consorzio umano ristette con suoi servi a far sue arti e visse e vi lasci suo corpo vano Li uomini poi che ntorno erano sparti saccolsero a quel loco chera forte per lo pantan chavea da tutte parti Fer la citt sovra quellossa morte e per colei che l loco prima elesse Mantua lappellar sanzaltra sorte Gi fuor le genti sue dentro pi spesse prima che la mattia da Casalodi da Pinamonte inganno ricevesse Per tassenno che se tu mai odi originar la mia terra altrimenti la verit nulla menzogna frodi E io Maestro i tuoi ragionamenti mi son s certi e prendon s mia fede che li altri mi sarien carboni spenti Ma dimmi de la gente che procede se tu ne vedi alcun degno di nota ch solo a ci la mia mente rifiede Allor mi disse Quel che da la gota porge la barba in su le spalle brune fu quando Grecia fu di maschi vta s cha pena rimaser per le cune augure e diede l punto con Calcanta in Aulide a tagliar la prima fune Euripilo ebbe nome e cos l canta lalta mia trageda in alcun loco ben lo sai tu che la sai tutta quanta Quellaltro che ne fianchi cos poco Michele Scotto fu che veramente de le magiche frode seppe l gioco Vedi Guido Bonatti vedi Asdente chavere inteso al cuoio e a lo spago ora vorrebbe ma tardi si pente Vedi le triste che lasciaron lago la spuola e l fuso e fecersi ndivine fecer malie con erbe e con imago Ma vienne omai ch gi tiene l confine damendue li emisperi e tocca londa sotto Sobilia Caino e le spine e gi iernotte fu la luna tonda ben ten de ricordar ch non ti nocque alcuna volta per la selva fonda S mi parlava e andavamo introcque Inferno Canto I Cos di ponte in ponte altro parlando che la mia comeda cantar non cura venimmo e tenavamo il colmo quando restammo per veder laltra fessura di Malebolge e li altri pianti vani e vidila mirabilmente oscura Quale ne larzan de Viniziani bolle linverno la tenace pece a rimpalmare i legni lor non sani ch navicar non ponno in quella vece chi fa suo legno novo e chi ristoppa le coste a quel che pi viaggi fece chi ribatte da proda e chi da poppa altri fa remi e altri volge sarte chi terzeruolo e artimon rintoppa tal non per foco ma per divinarte bollia l giuso una pegola spessa che nviscava la ripa dogne parte I vedea lei ma non vedea in essa mai che le bolle che l bollor levava e gonfiar tutta e riseder compressa Mentrio l gi fisamente mirava lo duca mio dicendo Guarda guarda mi trasse a s del loco dovio stava Allor mi volsi come luom cui tarda di veder quel che li convien fuggire e cui paura sbita sgagliarda che per veder non indugia l partire e vidi dietro a noi un diavol nero correndo su per lo scoglio venire Ahi quantelli era ne laspetto fero e quanto mi parea ne latto acerbo con lali aperte e sovra i pi leggero Lomero suo chera aguto e superbo carcava un peccator con ambo lanche e quei tenea de pi ghermito l nerbo Del nostro ponte disse O Malebranche ecco un de li anzian di Santa Zita Mettetel sotto chi torno per anche a quella terra che n ben fornita ognuom v barattier fuor che Bonturo del no per li denar vi si fa ita L gi l butt e per lo scoglio duro si volse e mai non fu mastino sciolto con tanta fretta a seguitar lo furo Quel sattuff e torn s convolto ma i demon che del ponte avean coperchio gridar Qui non ha loco il Santo Volto qui si nuota altrimenti che nel Serchio Per se tu non vuo di nostri graffi non far sopra la pegola soverchio Poi laddentar con pi di cento raffi disser Coverto convien che qui balli s che se puoi nascosamente accaffi Non altrimenti i cuoci a lor vassalli fanno attuffare in mezzo la caldaia la carne con li uncin perch non galli Lo buon maestro Acci che non si paia che tu ci sia mi disse gi tacquatta dopo uno scheggio chalcun schermo taia e per nulla offension che mi sia fatta non temer tu chi ho le cose conte perchaltra volta fui a tal baratta Poscia pass di l dal co del ponte e comel giunse in su la ripa sesta mestier li fu daver sicura fronte Con quel furore e con quella tempesta chescono i cani a dosso al poverello che di sbito chiede ove sarresta usciron quei di sotto al ponticello e volser contra lui tutti runcigli ma el grid Nessun di voi sia fello Innanzi che luncin vostro mi pigli traggasi avante lun di voi che moda e poi darruncigliarmi si consigli Tutti gridaron Vada Malacoda per chun si mosse e li altri stetter fermi e venne a lui dicendo Che li approda Credi tu Malacoda qui vedermi esser venuto disse l mio maestro sicuro gi da tutti vostri schermi sanza voler divino e fato destro Lascianandar ch nel cielo voluto chi mostri altrui questo cammin silvestro Allor li fu lorgoglio s caduto che si lasci cascar luncino a piedi e disse a li altri Omai non sia feruto E l duca mio a me O tu che siedi tra li scheggion del ponte quatto quatto sicuramente omai a me ti riedi Per chio mi mossi e a lui venni ratto e i diavoli si fecer tutti avanti s chio temetti chei tenesser patto cos vidio gi temer li fanti chuscivan patteggiati di Caprona veggendo s tra nemici cotanti I maccostai con tutta la persona lungo l mio duca e non torceva li occhi da la sembianza lor chera non buona Ei chinavan li raffi e Vuo che l tocchi diceva lun con laltro in sul groppone E rispondien S fa che glielaccocchi Ma quel demonio che tenea sermone col duca mio si volse tutto presto e disse Posa posa Scarmiglione Poi disse a noi Pi oltre andar per questo iscoglio non si pu per che giace tutto spezzato al fondo larco sesto E se landare avante pur vi piace andatevene su per questa grotta presso un altro scoglio che via face Ier pi oltre cinquore che questotta mille dugento con sessanta sei anni compi che qui la via fu rotta Io mando verso l di questi miei a riguardar salcun se ne sciorina gite con lor che non saranno rei Trati avante Alichino e Calcabrina cominci elli a dire e tu Cagnazzo e Barbariccia guidi la decina Libicocco vegnoltre e Draghignazzo Ciriatto sannuto e Graffiacane e Farfarello e Rubicante pazzo Cercate ntorno le boglienti pane costor sian salvi infino a laltro scheggio che tutto intero va sovra le tane Om maestro che quel chi veggio dissio deh sanza scorta andianci soli se tu sa ir chi per me non la cheggio Se tu se s accorto come suoli non vedi tu che digrignan li denti e con le ciglia ne minaccian duoli Ed elli a me Non vo che tu paventi lasciali digrignar pur a lor senno che fanno ci per li lessi dolenti Per largine sinistro volta dienno ma prima avea ciascun la lingua stretta coi denti verso lor duca per cenno ed elli avea del cul fatto trombetta Inferno Canto II Io vidi gi cavalier muover campo e cominciare stormo e far lor mostra e talvolta partir per loro scampo corridor vidi per la terra vostra o Aretini e vidi gir gualdane fedir torneamenti e correr giostra quando con trombe e quando con campane con tamburi e con cenni di castella e con cose nostrali e con istrane n gi con s diversa cennamella cavalier vidi muover n pedoni n nave a segno di terra o di stella Noi andavam con li diece demoni Ahi fiera compagnia ma ne la chiesa coi santi e in taverna coi ghiottoni Pur a la pegola era la mia ntesa per veder de la bolgia ogne contegno e de la gente chentro vera incesa Come i dalfini quando fanno segno a marinar con larco de la schiena che sargomentin di campar lor legno talor cos ad alleggiar la pena mostravalcun de peccatori il dosso e nascondea in men che non balena E come a lorlo de lacqua dun fosso stanno i ranocchi pur col muso fuori s che celano i piedi e laltro grosso s stavan dogne parte i peccatori ma come sappressava Barbariccia cos si ritran sotto i bollori I vidi e anco il cor me naccapriccia uno aspettar cos comelli ncontra chuna rana rimane e laltra spiccia e Graffiacan che li era pi di contra li arruncigli le mpegolate chiome e trassel s che mi parve una lontra I sapea gi di tutti quanti l nome s li notai quando fuorono eletti e poi che si chiamaro attesi come O Rubicante fa che tu li metti li unghioni a dosso s che tu lo scuoi gridavan tutti insieme i maladetti E io Maestro mio fa se tu puoi che tu sappi chi lo sciagurato venuto a man de li avversari suoi Lo duca mio li saccost allato domandollo ondei fosse e quei rispuose I fui del regno di Navarra nato Mia madre a servo dun segnor mi puose che mavea generato dun ribaldo distruggitor di s e di sue cose Poi fui famiglia del buon re Tebaldo quivi mi misi a far baratteria di chio rendo ragione in questo caldo E Ciriatto a cui di bocca uscia dogne parte una sanna come a porco li f sentir come luna sdruscia Tra male gatte era venuto l sorco ma Barbariccia il chiuse con le braccia e disse State in l mentrio lo nforco E al maestro mio volse la faccia Domanda disse ancor se pi disii saper da lui prima chaltri l disfaccia Lo duca dunque Or d de li altri rii conosci tu alcun che sia latino sotto la pece E quelli I mi partii poco da un che fu di l vicino Cos fossio ancor con lui coperto chi non temerei unghia n uncino E Libicocco Troppo avem sofferto disse e preseli l braccio col runciglio s che stracciando ne port un lacerto Draghignazzo anco i volle dar di piglio giuso a le gambe onde l decurio loro si volse intorno intorno con mal piglio Quandelli un poco rappaciati fuoro a lui chancor mirava sua ferita domand l duca mio sanza dimoro Chi fu colui da cui mala partita di che facesti per venire a proda Ed ei rispuose Fu frate Gomita quel di Gallura vasel dogne froda chebbe i nemici di suo donno in mano e f s lor che ciascun se ne loda Danar si tolse e lasciolli di piano s come dice e ne li altri offici anche barattier fu non picciol ma sovrano Usa con esso donno Michel Zanche di Logodoro e a dir di Sardigna le lingue lor non si sentono stanche Om vedete laltro che digrigna i direi anche ma i temo chello non sapparecchi a grattarmi la tigna E l gran proposto vlto a Farfarello che stralunava li occhi per fedire disse Fatti n cost malvagio uccello Se voi volete vedere o udire ricominci lo spaurato appresso Toschi o Lombardi io ne far venire ma stieno i Malebranche un poco in cesso s chei non teman de le lor vendette e io seggendo in questo loco stesso per un chio son ne far venir sette quandio suffoler com nostro uso di fare allor che fori alcun si mette Cagnazzo a cotal motto lev l muso crollando l capo e disse Odi malizia chelli ha pensata per gittarsi giuso Ondei chavea lacciuoli a gran divizia rispuose Malizioso son io troppo quandio procuro a mia maggior trestizia Alichin non si tenne e di rintoppo a li altri disse a lui Se tu ti cali io non ti verr dietro di gualoppo ma batter sovra la pece lali Lascisi l collo e sia la ripa scudo a veder se tu sol pi di noi vali O tu che leggi udirai nuovo ludo ciascun da laltra costa li occhi volse quel prima cha ci fare era pi crudo Lo Navarrese ben suo tempo colse ferm le piante a terra e in un punto salt e dal proposto lor si sciolse Di che ciascun di colpa fu compunto ma quei pi che cagion fu del difetto per si mosse e grid Tu se giunto Ma poco i valse ch lali al sospetto non potero avanzar quelli and sotto e quei drizz volando suso il petto non altrimenti lanitra di botto quando l falcon sappressa gi sattuffa ed ei ritorna s crucciato e rotto Irato Calcabrina de la buffa volando dietro li tenne invaghito che quei campasse per aver la zuffa e come l barattier fu disparito cos volse li artigli al suo compagno e fu con lui sopra l fosso ghermito Ma laltro fu bene sparvier grifagno ad artigliar ben lui e amendue cadder nel mezzo del bogliente stagno Lo caldo sghermitor sbito fue ma per di levarsi era neente s avieno inviscate lali sue Barbariccia con li altri suoi dolente quattro ne f volar da laltra costa con tutti raffi e assai prestamente di qua di l discesero a la posta porser li uncini verso li mpaniati cheran gi cotti dentro da la crosta e noi lasciammo lor cos mpacciati Inferno Canto III Taciti soli sanza compagnia nandavam lun dinanzi e laltro dopo come frati minor vanno per via Vltera in su la favola dIsopo lo mio pensier per la presente rissa dovel parl de la rana e del topo ch pi non si pareggia mo e issa che lun con laltro fa se ben saccoppia principio e fine con la mente fissa E come lun pensier de laltro scoppia cos nacque di quello un altro poi che la prima paura mi f doppia Io pensava cos Questi per noi sono scherniti con danno e con beffa s fatta chassai credo che lor ni Se lira sovra l mal voler saggueffa ei ne verranno dietro pi crudeli che l cane a quella lievre chelli acceffa Gi mi sentia tutti arricciar li peli de la paura e stava in dietro intento quandio dissi Maestro se non celi te e me tostamente i ho pavento di Malebranche Noi li avem gi dietro io li magino s che gi li sento E quei Si fossi di piombato vetro limagine di fuor tua non trarrei pi tosto a me che quella dentro mpetro Pur mo venieno i tuo pensier tra miei con simile atto e con simile faccia s che dintrambi un sol consiglio fei Selli che s la destra costa giaccia che noi possiam ne laltra bolgia scendere noi fuggirem limaginata caccia Gi non compi di tal consiglio rendere chio li vidi venir con lali tese non molto lungi per volerne prendere Lo duca mio di sbito mi prese come la madre chal romore desta e vede presso a s le fiamme accese che prende il figlio e fugge e non sarresta avendo pi di lui che di s cura tanto che solo una camiscia vesta e gi dal collo de la ripa dura supin si diede a la pendente roccia che lun de lati a laltra bolgia tura Non corse mai s tosto acqua per doccia a volger ruota di molin terragno quandella pi verso le pale approccia come l maestro mio per quel vivagno portandosene me sovra l suo petto come suo figlio non come compagno A pena fuoro i pi suoi giunti al letto del fondo gi che furon in sul colle sovresso noi ma non l era sospetto ch lalta provedenza che lor volle porre ministri de la fossa quinta poder di partirsindi a tutti tolle L gi trovammo una gente dipinta che giva intorno assai con lenti passi piangendo e nel sembiante stanca e vinta Elli avean cappe con cappucci bassi dinanzi a li occhi fatte de la taglia che in Clugn per li monaci fassi Di fuor dorate son s chelli abbaglia ma dentro tutte piombo e gravi tanto che Federigo le mettea di paglia Oh in etterno faticoso manto Noi ci volgemmo ancor pur a man manca con loro insieme intenti al tristo pianto ma per lo peso quella gente stanca vena s pian che noi eravam nuovi di compagnia ad ogne mover danca Per chio al duca mio Fa che tu trovi alcun chal fatto o al nome si conosca e li occhi s andando intorno movi E un che ntese la parola tosca di retro a noi grid Tenete i piedi voi che correte s per laura fosca Forse chavrai da me quel che tu chiedi Onde l duca si volse e disse Aspetta e poi secondo il suo passo procedi Ristetti e vidi due mostrar gran fretta de lanimo col viso desser meco ma tardavali l carco e la via stretta Quando fuor giunti assai con locchio bieco mi rimiraron sanza far parola poi si volsero in s e dicean seco Costui par vivo a latto de la gola e se son morti per qual privilegio vanno scoperti de la grave stola Poi disser me O Tosco chal collegio de lipocriti tristi se venuto dir chi tu se non avere in dispregio E io a loro I fui nato e cresciuto sovra l bel fiume dArno a la gran villa e son col corpo chi ho sempre avuto Ma voi chi siete a cui tanto distilla quanti veggio dolor gi per le guance e che pena in voi che s sfavilla E lun rispuose a me Le cappe rance son di piombo s grosse che li pesi fan cos cigolar le lor bilance Frati godenti fummo e bolognesi io Catalano e questi Loderingo nomati e da tua terra insieme presi come suole esser tolto un uom solingo per conservar sua pace e fummo tali chancor si pare intorno dal Gardingo Io cominciai O frati i vostri mali ma pi non dissi cha locchio mi corse un crucifisso in terra con tre pali Quando mi vide tutto si distorse soffiando ne la barba con sospiri e l frate Catalan cha ci saccorse mi disse Quel confitto che tu miri consigli i Farisei che convenia porre un uom per lo popolo a martri Attraversato nudo ne la via come tu vedi ed mestier chel senta qualunque passa come pesa pria E a tal modo il socero si stenta in questa fossa e li altri dal concilio che fu per li Giudei mala sementa Allor vidio maravigliar Virgilio sovra colui chera disteso in croce tanto vilmente ne letterno essilio Poscia drizz al frate cotal voce Non vi dispiaccia se vi lece dirci sa la man destra giace alcuna foce onde noi amendue possiamo uscirci sanza costrigner de li angeli neri che vegnan desto fondo a dipartirci Rispuose adunque Pi che tu non speri sappressa un sasso che de la gran cerchia si move e varca tutti vallon feri salvo che n questo rotto e nol coperchia montar potrete su per la ruina che giace in costa e nel fondo soperchia Lo duca stette un poco a testa china poi disse Mal contava la bisogna colui che i peccator di qua uncina E l frate Io udi gi dire a Bologna del diavol vizi assai tra quali udi chelli bugiardo e padre di menzogna Appresso il duca a gran passi sen g turbato un poco dira nel sembiante ondio da li ncarcati mi parti dietro a le poste de le care piante Inferno Canto IV In quella parte del giovanetto anno che l sole i crin sotto lAquario tempra e gi le notti al mezzo d sen vanno quando la brina in su la terra assempra limagine di sua sorella bianca ma poco dura a la sua penna tempra lo villanello a cui la roba manca si leva e guarda e vede la campagna biancheggiar tutta ondei si batte lanca ritorna in casa e qua e l si lagna come l tapin che non sa che si faccia poi riede e la speranza ringavagna veggendo l mondo aver cangiata faccia in poco dora e prende suo vincastro e fuor le pecorelle a pascer caccia Cos mi fece sbigottir lo mastro quandio li vidi s turbar la fronte e cos tosto al mal giunse lo mpiastro ch come noi venimmo al guasto ponte lo duca a me si volse con quel piglio dolce chio vidi prima a pi del monte Le braccia aperse dopo alcun consiglio eletto seco riguardando prima ben la ruina e diedemi di piglio E come quei chadopera ed estima che sempre par che nnanzi si proveggia cos levando me s ver la cima dun ronchione avvisava unaltra scheggia dicendo Sovra quella poi taggrappa ma tenta pria s tal chella ti reggia Non era via da vestito di cappa ch noi a pena ei lieve e io sospinto potavam s montar di chiappa in chiappa E se non fosse che da quel precinto pi che da laltro era la costa corta non so di lui ma io sarei ben vinto Ma perch Malebolge inver la porta del bassissimo pozzo tutta pende lo sito di ciascuna valle porta che luna costa surge e laltra scende noi pur venimmo al fine in su la punta onde lultima pietra si scoscende La lena mera del polmon s munta quandio fui s chi non potea pi oltre anzi massisi ne la prima giunta Omai convien che tu cos ti spoltre disse l maestro ch seggendo in piuma in fama non si vien n sotto coltre sanza la qual chi sua vita consuma cotal vestigio in terra di s lascia qual fummo in aere e in acqua la schiuma E per leva s vinci lambascia con lanimo che vince ogne battaglia se col suo grave corpo non saccascia Pi lunga scala convien che si saglia non basta da costoro esser partito Se tu mi ntendi or fa s che ti vaglia Levami allor mostrandomi fornito meglio di lena chi non mi senta e dissi Va chi son forte e ardito Su per lo scoglio prendemmo la via chera ronchioso stretto e malagevole ed erto pi assai che quel di pria Parlando andava per non parer fievole onde una voce usc de laltro fosso a parole formar disconvenevole Non so che disse ancor che sovra l dosso fossi de larco gi che varca quivi ma chi parlava ad ire parea mosso Io era vlto in gi ma li occhi vivi non poteano ire al fondo per lo scuro per chio Maestro fa che tu arrivi da laltro cinghio e dismontiam lo muro ch comi odo quinci e non intendo cos gi veggio e neente affiguro Altra risposta disse non ti rendo se non lo far ch la dimanda onesta si de seguir con lopera tacendo Noi discendemmo il ponte da la testa dove saggiugne con lottava ripa e poi mi fu la bolgia manifesta e vidivi entro terribile stipa di serpenti e di s diversa mena che la memoria il sangue ancor mi scipa Pi non si vanti Libia con sua rena ch se chelidri iaculi e faree produce e cencri con anfisibena n tante pestilenzie n s ree mostr gi mai con tutta lEtiopia n con ci che di sopra al Mar Rosso e Tra questa cruda e tristissima copia correan genti nude e spaventate sanza sperar pertugio o elitropia con serpi le man dietro avean legate quelle ficcavan per le ren la coda e l capo ed eran dinanzi aggroppate Ed ecco a un chera da nostra proda savvent un serpente che l trafisse l dove l collo a le spalle sannoda N O s tosto mai n I si scrisse comel saccese e arse e cener tutto convenne che cascando divenisse e poi che fu a terra s distrutto la polver si raccolse per s stessa e n quel medesmo ritorn di butto Cos per li gran savi si confessa che la fenice more e poi rinasce quando al cinquecentesimo anno appressa erba n biado in sua vita non pasce ma sol dincenso lagrime e damomo e nardo e mirra son lultime fasce E qual quel che cade e non sa como per forza di demon cha terra il tira o daltra oppilazion che lega lomo quando si leva che ntorno si mira tutto smarrito de la grande angoscia chelli ha sofferta e guardando sospira tal era il peccator levato poscia Oh potenza di Dio quant severa che cotai colpi per vendetta croscia Lo duca il domand poi chi ello era per chei rispuose Io piovvi di Toscana poco tempo in questa gola fiera Vita bestial mi piacque e non umana s come a mul chi fui son Vanni Fucci bestia e Pistoia mi fu degna tana E io al duca Dilli che non mucci e domanda che colpa qua gi l pinse chio l vidi uomo di sangue e di crucci E l peccator che ntese non sinfinse ma drizz verso me lanimo e l volto e di trista vergogna si dipinse poi disse Pi mi duol che tu mhai colto ne la miseria dove tu mi vedi che quando fui de laltra vita tolto Io non posso negar quel che tu chiedi in gi son messo tanto perchio fui ladro a la sagrestia di belli arredi e falsamente gi fu apposto altrui Ma perch di tal vista tu non godi se mai sarai di fuor da luoghi bui apri li orecchi al mio annunzio e odi Pistoia in pria di Neri si dimagra poi Fiorenza rinova gente e modi Tragge Marte vapor di Val di Magra ch di torbidi nuvoli involuto e con tempesta impetuosa e agra sovra Campo Picen fia combattuto ondei repente spezzer la nebbia s chogne Bianco ne sar feruto E detto lho perch doler ti debbia Inferno Canto V Al fine de le sue parole il ladro le mani alz con amendue le fiche gridando Togli Dio cha te le squadro Da indi in qua mi fuor le serpi amiche perchuna li savvolse allora al collo come dicesse Non vo che pi diche e unaltra a le braccia e rilegollo ribadendo s stessa s dinanzi che non potea con esse dare un crollo Ahi Pistoia Pistoia ch non stanzi dincenerarti s che pi non duri poi che n mal fare il seme tuo avanzi Per tutti cerchi de lo nferno scuri non vidi spirto in Dio tanto superbo non quel che cadde a Tebe gi da muri El si fugg che non parl pi verbo e io vidi un centauro pien di rabbia venir chiamando Ov ov lacerbo Maremma non credio che tante nabbia quante bisce elli avea su per la groppa infin ove comincia nostra labbia Sovra le spalle dietro da la coppa con lali aperte li giacea un draco e quello affuoca qualunque sintoppa Lo mio maestro disse Questi Caco che sotto l sasso di monte Aventino di sangue fece spesse volte laco Non va co suoi fratei per un cammino per lo furto che frodolente fece del grande armento chelli ebbe a vicino onde cessar le sue opere biece sotto la mazza dErcule che forse gliene di cento e non sent le diece Mentre che s parlava ed el trascorse e tre spiriti venner sotto noi de quali n io n l duca mio saccorse se non quando gridar Chi siete voi per che nostra novella si ristette e intendemmo pur ad essi poi Io non li conoscea ma ei seguette come suol seguitar per alcun caso che lun nomar un altro convenette dicendo Cianfa dove fia rimaso per chio acci che l duca stesse attento mi puosi l dito su dal mento al naso Se tu se or lettore a creder lento ci chio dir non sar maraviglia ch io che l vidi a pena il mi consento Comio tenea levate in lor le ciglia e un serpente con sei pi si lancia dinanzi a luno e tutto a lui sappiglia Co pi di mezzo li avvinse la pancia e con li anterior le braccia prese poi li addent e luna e laltra guancia li diretani a le cosce distese e miseli la coda tra mbedue e dietro per le ren s la ritese Ellera abbarbicata mai non fue ad alber s come lorribil fiera per laltrui membra avviticchi le sue Poi sappiccar come di calda cera fossero stati e mischiar lor colore n lun n laltro gi parea quel chera come procede innanzi da lardore per lo papiro suso un color bruno che non nero ancora e l bianco more Li altri due l riguardavano e ciascuno gridava Om Agnel come ti muti Vedi che gi non se n due n uno Gi eran li due capi un divenuti quando napparver due figure miste in una faccia overan due perduti Fersi le braccia due di quattro liste le cosce con le gambe e l ventre e l casso divenner membra che non fuor mai viste Ogne primaio aspetto ivi era casso due e nessun limagine perversa parea e tal sen gio con lento passo Come l ramarro sotto la gran fersa dei d canicular cangiando sepe folgore par se la via attraversa s pareva venendo verso lepe de li altri due un serpentello acceso livido e nero come gran di pepe e quella parte onde prima preso nostro alimento a lun di lor trafisse poi cadde giuso innanzi lui disteso Lo trafitto l mir ma nulla disse anzi co pi fermati sbadigliava pur come sonno o febbre lassalisse Elli l serpente e quei lui riguardava lun per la piaga e laltro per la bocca fummavan forte e l fummo si scontrava Taccia Lucano ormai l dove tocca del misero Sabello e di Nasidio e attenda a udir quel chor si scocca Taccia di Cadmo e dAretusa Ovidio ch se quello in serpente e quella in fonte converte poetando io non lo nvidio ch due nature mai a fronte a fronte non trasmut s chamendue le forme a cambiar lor matera fosser pronte Insieme si rispuosero a tai norme che l serpente la coda in forca fesse e il feruto ristrinse insieme lorme Le gambe con le cosce seco stesse sappiccar s che n poco la giuntura non facea segno alcun che si paresse Togliea la coda fessa la figura che si perdeva l e la sua pelle si facea molle e quella di l dura Io vidi intrar le braccia per lascelle e i due pi de la fiera cheran corti tanto allungar quanto accorciavan quelle Poscia li pi di retro insieme attorti diventaron lo membro che luom cela e l misero del suo navea due porti Mentre che l fummo luno e laltro vela di color novo e genera l pel suso per luna parte e da laltra il dipela lun si lev e laltro cadde giuso non torcendo per le lucerne empie sotto le quai ciascun cambiava muso Quel chera dritto il trasse ver le tempie e di troppa matera chin l venne uscir li orecchi de le gote scempie ci che non corse in dietro e si ritenne di quel soverchio f naso a la faccia e le labbra ingross quanto convenne Quel che giacea il muso innanzi caccia e li orecchi ritira per la testa come face le corna la lumaccia e la lingua chavea unita e presta prima a parlar si fende e la forcuta ne laltro si richiude e l fummo resta Lanima chera fiera divenuta suffolando si fugge per la valle e laltro dietro a lui parlando sputa Poscia li volse le novelle spalle e disse a laltro I vo che Buoso corra comho fattio carpon per questo calle Cos vidio la settima zavorra mutare e trasmutare e qui mi scusi la novit se fior la penna abborra E avvegna che li occhi miei confusi fossero alquanto e lanimo smagato non poter quei fuggirsi tanto chiusi chi non scorgessi ben Puccio Sciancato ed era quel che sol di tre compagni che venner prima non era mutato laltrera quel che tu Gaville piagni Inferno Canto VI Godi Fiorenza poi che se s grande che per mare e per terra batti lali e per lo nferno tuo nome si spande Tra li ladron trovai cinque cotali tuoi cittadini onde mi ven vergogna e tu in grande orranza non ne sali Ma se presso al mattin del ver si sogna tu sentirai di qua da picciol tempo di quel che Prato non chaltri tagogna E se gi fosse non saria per tempo Cos fossei da che pur esser dee ch pi mi graver compi mattempo Noi ci partimmo e su per le scalee che navea fatto iborni a scender pria rimont l duca mio e trasse mee e proseguendo la solinga via tra le schegge e tra rocchi de lo scoglio lo pi sanza la man non si spedia Allor mi dolsi e ora mi ridoglio quando drizzo la mente a ci chio vidi e pi lo ngegno affreno chi non soglio perch non corra che virt nol guidi s che se stella bona o miglior cosa mha dato l ben chio stessi nol minvidi Quante l villan chal poggio si riposa nel tempo che colui che l mondo schiara la faccia sua a noi tien meno ascosa come la mosca cede alla zanzara vede lucciole gi per la vallea forse col dove vendemmia e ara di tante fiamme tutta risplendea lottava bolgia s comio maccorsi tosto che fui l ve l fondo parea E qual colui che si vengi con li orsi vide l carro dElia al dipartire quando i cavalli al cielo erti levorsi che nol potea s con li occhi seguire chel vedesse altro che la fiamma sola s come nuvoletta in s salire tal si move ciascuna per la gola del fosso ch nessuna mostra l furto e ogne fiamma un peccatore invola Io stava sovra l ponte a veder surto s che sio non avessi un ronchion preso caduto sarei gi sanzesser urto E l duca che mi vide tanto atteso disse Dentro dai fuochi son li spirti catun si fascia di quel chelli inceso Maestro mio rispuosio per udirti son io pi certo ma gi mera avviso che cos fosse e gi voleva dirti chi n quel foco che vien s diviso di sopra che par surger de la pira dovEtecle col fratel fu miso Rispuose a me L dentro si martira Ulisse e Diomede e cos insieme a la vendetta vanno come a lira e dentro da la lor fiamma si geme lagguato del caval che f la porta onde usc de Romani il gentil seme Piangevisi entro larte per che morta Deidama ancor si duol dAchille e del Palladio pena vi si porta Sei posson dentro da quelle faville parlar dissio maestro assai ten priego e ripriego che l priego vaglia mille che non mi facci de lattender niego fin che la fiamma cornuta qua vegna vedi che del disio ver lei mi piego Ed elli a me La tua preghiera degna di molta loda e io per laccetto ma fa che la tua lingua si sostegna Lascia parlare a me chi ho concetto ci che tu vuoi chei sarebbero schivi perche fuor greci forse del tuo detto Poi che la fiamma fu venuta quivi dove parve al mio duca tempo e loco in questa forma lui parlare audivi O voi che siete due dentro ad un foco sio meritai di voi mentre chio vissi sio meritai di voi assai o poco quando nel mondo li alti versi scrissi non vi movete ma lun di voi dica dove per lui perduto a morir gissi Lo maggior corno de la fiamma antica cominci a crollarsi mormorando pur come quella cui vento affatica indi la cima qua e l menando come fosse la lingua che parlasse gitt voce di fuori e disse Quando mi diparti da Circe che sottrasse me pi dun anno l presso a Gaeta prima che s Enea la nomasse n dolcezza di figlio n la pieta del vecchio padre n l debito amore lo qual dovea Penelop far lieta vincer potero dentro a me lardore chi ebbi a divenir del mondo esperto e de li vizi umani e del valore ma misi me per lalto mare aperto sol con un legno e con quella compagna picciola da la qual non fui diserto Lun lito e laltro vidi infin la Spagna fin nel Morrocco e lisola di Sardi e laltre che quel mare intorno bagna Io e compagni eravam vecchi e tardi quando venimmo a quella foce stretta dovErcule segn li suoi riguardi acci che luom pi oltre non si metta da la man destra mi lasciai Sibilia da laltra gi mavea lasciata Setta O frati dissi che per cento milia perigli siete giunti a loccidente a questa tanto picciola vigilia di nostri sensi ch del rimanente non vogliate negar lesperienza di retro al sol del mondo sanza gente Considerate la vostra semenza fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza Li miei compagni fecio s aguti con questa orazion picciola al cammino che a pena poscia li avrei ritenuti e volta nostra poppa nel mattino de remi facemmo ali al folle volo sempre acquistando dal lato mancino Tutte le stelle gi de laltro polo vedea la notte e l nostro tanto basso che non surgea fuor del marin suolo Cinque volte racceso e tante casso lo lume era di sotto da la luna poi che ntrati eravam ne lalto passo quando napparve una montagna bruna per la distanza e parvemi alta tanto quanto veduta non avea alcuna Noi ci allegrammo e tosto torn in pianto ch de la nova terra un turbo nacque e percosse del legno il primo canto Tre volte il f girar con tutte lacque a la quarta levar la poppa in suso e la prora ire in gi comaltrui piacque infin che l mar fu sovra noi richiuso Inferno Canto VII Gi era dritta in s la fiamma e queta per non dir pi e gi da noi sen gia con la licenza del dolce poeta quandunaltra che dietro a lei venia ne fece volger li occhi a la sua cima per un confuso suon che fuor nuscia Come l bue cicilian che mugghi prima col pianto di colui e ci fu dritto che lavea temperato con sua lima mugghiava con la voce de lafflitto s che con tutto che fosse di rame pur el pareva dal dolor trafitto cos per non aver via n forame dal principio nel foco in suo linguaggio si convertian le parole grame Ma poscia chebber colto lor viaggio su per la punta dandole quel guizzo che dato avea la lingua in lor passaggio udimmo dire O tu a cu io drizzo la voce e che parlavi mo lombardo dicendo Istra ten va pi non tadizzo perchio sia giunto forse alquanto tardo non tincresca restare a parlar meco vedi che non incresce a me e ardo Se tu pur mo in questo mondo cieco caduto se di quella dolce terra latina ondio mia colpa tutta reco dimmi se Romagnuoli han pace o guerra chio fui di monti l intra Orbino e l giogo di che Tever si diserra Io era in giuso ancora attento e chino quando il mio duca mi tent di costa dicendo Parla tu questi latino E io chavea gi pronta la risposta sanza indugio a parlare incominciai O anima che se l gi nascosta Romagna tua non e non fu mai sanza guerra ne cuor de suoi tiranni ma n palese nessuna or vi lasciai Ravenna sta come stata moltanni laguglia da Polenta la si cova s che Cervia ricuopre co suoi vanni La terra che f gi la lunga prova e di Franceschi sanguinoso mucchio sotto le branche verdi si ritrova E l mastin vecchio e l nuovo da Verrucchio che fecer di Montagna il mal governo l dove soglion fan di denti succhio Le citt di Lamone e di Santerno conduce il lioncel dal nido bianco che muta parte da la state al verno E quella cu il Savio bagna il fianco cos comella sie tra l piano e l monte tra tirannia si vive e stato franco Ora chi se ti priego che ne conte non esser duro pi chaltri sia stato se l nome tuo nel mondo tegna fronte Poscia che l foco alquanto ebbe rugghiato al modo suo laguta punta mosse di qua di l e poi di cotal fiato Si credesse che mia risposta fosse a persona che mai tornasse al mondo questa fiamma staria sanza pi scosse ma per che gi mai di questo fondo non torn vivo alcun si odo il vero sanza tema dinfamia ti rispondo Io fui uom darme e poi fui cordigliero credendomi s cinto fare ammenda e certo il creder mio vena intero se non fosse il gran prete a cui mal prenda che mi rimise ne le prime colpe e come e quare voglio che mintenda Mentre chio forma fui dossa e di polpe che la madre mi di lopere mie non furon leonine ma di volpe Li accorgimenti e le coperte vie io seppi tutte e s menai lor arte chal fine de la terra il suono uscie Quando mi vidi giunto in quella parte di mia etade ove ciascun dovrebbe calar le vele e raccoglier le sarte ci che pria mi piacea allor mincrebbe e pentuto e confesso mi rendei ahi miser lasso e giovato sarebbe Lo principe di novi Farisei avendo guerra presso a Laterano e non con Saracin n con Giudei ch ciascun suo nimico era cristiano e nessun era stato a vincer Acri n mercatante in terra di Soldano n sommo officio n ordini sacri guard in s n in me quel capestro che solea fare i suoi cinti pi macri Ma come Costantin chiese Silvestro dentro Siratti a guerir de la lebbre cos mi chiese questi per maestro a guerir de la sua superba febbre domandommi consiglio e io tacetti perch le sue parole parver ebbre E poi ridisse Tuo cuor non sospetti finor tassolvo e tu minsegna fare s come Penestrino in terra getti Lo ciel possio serrare e diserrare come tu sai per son due le chiavi che l mio antecessor non ebbe care Allor mi pinser li argomenti gravi l ve l tacer mi fu avviso l peggio e dissi Padre da che tu mi lavi di quel peccato ovio mo cader deggio lunga promessa con lattender corto ti far triunfar ne lalto seggio Francesco venne poi comio fu morto per me ma un di neri cherubini li disse Non portar non mi far torto Venir se ne dee gi tra miei meschini perch diede l consiglio frodolente dal quale in qua stato li sono a crini chassolver non si pu chi non si pente n pentere e volere insieme puossi per la contradizion che nol consente Oh me dolente come mi riscossi quando mi prese dicendomi Forse tu non pensavi chio loico fossi A Mins mi port e quelli attorse otto volte la coda al dosso duro e poi che per gran rabbia la si morse disse Questi di rei del foco furo per chio l dove vedi son perduto e s vestito andando mi rancuro Quandelli ebbe l suo dir cos compiuto la fiamma dolorando si partio torcendo e dibattendo l corno aguto Noi passammoltre e io e l duca mio su per lo scoglio infino in su laltrarco che cuopre l fosso in che si paga il fio a quei che scommettendo acquistan carco Inferno Canto VIII Chi poria mai pur con parole sciolte dicer del sangue e de le piaghe a pieno chi ora vidi per narrar pi volte Ogne lingua per certo verria meno per lo nostro sermone e per la mente channo a tanto comprender poco seno Sel saunasse ancor tutta la gente che gi in su la fortunata terra di Puglia fu del suo sangue dolente per li Troiani e per la lunga guerra che de lanella f s alte spoglie come Livio scrive che non erra con quella che sentio di colpi doglie per contastare a Ruberto Guiscardo e laltra il cui ossame ancor saccoglie a Ceperan l dove fu bugiardo ciascun Pugliese e l da Tagliacozzo dove sanzarme vinse il vecchio Alardo e qual forato suo membro e qual mozzo mostrasse daequar sarebbe nulla il modo de la nona bolgia sozzo Gi veggia per mezzul perdere o lulla comio vidi un cos non si pertugia rotto dal mento infin dove si trulla Tra le gambe pendevan le minugia la corata pareva e l tristo sacco che merda fa di quel che si trangugia Mentre che tutto in lui veder mattacco guardommi e con le man saperse il petto dicendo Or vedi comio mi dilacco vedi come storpiato Maometto Dinanzi a me sen va piangendo Al fesso nel volto dal mento al ciuffetto E tutti li altri che tu vedi qui seminator di scandalo e di scisma fuor vivi e per son fessi cos Un diavolo qua dietro che naccisma s crudelmente al taglio de la spada rimettendo ciascun di questa risma quandavem volta la dolente strada per che le ferite son richiuse prima chaltri dinanzi li rivada Ma tu chi se che n su lo scoglio muse forse per indugiar dire a la pena ch giudicata in su le tue accuse N morte l giunse ancor n colpa l mena rispuose l mio maestro a tormentarlo ma per dar lui esperienza piena a me che morto son convien menarlo per lo nferno qua gi di giro in giro e quest ver cos comio ti parlo Pi fuor di cento che quando ludiro sarrestaron nel fosso a riguardarmi per maraviglia obliando il martiro Or d a fra Dolcin dunque che sarmi tu che forse vedra il sole in breve sello non vuol qui tosto seguitarmi s di vivanda che stretta di neve non rechi la vittoria al Noarese chaltrimenti acquistar non sara leve Poi che lun pi per girsene sospese Maometto mi disse esta parola indi a partirsi in terra lo distese Un altro che forata avea la gola e tronco l naso infin sotto le ciglia e non avea mai chuna orecchia sola ristato a riguardar per maraviglia con li altri innanzi a li altri apr la canna chera di fuor dogni parte vermiglia e disse O tu cui colpa non condanna e cu io vidi su in terra latina se troppa simiglianza non minganna rimembriti di Pier da Medicina se mai torni a veder lo dolce piano che da Vercelli a Marcab dichina E fa saper a due miglior da Fano a messer Guido e anco ad Angiolello che se lantiveder qui non vano gittati saran fuor di lor vasello e mazzerati presso a la Cattolica per tradimento dun tiranno fello Tra lisola di Cipri e di Maiolica non vide mai s gran fallo Nettuno non da pirate non da gente argolica Quel traditor che vede pur con luno e tien la terra che tale qui meco vorrebbe di vedere esser digiuno far venirli a parlamento seco poi far s chal vento di Focara non sar lor mestier voto n preco E io a lui Dimostrami e dichiara se vuo chi porti s di te novella chi colui da la veduta amara Allor puose la mano a la mascella dun suo compagno e la bocca li aperse gridando Questi desso e non favella Questi scacciato il dubitar sommerse in Cesare affermando che l fornito sempre con danno lattender sofferse Oh quanto mi pareva sbigottito con la lingua tagliata ne la strozza Curio cha dir fu cos ardito E un chavea luna e laltra man mozza levando i moncherin per laura fosca s che l sangue facea la faccia sozza grid Ricorderati anche del Mosca che disse lasso Capo ha cosa fatta che fu mal seme per la gente tosca E io li aggiunsi E morte di tua schiatta per chelli accumulando duol con duolo sen gio come persona trista e matta Ma io rimasi a riguardar lo stuolo e vidi cosa chio avrei paura sanza pi prova di contarla solo se non che coscienza massicura la buona compagnia che luom francheggia sotto lasbergo del sentirsi pura Io vidi certo e ancor par chio l veggia un busto sanza capo andar s come andavan li altri de la trista greggia e l capo tronco tenea per le chiome pesol con mano a guisa di lanterna e quel mirava noi e dicea Oh me Di s facea a s stesso lucerna ed eran due in uno e uno in due comesser pu quei sa che s governa Quando diritto al pi del ponte fue lev l braccio alto con tutta la testa per appressarne le parole sue che fuoro Or vedi la pena molesta tu che spirando vai veggendo i morti vedi salcuna grande come questa E perch tu di me novella porti sappi chi son Bertram dal Bornio quelli che diedi al re giovane i ma conforti Io feci il padre e l figlio in s ribelli Achitofl non f pi dAbsalone e di Davd coi malvagi punzelli Perchio parti cos giunte persone partito porto il mio cerebro lasso dal suo principio ch in questo troncone Cos sosserva in me lo contrapasso Inferno Canto I La molta gente e le diverse piaghe avean le luci mie s inebriate che de lo stare a piangere eran vaghe Ma Virgilio mi disse Che pur guate perch la vista tua pur si soffolge l gi tra lombre triste smozzicate Tu non hai fatto s a laltre bolge pensa se tu annoverar le credi che miglia ventidue la valle volge E gi la luna sotto i nostri piedi lo tempo poco omai che n concesso e altro da veder che tu non vedi Se tu avessi rispuosio appresso atteso a la cagion perchio guardava forse mavresti ancor lo star dimesso Parte sen giva e io retro li andava lo duca gi faccendo la risposta e soggiugnendo Dentro a quella cava dovio tenea or li occhi s a posta credo chun spirto del mio sangue pianga la colpa che l gi cotanto costa Allor disse l maestro Non si franga lo tuo pensier da qui innanzi sovrello Attendi ad altro ed ei l si rimanga chio vidi lui a pi del ponticello mostrarti e minacciar forte col dito e udi l nominar Geri del Bello Tu eri allor s del tutto impedito sovra colui che gi tenne Altaforte che non guardasti in l s fu partito O duca mio la violenta morte che non li vendicata ancor dissio per alcun che de lonta sia consorte fece lui disdegnoso ondel sen gio sanza parlarmi s comio estimo e in ci mha el fatto a s pi pio Cos parlammo infino al loco primo che de lo scoglio laltra valle mostra se pi lume vi fosse tutto ad imo Quando noi fummo sor lultima chiostra di Malebolge s che i suoi conversi potean parere a la veduta nostra lamenti saettaron me diversi che di piet ferrati avean li strali ondio li orecchi con le man copersi Qual dolor fora se de li spedali di Valdichiana tra l luglio e l settembre e di Maremma e di Sardigna i mali fossero in una fossa tutti nsembre tal era quivi e tal puzzo nusciva qual suol venir de le marcite membre Noi discendemmo in su lultima riva del lungo scoglio pur da man sinistra e allor fu la mia vista pi viva gi ver lo fondo la ve la ministra de lalto Sire infallibil giustizia punisce i falsador che qui registra Non credo cha veder maggior tristizia fosse in Egina il popol tutto infermo quando fu laere s pien di malizia che li animali infino al picciol vermo cascaron tutti e poi le genti antiche secondo che i poeti hanno per fermo si ristorar di seme di formiche chera a veder per quella oscura valle languir li spirti per diverse biche Qual sovra l ventre e qual sovra le spalle lun de laltro giacea e qual carpone si trasmutava per lo tristo calle Passo passo andavam sanza sermone guardando e ascoltando li ammalati che non potean levar le lor persone Io vidi due sedere a s poggiati coma scaldar si poggia tegghia a tegghia dal capo al pi di schianze macolati e non vidi gi mai menare stregghia a ragazzo aspettato dal segnorso n a colui che mal volontier vegghia come ciascun menava spesso il morso de lunghie sopra s per la gran rabbia del pizzicor che non ha pi soccorso e s traevan gi lunghie la scabbia come coltel di scardova le scaglie o daltro pesce che pi larghe labbia O tu che con le dita ti dismaglie cominci l duca mio a lun di loro e che fai desse talvolta tanaglie dinne salcun Latino tra costoro che son quincentro se lunghia ti basti etternalmente a cotesto lavoro Latin siam noi che tu vedi s guasti qui ambedue rispuose lun piangendo ma tu chi se che di noi dimandasti E l duca disse I son un che discendo con questo vivo gi di balzo in balzo e di mostrar lo nferno a lui intendo Allor si ruppe lo comun rincalzo e tremando ciascuno a me si volse con altri che ludiron di rimbalzo Lo buon maestro a me tutto saccolse dicendo D a lor ci che tu vuoli e io incominciai poscia chei volse Se la vostra memoria non simboli nel primo mondo da lumane menti ma sella viva sotto molti soli ditemi chi voi siete e di che genti la vostra sconcia e fastidiosa pena di palesarvi a me non vi spaventi Io fui dArezzo e Albero da Siena rispuose lun mi f mettere al foco ma quel per chio mori qui non mi mena Vero chi dissi lui parlando a gioco I mi saprei levar per laere a volo e quei chavea vaghezza e senno poco volle chi li mostrassi larte e solo perchio nol feci Dedalo mi fece ardere a tal che lavea per figliuolo Ma nell ultima bolgia de le diece me per lalchmia che nel mondo usai dann Mins a cui fallar non lece E io dissi al poeta Or fu gi mai gente s vana come la sanese Certo non la francesca s dassai Onde laltro lebbroso che mintese rispuose al detto mio Tramene Stricca che seppe far le temperate spese e Niccol che la costuma ricca del garofano prima discoverse ne lorto dove tal seme sappicca e trane la brigata in che disperse Caccia dAscian la vigna e la gran fonda e lAbbagliato suo senno proferse Ma perch sappi chi s ti seconda contra i Sanesi aguzza ver me locchio s che la faccia mia ben ti risponda s vedrai chio son lombra di Capocchio che falsai li metalli con lalchmia e te dee ricordar se ben tadocchio comio fui di natura buona scimia Inferno Canto Nel tempo che Iunone era crucciata per Semel contra l sangue tebano come mostr una e altra fiata Atamante divenne tanto insano che veggendo la moglie con due figli andar carcata da ciascuna mano grid Tendiam le reti s chio pigli la leonessa e leoncini al varco e poi distese i dispietati artigli prendendo lun chavea nome Learco e rotollo e percosselo ad un sasso e quella sanneg con laltro carco E quando la fortuna volse in basso laltezza de Troian che tutto ardiva s che nsieme col regno il re fu casso Ecuba trista misera e cattiva poscia che vide Polissena morta e del suo Polidoro in su la riva del mar si fu la dolorosa accorta forsennata latr s come cane tanto il dolor le f la mente torta Ma n di Tebe furie n troiane si vider mai in alcun tanto crude non punger bestie nonch membra umane quantio vidi in due ombre smorte e nude che mordendo correvan di quel modo che l porco quando del porcil si schiude Luna giunse a Capocchio e in sul nodo del collo lassann s che tirando grattar li fece il ventre al fondo sodo E lAretin che rimase tremando mi disse Quel folletto Gianni Schicchi e va rabbioso altrui cos conciando Oh dissio lui se laltro non ti ficchi li denti a dosso non ti sia fatica a dir chi pria che di qui si spicchi Ed elli a me Quell lanima antica di Mirra scellerata che divenne al padre fuor del dritto amore amica Questa a peccar con esso cos venne falsificando s in altrui forma come laltro che l sen va sostenne per guadagnar la donna de la torma falsificare in s Buoso Donati testando e dando al testamento norma E poi che i due rabbiosi fuor passati sovra cu io avea locchio tenuto rivolsilo a guardar li altri mal nati Io vidi un fatto a guisa di leuto pur chelli avesse avuta languinaia tronca da laltro che luomo ha forcuto La grave idropes che s dispaia le membra con lomor che mal converte che l viso non risponde a la ventraia facea lui tener le labbra aperte come letico fa che per la sete lun verso l mento e laltro in s rinverte O voi che sanzalcuna pena siete e non so io perch nel mondo gramo disselli a noi guardate e attendete a la miseria del maestro Adamo io ebbi vivo assai di quel chi volli e ora lasso un gocciol dacqua bramo Li ruscelletti che di verdi colli del Casentin discendon giuso in Arno faccendo i lor canali freddi e molli sempre mi stanno innanzi e non indarno ch limagine lor vie pi masciuga che l male ondio nel volto mi discarno La rigida giustizia che mi fruga tragge cagion del loco ovio peccai a metter pi li miei sospiri in fuga Ivi Romena l dovio falsai la lega suggellata del Batista per chio il corpo s arso lasciai Ma sio vedessi qui lanima trista di Guido o dAlessandro o di lor frate per Fonte Branda non darei la vista Dentro c luna gi se larrabbiate ombre che vanno intorno dicon vero ma che mi val cho le membra legate Sio fossi pur di tanto ancor leggero chi potessi in centanni andare unoncia io sarei messo gi per lo sentiero cercando lui tra questa gente sconcia con tutto chella volge undici miglia e men dun mezzo di traverso non ci ha Io son per lor tra s fatta famiglia e mindussero a batter li fiorini chavevan tre carati di mondiglia E io a lui Chi son li due tapini che fumman come man bagnate l verno giacendo stretti a tuoi destri confini Qui li trovai e poi volta non dierno rispuose quando piovvi in questo greppo e non credo che dieno in sempiterno Luna la falsa chaccus Gioseppo laltr l falso Sinon greco di Troia per febbre aguta gittan tanto leppo E lun di lor che si rec a noia forse desser nomato s oscuro col pugno li percosse lepa croia Quella son come fosse un tamburo e mastro Adamo li percosse il volto col braccio suo che non parve men duro dicendo a lui Ancor che mi sia tolto lo muover per le membra che son gravi ho io il braccio a tal mestiere sciolto Ondei rispuose Quando tu andavi al fuoco non lavei tu cos presto ma s e pi lavei quando coniavi E lidropico Tu di ver di questo ma tu non fosti s ver testimonio l ve del ver fosti a Troia richesto Sio dissi falso e tu falsasti il conio disse Sinon e son qui per un fallo e tu per pi chalcun altro demonio Ricorditi spergiuro del cavallo rispuose quel chavea infiata lepa e sieti reo che tutto il mondo sallo E te sia rea la sete onde ti crepa disse l Greco la lingua e lacqua marcia che l ventre innanzi a li occhi s tassiepa Allora il monetier Cos si squarcia la bocca tua per tuo mal come suole ch si ho sete e omor mi rinfarcia tu hai larsura e l capo che ti duole e per leccar lo specchio di Narcisso non vorresti a nvitar molte parole Ad ascoltarli erio del tutto fisso quando l maestro mi disse Or pur mira che per poco che teco non mi risso Quandio l senti a me parlar con ira volsimi verso lui con tal vergogna chancor per la memoria mi si gira Qual colui che suo dannaggio sogna che sognando desidera sognare s che quel ch come non fosse agogna tal mi fecio non possendo parlare che disiava scusarmi e scusava me tuttavia e nol mi credea fare Maggior difetto men vergogna lava disse l maestro che l tuo non stato per dogne trestizia ti disgrava E fa ragion chio ti sia sempre allato se pi avvien che fortuna taccoglia dove sien genti in simigliante piato ch voler ci udire bassa voglia Inferno Canto I Una medesma lingua pria mi morse s che mi tinse luna e laltra guancia e poi la medicina mi riporse cos odio che solea far la lancia dAchille e del suo padre esser cagione prima di trista e poi di buona mancia Noi demmo il dosso al misero vallone su per la ripa che l cinge dintorno attraversando sanza alcun sermone Quivera men che notte e men che giorno s che l viso mandava innanzi poco ma io senti sonare un alto corno tanto chavrebbe ogne tuon fatto fioco che contra s la sua via seguitando dirizz li occhi miei tutti ad un loco Dopo la dolorosa rotta quando Carlo Magno perd la santa gesta non son s terribilmente Orlando Poco portai in l volta la testa che me parve veder molte alte torri ondio Maestro di che terra questa Ed elli a me Per che tu trascorri per le tenebre troppo da la lungi avvien che poi nel maginare abborri Tu vedrai ben se tu l ti congiungi quanto l senso singanna di lontano per alquanto pi te stesso pungi Poi caramente mi prese per mano e disse Pria che noi siamo pi avanti acci che l fatto men ti paia strano sappi che non son torri ma giganti e son nel pozzo intorno da la ripa da lumbilico in giuso tutti quanti Come quando la nebbia si dissipa lo sguardo a poco a poco raffigura ci che cela l vapor che laere stipa cos forando laura grossa e scura pi e pi appressando ver la sponda fuggiemi errore e cresciemi paura per che come su la cerchia tonda Montereggion di torri si corona cos la proda che l pozzo circonda torreggiavan di mezza la persona li orribili giganti cui minaccia Giove del cielo ancora quando tuona E io scorgeva gi dalcun la faccia le spalle e l petto e del ventre gran parte e per le coste gi ambo le braccia Natura certo quando lasci larte di s fatti animali assai f bene per trre tali essecutori a Marte E sella delefanti e di balene non si pente chi guarda sottilmente pi giusta e pi discreta la ne tene ch dove largomento de la mente saggiugne al mal volere e a la possa nessun riparo vi pu far la gente La faccia sua mi parea lunga e grossa come la pina di San Pietro a Roma e a sua proporzione eran laltre ossa s che la ripa chera perizoma dal mezzo in gi ne mostrava ben tanto di sovra che di giugnere a la chioma tre Frison saverien dato mal vanto per chi ne vedea trenta gran palmi dal loco in gi dovomo affibbia l manto Raphl ma amche zab almi cominci a gridar la fiera bocca cui non si convenia pi dolci salmi E l duca mio ver lui Anima sciocca tienti col corno e con quel ti disfoga quandira o altra passion ti tocca Crcati al collo e troverai la soga che l tien legato o anima confusa e vedi lui che l gran petto ti doga Poi disse a me Elli stessi saccusa questi Nembrotto per lo cui mal coto pur un linguaggio nel mondo non susa Lascinlo stare e non parliamo a vto ch cos a lui ciascun linguaggio come l suo ad altrui cha nullo noto Facemmo adunque pi lungo viaggio vlti a sinistra e al trar dun balestro trovammo laltro assai pi fero e maggio A cigner lui qual che fosse l maestro non so io dir ma el tenea soccinto dinanzi laltro e dietro il braccio destro duna catena che l tenea avvinto dal collo in gi s che n su lo scoperto si ravvolgea infino al giro quinto Questo superbo volle esser esperto di sua potenza contra l sommo Giove disse l mio duca ondelli ha cotal merto Fialte ha nome e fece le gran prove quando i giganti fer paura a di le braccia chel men gi mai non move E io a lui Sesser puote io vorrei che de lo smisurato Briareo esperienza avesser li occhi miei Ondei rispuose Tu vedrai Anteo presso di qui che parla ed disciolto che ne porr nel fondo dogne reo Quel che tu vuo veder pi l molto ed legato e fatto come questo salvo che pi feroce par nel volto Non fu tremoto gi tanto rubesto che scotesse una torre cos forte come Fialte a scuotersi fu presto Allor temettio pi che mai la morte e non vera mestier pi che la dotta sio non avessi viste le ritorte Noi procedemmo pi avante allotta e venimmo ad Anteo che ben cinque alle sanza la testa uscia fuor de la grotta O tu che ne la fortunata valle che fece Scipion di gloria reda quandAnibl co suoi diede le spalle recasti gi mille leon per preda e che se fossi stato a lalta guerra detuoi fratelli ancor par che si creda chavrebber vinto i figli de la terra mettine gi e non ten vegna schifo dove Cocito la freddura serra Non ci fare ire a Tizio n a Tifo questi pu dar di quel che qui si brama per ti china e non torcer lo grifo Ancor ti pu nel mondo render fama chel vive e lunga vita ancor aspetta se nnanzi tempo grazia a s nol chiama Cos disse l maestro e quelli in fretta le man distese e prese l duca mio ondErcule sent gi grande stretta Virgilio quando prender si sentio disse a me Fatti qua s chio ti prenda poi fece s chun fascio era elli e io Qual pare a riguardar la Carisenda sotto l chinato quando un nuvol vada sovressa s ched ella incontro penda tal parve Anteo a me che stava a bada di vederlo chinare e fu tal ora chi avrei voluto ir per altra strada Ma lievemente al fondo che divora Lucifero con Giuda ci spos n s chinato l fece dimora e come albero in nave si lev Inferno Canto II Sio avessi le rime aspre e chiocce come si converrebbe al tristo buco sovra l qual pontan tutte laltre rocce io premerei di mio concetto il suco pi pienamente ma perchio non labbo non sanza tema a dicer mi conduco ch non impresa da pigliare a gabbo discriver fondo a tutto luniverso n da lingua che chiami mamma o babbo Ma quelle donne aiutino il mio verso chaiutaro Anfione a chiuder Tebe s che dal fatto il dir non sia diverso Oh sovra tutte mal creata plebe che stai nel loco onde parlare duro mei foste state qui pecore o zebe Come noi fummo gi nel pozzo scuro sotto i pi del gigante assai pi bassi e io mirava ancora a lalto muro dicere udimi Guarda come passi va s che tu non calchi con le piante le teste de fratei miseri lassi Per chio mi volsi e vidimi davante e sotto i piedi un lago che per gelo avea di vetro e non dacqua sembiante Non fece al corso suo s grosso velo di verno la Danoia in Osterlicchi n Tanai l sotto l freddo cielo comera quivi che se Tambernicchi vi fosse s caduto o Pietrapana non avria pur da lorlo fatto cricchi E come a gracidar si sta la rana col muso fuor de lacqua quando sogna di spigolar sovente la villana livide insin l dove appar vergogna eran lombre dolenti ne la ghiaccia mettendo i denti in nota di cicogna Ognuna in gi tenea volta la faccia da bocca il freddo e da li occhi il cor tristo tra lor testimonianza si procaccia Quandio mebbi dintorno alquanto visto volsimi a piedi e vidi due s stretti che l pel del capo avieno insieme misto Ditemi voi che s strignete i petti dissio chi siete E quei piegaro i colli e poi chebber li visi a me eretti li occhi lor cheran pria pur dentro molli gocciar su per le labbra e l gelo strinse le lagrime tra essi e riserrolli Con legno legno spranga mai non cinse forte cos ondei come due becchi cozzaro insieme tanta ira li vinse E un chavea perduti ambo li orecchi per la freddura pur col viso in gie disse Perch cotanto in noi ti specchi Se vuoi saper chi son cotesti due la valle onde Bisenzo si dichina del padre loro Alberto e di lor fue Dun corpo usciro e tutta la Caina potrai cercare e non troverai ombra degna pi desser fitta in gelatina non quelli a cui fu rotto il petto e lombra con esso un colpo per la man dArt non Focaccia non questi che mingombra col capo s chi non veggio oltre pi e fu nomato Sassol Mascheroni se tosco se ben sai omai chi fu E perch non mi metti in pi sermoni sappi chi fu il Camiscion de Pazzi e aspetto Carlin che mi scagioni Poscia vidio mille visi cagnazzi fatti per freddo onde mi vien riprezzo e verr sempre de gelati guazzi E mentre chandavamo inver lo mezzo al quale ogne gravezza si rauna e io tremava ne letterno rezzo se voler fu o destino o fortuna non so ma passeggiando tra le teste forte percossi l pi nel viso ad una Piangendo mi sgrid Perch mi peste se tu non vieni a crescer la vendetta di Montaperti perch mi moleste E io Maestro mio or qui maspetta si chio esca dun dubbio per costui poi mi farai quantunque vorrai fretta Lo duca stette e io dissi a colui che bestemmiava duramente ancora Qual se tu che cos rampogni altrui Or tu chi se che vai per lAntenora percotendo rispuose altrui le gote s che se fossi vivo troppo fora Vivo son io e caro esser ti puote fu mia risposta se dimandi fama chio metta il nome tuo tra laltre note Ed elli a me Del contrario ho io brama Lvati quinci e non mi dar pi lagna ch mal sai lusingar per questa lama Allor lo presi per la cuticagna e dissi El converr che tu ti nomi o che capel qui s non ti rimagna Ondelli a me Perch tu mi dischiomi n ti dir chio sia n mosterrolti se mille fiate in sul capo mi tomi Io avea gi i capelli in mano avvolti e tratto glienavea pi duna ciocca latrando lui con li occhi in gi raccolti quando un altro grid Che hai tu Bocca non ti basta sonar con le mascelle se tu non latri qual diavol ti tocca Omai dissio non vo che pi favelle malvagio traditor cha la tua onta io porter di te vere novelle Va via rispuose e ci che tu vuoi conta ma non tacer se tu di qua entro eschi di quel chebbe or cos la lingua pronta El piange qui largento de Franceschi Io vidi potrai dir quel da Duera l dove i peccatori stanno freschi Se fossi domandato Altri chi vera tu hai dallato quel di Beccheria di cui seg Fiorenza la gorgiera Gianni de Soldanier credo che sia pi l con Ganellone e Tebaldello chapr Faenza quando si dormia Noi eravam partiti gi da ello chio vidi due ghiacciati in una buca s che lun capo a laltro era cappello e come l pan per fame si manduca cos l sovran li denti a laltro pose l ve l cervel saggiugne con la nuca non altrimenti Tideo si rose le tempie a Menalippo per disdegno che quei faceva il teschio e laltre cose O tu che mostri per s bestial segno odio sovra colui che tu ti mangi dimmi l perch dissio per tal convegno che se tu a ragion di lui ti piangi sappiendo chi voi siete e la sua pecca nel mondo suso ancora io te ne cangi se quella con chio parlo non si secca Inferno Canto III La bocca sollev dal fiero pasto quel peccator forbendola acapelli del capo chelli avea di retro guasto Poi cominci Tu vuo chio rinovelli disperato dolor che l cor mi preme gi pur pensando pria chio ne favelli Ma se le mie parole esser dien seme che frutti infamia al traditor chi rodo parlar e lagrimar vedrai insieme Io non so chi tu se n per che modo venuto se qua gi ma fiorentino mi sembri veramente quandio todo Tu dei saper chi fui conte Ugolino e questi larcivescovo Ruggieri or ti dir perch i son tal vicino Che per leffetto de suo mai pensieri fidandomi di lui io fossi preso e poscia morto dir non mestieri per quel che non puoi avere inteso cio come la morte mia fu cruda udirai e saprai se mha offeso Breve pertugio dentro da la Muda la qual per me ha l titol de la fame e che conviene ancor chaltrui si chiuda mavea mostrato per lo suo forame pi lune gi quandio feci l mal sonno che del futuro mi squarci l velame Questi pareva a me maestro e donno cacciando il lupo e lupicini al monte per che i Pisan veder Lucca non ponno Con cagne magre studiose e conte Gualandi con Sismondi e con Lanfranchi savea messi dinanzi da la fronte In picciol corso mi parieno stanchi lo padre e figli e con lagute scane mi parea lor veder fender li fianchi Quando fui desto innanzi la dimane pianger senti fra l sonno i miei figliuoli cheran con meco e dimandar del pane Ben se crudel se tu gi non ti duoli pensando ci che l mio cor sannunziava e se non piangi di che pianger suoli Gi eran desti e lora sappressava che l cibo ne solea essere addotto e per suo sogno ciascun dubitava e io senti chiavar luscio di sotto a lorribile torre ondio guardai nel viso a mie figliuoi sanza far motto Io non piangea s dentro impetrai piangevan elli e Anselmuccio mio disse Tu guardi s padre che hai Perci non lacrimai n rispuosio tutto quel giorno n la notte appresso infin che laltro sol nel mondo usco Come un poco di raggio si fu messo nel doloroso carcere e io scorsi per quattro visi il mio aspetto stesso ambo le man per lo dolor mi morsi ed ei pensando chio l fessi per voglia di manicar di subito levorsi e disser Padre assai ci fia men doglia se tu mangi di noi tu ne vestisti queste misere carni e tu le spoglia Quetami allor per non farli pi tristi lo d e laltro stemmo tutti muti ahi dura terra perch non tapristi Poscia che fummo al quarto d venuti Gaddo mi si gitt disteso a piedi dicendo Padre mio ch non mi aiuti Quivi mor e come tu mi vedi vidio cascar li tre ad uno ad uno tra l quinto d e l sesto ondio mi diedi gi cieco a brancolar sovra ciascuno e due d li chiamai poi che fur morti Poscia pi che l dolor pot l digiuno Quandebbe detto ci con li occhi torti riprese l teschio misero codenti che furo a losso come dun can forti Ahi Pisa vituperio de le genti del bel paese l dove l s suona poi che i vicini a te punir son lenti muovasi la Capraia e la Gorgona e faccian siepe ad Arno in su la foce s chelli annieghi in te ogne persona Ch se l conte Ugolino aveva voce daver tradita te de le castella non dovei tu i figliuoi porre a tal croce Innocenti facea let novella novella Tebe Uguiccione e l Brigata e li altri due che l canto suso appella Noi passammo oltre l ve la gelata ruvidamente unaltra gente fascia non volta in gi ma tutta riversata Lo pianto stesso l pianger non lascia e l duol che truova in su li occhi rintoppo si volge in entro a far crescer lambascia ch le lagrime prime fanno groppo e s come visiere di cristallo riempion sotto l ciglio tutto il coppo E avvegna che s come dun callo per la freddura ciascun sentimento cessato avesse del mio viso stallo gi mi parea sentire alquanto vento per chio Maestro mio questo chi move non qua gi ogne vapore spento Ondelli a me Avaccio sarai dove di ci ti far locchio la risposta veggendo la cagion che l fiato piove E un de tristi de la fredda crosta grid a noi O anime crudeli tanto che data v lultima posta levatemi dal viso i duri veli s chio sfoghi l duol che l cor mimpregna un poco pria che l pianto si raggeli Per chio a lui Se vuo chi ti sovvegna dimmi chi se e sio non ti disbrigo al fondo de la ghiaccia ir mi convegna Rispuose adunque I son frate Alberigo i son quel da le frutta del mal orto che qui riprendo dattero per figo Oh dissio lui or se tu ancor morto Ed elli a me Come l mio corpo stea nel mondo s nulla scienza porto Cotal vantaggio ha questa Tolomea che spesse volte lanima ci cade innanzi chAtrops mossa le dea E perch tu pi volentier mi rade le nvetriate lagrime dal volto sappie che tosto che lanima trade come fecio il corpo suo l tolto da un demonio che poscia il governa mentre che l tempo suo tutto sia vlto Ella ruina in s fatta cisterna e forse pare ancor lo corpo suso de lombra che di qua dietro mi verna Tu l dei saper se tu vien pur mo giuso elli ser Branca Doria e son pi anni poscia passati chel fu s racchiuso Io credo dissio lui che tu minganni ch Branca Doria non mor unquanche e mangia e bee e dorme e veste panni Nel fosso s dissel de Malebranche l dove bolle la tenace pece non era ancor giunto Michel Zanche che questi lasci il diavolo in sua vece nel corpo suo ed un suo prossimano che l tradimento insieme con lui fece Ma distendi oggimai in qua la mano aprimi li occhi E io non glielapersi e cortesia fu lui esser villano Ahi Genovesi uomini diversi dogne costume e pien dogne magagna perch non siete voi del mondo spersi Ch col peggiore spirto di Romagna trovai di voi un tal che per sua opra in anima in Cocito gi si bagna e in corpo par vivo ancor di sopra Inferno Canto IV Veilla regis prodeunt inferni verso di noi per dinanzi mira disse l maestro mio se tu l discerni Come quando una grossa nebbia spira o quando lemisperio nostro annotta par di lungi un molin che l vento gira veder mi parve un tal dificio allotta poi per lo vento mi ristrinsi retro al duca mio ch non l era altra grotta Gi era e con paura il metto in metro l dove lombre tutte eran coperte e trasparien come festuca in vetro Altre sono a giacere altre stanno erte quella col capo e quella con le piante altra comarco il volto a pi rinverte Quando noi fummo fatti tanto avante chal mio maestro piacque di mostrarmi la creatura chebbe il bel sembiante dinnanzi mi si tolse e f restarmi Ecco Dite dicendo ed ecco il loco ove convien che di fortezza tarmi Comio divenni allor gelato e fioco nol dimandar lettor chi non lo scrivo per chogne parlar sarebbe poco Io non mori e non rimasi vivo pensa oggimai per te shai fior dingegno qual io divenni duno e daltro privo Lo mperador del doloroso regno da mezzo l petto usca fuor de la ghiaccia e pi con un gigante io mi convegno che i giganti non fan con le sue braccia vedi oggimai quantesser dee quel tutto cha cos fatta parte si confaccia Sel fu s bel comelli ora brutto e contra l suo fattore alz le ciglia ben dee da lui proceder ogne lutto Oh quanto parve a me gran maraviglia quandio vidi tre facce a la sua testa Luna dinanzi e quella era vermiglia laltreran due che saggiugnieno a questa sovresso l mezzo di ciascuna spalla e s giugnieno al loco de la cresta e la destra parea tra bianca e gialla la sinistra a vedere era tal quali vegnon di l onde l Nilo savvalla Sotto ciascuna uscivan due grandali quanto si convenia a tanto uccello vele di mar non vidio mai cotali Non avean penne ma di vispistrello era lor modo e quelle svolazzava s che tre venti si movean da ello quindi Cocito tutto saggelava Con sei occhi piangea e per tre menti gocciava l pianto e sanguinosa bava Da ogne bocca dirompea co denti un peccatore a guisa di maciulla s che tre ne facea cos dolenti A quel dinanzi il mordere era nulla verso l graffiar che talvolta la schiena rimanea de la pelle tutta brulla Quellanima l s cha maggior pena disse l maestro Giuda Scariotto che l capo ha dentro e fuor le gambe mena De li altri due channo il capo di sotto quel che pende dal nero ceffo Bruto vedi come si storce e non fa motto e laltro Cassio che par s membruto Ma la notte risurge e oramai da partir ch tutto avem veduto Coma lui piacque il collo li avvinghiai ed el prese di tempo e loco poste e quando lali fuoro aperte assai appigli s a le vellute coste di vello in vello gi discese poscia tra l folto pelo e le gelate croste Quando noi fummo l dove la coscia si volge a punto in sul grosso de lanche lo duca con fatica e con angoscia volse la testa ovelli avea le zanche e aggrappossi al pel comom che sale s che n inferno i credea tornar anche Attienti ben ch per cotali scale disse l maestro ansando comuom lasso conviensi dipartir da tanto male Poi usc fuor per lo fro dun sasso e puose me in su lorlo a sedere appresso porse a me laccorto passo Io levai li occhi e credetti vedere Lucifero comio lavea lasciato e vidili le gambe in s tenere e sio divenni allora travagliato la gente grossa il pensi che non vede qual quel punto chio avea passato Lvati s disse l maestro in piede la via lunga e l cammino malvagio e gi il sole a mezza terza riede Non era camminata di palagio l veravam ma natural burella chavea mal suolo e di lume disagio Prima chio de labisso mi divella maestro mio dissio quando fui dritto a trarmi derro un poco mi favella ov la ghiaccia e questi com fitto s sottosopra e come in s pocora da sera a mane ha fatto il sol tragitto Ed elli a me Tu imagini ancora desser di l dal centro ovio mi presi al pel del vermo reo che l mondo fra Di l fosti cotanto quantio scesi quandio mi volsi tu passasti l punto al qual si traggon dogne parte i pesi E se or sotto lemisperio giunto ch contraposto a quel che la gran secca coverchia e sotto l cui colmo consunto fu luom che nacque e visse sanza pecca tu hai i piedi in su picciola spera che laltra faccia fa de la Giudecca Qui da man quando di l sera e questi che ne f scala col pelo fitto ancora s come primera Da questa parte cadde gi dal cielo e la terra che pria di qua si sporse per paura di lui f del mar velo e venne a lemisperio nostro e forse per fuggir lui lasci qui loco vto quella chappar di qua e s ricorse Luogo l gi da Belzeb remoto tanto quanto la tomba si distende che non per vista ma per suono noto dun ruscelletto che quivi discende per la buca dun sasso chelli ha roso col corso chelli avvolge e poco pende Lo duca e io per quel cammino ascoso intrammo a ritornar nel chiaro mondo e sanza cura aver dalcun riposo salimmo s el primo e io secondo tanto chi vidi de le cose belle che porta l ciel per un pertugio tondo E quindi uscimmo a riveder le stelle LA DIVINA COMMEDIA di Dante Alighieri PURGATORIO Purgatorio Canto I Per correr miglior acque alza le vele omai la navicella del mio ingegno che lascia dietro a s mar s crudele e canter di quel secondo regno dove lumano spirito si purga e di salire al ciel diventa degno Ma qui la morta poes resurga o sante Muse poi che vostro sono e qui Caliop alquanto surga seguitando il mio canto con quel suono di cui le Piche misere sentiro lo colpo tal che disperar perdono Dolce color doriental zaffiro che saccoglieva nel sereno aspetto del mezzo puro infino al primo giro a li occhi miei ricominci diletto tosto chio usci fuor de laura morta che mavea contristati li occhi e l petto Lo bel pianeto che damar conforta faceva tutto rider loriente velando i Pesci cherano in sua scorta I mi volsi a man destra e puosi mente a laltro polo e vidi quattro stelle non viste mai fuor cha la prima gente Goder pareva l ciel di lor fiammelle oh settentrional vedovo sito poi che privato se di mirar quelle Comio da loro sguardo fui partito un poco me volgendo a l altro polo l onde il Carro gi era sparito vidi presso di me un veglio solo degno di tanta reverenza in vista che pi non dee a padre alcun figliuolo Lunga la barba e di pel bianco mista portava a suoi capelli simigliante de quai cadeva al petto doppia lista Li raggi de le quattro luci sante fregiavan s la sua faccia di lume chi l vedea come l sol fosse davante Chi siete voi che contro al cieco fiume fuggita avete la pregione etterna dissel movendo quelle oneste piume Chi vha guidati o che vi fu lucerna uscendo fuor de la profonda notte che sempre nera fa la valle inferna Son le leggi dabisso cos rotte o mutato in ciel novo consiglio che dannati venite a le mie grotte Lo duca mio allor mi di di piglio e con parole e con mani e con cenni reverenti mi f le gambe e l ciglio Poscia rispuose lui Da me non venni donna scese del ciel per li cui prieghi de la mia compagnia costui sovvenni Ma da ch tuo voler che pi si spieghi di nostra condizion comell vera esser non puote il mio che a te si nieghi Questi non vide mai lultima sera ma per la sua follia le fu s presso che molto poco tempo a volger era S comio dissi fui mandato ad esso per lui campare e non l era altra via che questa per la quale i mi son messo Mostrata ho lui tutta la gente ria e ora intendo mostrar quelli spirti che purgan s sotto la tua bala Comio lho tratto saria lungo a dirti de lalto scende virt che maiuta conducerlo a vederti e a udirti Or ti piaccia gradir la sua venuta libert va cercando ch s cara come sa chi per lei vita rifiuta Tu l sai ch non ti fu per lei amara in Utica la morte ove lasciasti la vesta chal gran d sar s chiara Non son li editti etterni per noi guasti ch questi vive e Mins me non lega ma son del cerchio ove son li occhi casti di Marzia tua che n vista ancor ti priega o santo petto che per tua la tegni per lo suo amore adunque a noi ti piega Lasciane andar per li tuoi sette regni grazie riporter di te a lei se desser mentovato l gi degni Marzia piacque tanto a li occhi miei mentre chi fu di l disselli allora che quante grazie volse da me fei Or che di l dal mal fiume dimora pi muover non mi pu per quella legge che fatta fu quando me nusci fora Ma se donna del ciel ti muove e regge come tu di non c mestier lusinghe bastisi ben che per lei mi richegge Va dunque e fa che tu costui ricinghe dun giunco schietto e che li lavi l viso s chogne sucidume quindi stinghe ch non si converria locchio sorpriso dalcuna nebbia andar dinanzi al primo ministro ch di quei di paradiso Questa isoletta intorno ad imo ad imo l gi col dove la batte londa porta di giunchi sovra l molle limo nullaltra pianta che facesse fronda o indurasse vi puote aver vita per cha le percosse non seconda Poscia non sia di qua vostra reddita lo sol vi mosterr che surge omai prendere il monte a pi lieve salita Cos spar e io s mi levai sanza parlare e tutto mi ritrassi al duca mio e li occhi a lui drizzai El cominci Figliuol segui i miei passi volgianci in dietro ch di qua dichina questa pianura a suoi termini bassi Lalba vinceva lora mattutina che fuggia innanzi s che di lontano conobbi il tremolar de la marina Noi andavam per lo solingo piano comom che torna a la perduta strada che nfino ad essa li pare ire in vano Quando noi fummo l ve la rugiada pugna col sole per essere in parte dove ad orezza poco si dirada ambo le mani in su lerbetta sparte soavemente l mio maestro pose ondio che fui accorto di sua arte porsi ver lui le guance lagrimose ivi mi fece tutto discoverto quel color che linferno mi nascose Venimmo poi in sul lito diserto che mai non vide navicar sue acque omo che di tornar sia poscia esperto Quivi mi cinse s comaltrui piacque oh maraviglia ch qual elli scelse lumile pianta cotal si rinacque subitamente l onde lavelse Purgatorio Canto II Gi era l sole a lorizzonte giunto lo cui meridian cerchio coverchia Ierusalm col suo pi alto punto e la notte che opposita a lui cerchia uscia di Gange fuor con le Bilance che le caggion di man quando soverchia s che le bianche e le vermiglie guance l dovi era de la bella Aurora per troppa etate divenivan rance Noi eravam lunghesso mare ancora come gente che pensa a suo cammino che va col cuore e col corpo dimora Ed ecco qual sorpreso dal mattino per li grossi vapor Marte rosseggia gi nel ponente sovra l suol marino cotal mapparve sio ancor lo veggia un lume per lo mar venir s ratto che l muover suo nessun volar pareggia Dal qual comio un poco ebbi ritratto locchio per domandar lo duca mio rividil pi lucente e maggior fatto Poi dogne lato ad esso mappario un non sapeva che bianco e di sotto a poco a poco un altro a lui uscio Lo mio maestro ancor non facea motto mentre che i primi bianchi apparver ali allor che ben conobbe il galeotto grid Fa fa che le ginocchia cali Ecco langel di Dio piega le mani omai vedrai di s fatti officiali Vedi che sdegna li argomenti umani s che remo non vuol n altro velo che lali sue tra liti s lontani Vedi come lha dritte verso l cielo trattando laere con letterne penne che non si mutan come mortal pelo Poi come pi e pi verso noi venne luccel divino pi chiaro appariva per che locchio da presso nol sostenne ma chinail giuso e quei sen venne a riva con un vasello snelletto e leggero tanto che lacqua nulla ne nghiottiva Da poppa stava il celestial nocchiero tal che faria beato pur descripto e pi di cento spirti entro sediero In eitu Israel de Aegpto cantavan tutti insieme ad una voce con quanto di quel salmo poscia scripto Poi fece il segno lor di santa croce ondei si gittar tutti in su la piaggia ed el sen g come venne veloce La turba che rimase l selvaggia parea del loco rimirando intorno come colui che nove cose assaggia Da tutte parti saettava il giorno lo sol chavea con le saette conte di mezzo l ciel cacciato Capricorno quando la nova gente alz la fronte ver noi dicendo a noi Se voi sapete mostratene la via di gire al monte E Virgilio rispuose Voi credete forse che siamo esperti desto loco ma noi siam peregrin come voi siete Dianzi venimmo innanzi a voi un poco per altra via che fu s aspra e forte che lo salire omai ne parr gioco Lanime che si fuor di me accorte per lo spirare chi era ancor vivo maravigliando diventaro smorte E come a messagger che porta ulivo tragge la gente per udir novelle e di calcar nessun si mostra schivo cos al viso mio saffisar quelle anime fortunate tutte quante quasi obliando dire a farsi belle Io vidi una di lor trarresi avante per abbracciarmi con s grande affetto che mosse me a far lo somigliante Ohi ombre vane fuor che ne laspetto tre volte dietro a lei le mani avvinsi e tante mi tornai con esse al petto Di maraviglia credo mi dipinsi per che lombra sorrise e si ritrasse e io seguendo lei oltre mi pinsi Soavemente disse chio posasse allor conobbi chi era e pregai che per parlarmi un poco sarrestasse Rispuosemi Cos comio tamai nel mortal corpo cos tamo sciolta per marresto ma tu perch vai Casella mio per tornar altra volta l dovio son fo io questo viaggio dissio ma a te com tanta ora tolta Ed elli a me Nessun m fatto oltraggio se quei che leva quando e cui li piace pi volte mha negato esto passaggio ch di giusto voler lo suo si face veramente da tre mesi elli ha tolto chi ha voluto intrar con tutta pace Ondio chera ora a la marina vlto dove lacqua di Tevero sinsala benignamente fu da lui ricolto A quella foce ha elli or dritta lala per che sempre quivi si ricoglie qual verso Acheronte non si cala E io Se nuova legge non ti toglie memoria o uso a lamoroso canto che mi solea quetar tutte mie doglie di ci ti piaccia consolare alquanto lanima mia che con la sua persona venendo qui affannata tanto Amor che ne la mente mi ragiona cominci elli allor s dolcemente che la dolcezza ancor dentro mi suona Lo mio maestro e io e quella gente cheran con lui parevan s contenti come a nessun toccasse altro la mente Noi eravam tutti fissi e attenti a le sue note ed ecco il veglio onesto gridando Che ci spiriti lenti qual negligenza quale stare questo Correte al monte a spogliarvi lo scoglio chesser non lascia a voi Dio manifesto Come quando cogliendo biado o loglio li colombi adunati a la pastura queti sanza mostrar lusato orgoglio se cosa appare ondelli abbian paura subitamente lasciano star lesca perchassaliti son da maggior cura cos vidio quella masnada fresca lasciar lo canto e fuggir ver la costa comom che va n sa dove riesca n la nostra partita fu men tosta Purgatorio Canto III Avvegna che la subitana fuga dispergesse color per la campagna rivolti al monte ove ragion ne fruga i mi ristrinsi a la fida compagna e come sare io sanza lui corso chi mavria tratto su per la montagna El mi parea da s stesso rimorso o dignitosa coscienza e netta come t picciol fallo amaro morso Quando li piedi suoi lasciar la fretta che lonestade ad ognatto dismaga la mente mia che prima era ristretta lo ntento rallarg s come vaga e diedi l viso mio incontral poggio che nverso l ciel pi alto si dislaga Lo sol che dietro fiammeggiava roggio rotto mera dinanzi a la figura chavea in me de suoi raggi lappoggio Io mi volsi dallato con paura dessere abbandonato quandio vidi solo dinanzi a me la terra oscura e l mio conforto Perch pur diffidi a dir mi cominci tutto rivolto non credi tu me teco e chio ti guidi Vespero gi col dov sepolto lo corpo dentro al quale io facea ombra Napoli lha e da Brandizio tolto Ora se innanzi a me nulla saombra non ti maravigliar pi che di cieli che luno a laltro raggio non ingombra A sofferir tormenti caldi e geli simili corpi la Virt dispone che come fa non vuol cha noi si sveli Matto chi spera che nostra ragione possa trascorrer la infinita via che tiene una sustanza in tre persone State contenti umana gente al quia ch se potuto aveste veder tutto mestier non era parturir Maria e disiar vedeste sanza frutto tai che sarebbe lor disio quetato chetternalmente dato lor per lutto io dico dAristotile e di Plato e di moltaltri e qui chin la fronte e pi non disse e rimase turbato Noi divenimmo intanto a pi del monte quivi trovammo la roccia s erta che ndarno vi sarien le gambe pronte Tra Lerice e Turba la pi diserta la pi rotta ruina una scala verso di quella agevole e aperta Or chi sa da qual man la costa cala disse l maestro mio fermando l passo s che possa salir chi va sanzala E mentre che tenendo l viso basso essaminava del cammin la mente e io mirava suso intorno al sasso da man sinistra mappar una gente danime che movieno i pi ver noi e non pareva s venian lente Leva dissio maestro li occhi tuoi ecco di qua chi ne dar consiglio se tu da te medesmo aver nol puoi Guard allora e con libero piglio rispuose Andiamo in l chei vegnon piano e tu ferma la spene dolce figlio Ancora era quel popol di lontano i dico dopo i nostri mille passi quanto un buon gittator trarria con mano quando si strinser tutti ai duri massi de lalta ripa e stetter fermi e stretti coma guardar chi va dubbiando stassi O ben finiti o gi spiriti eletti Virgilio incominci per quella pace chi credo che per voi tutti saspetti ditene dove la montagna giace s che possibil sia landare in suso ch perder tempo a chi pi sa pi spiace Come le pecorelle escon del chiuso a una a due a tre e laltre stanno timidette atterrando locchio e l muso e ci che fa la prima e laltre fanno addossandosi a lei sella sarresta semplici e quete e lo mperch non sanno s vidio muovere a venir la testa di quella mandra fortunata allotta pudica in faccia e ne landare onesta Come color dinanzi vider rotta la luce in terra dal mio destro canto s che lombra era da me a la grotta restaro e trasser s in dietro alquanto e tutti li altri che venieno appresso non sappiendo l perch fenno altrettanto Sanza vostra domanda io vi confesso che questo corpo uman che voi vedete per che l lume del sole in terra fesso Non vi maravigliate ma credete che non sanza virt che da ciel vegna cerchi di soverchiar questa parete Cos l maestro e quella gente degna Tornate disse intrate innanzi dunque coi dossi de le man faccendo insegna E un di loro incominci Chiunque tu se cos andando volgi l viso pon mente se di l mi vedesti unque Io mi volsi ver lui e guardail fiso biondo era e bello e di gentile aspetto ma lun de cigli un colpo avea diviso Quandio mi fui umilmente disdetto daverlo visto mai el disse Or vedi e mostrommi una piaga a sommo l petto Poi sorridendo disse Io son Manfredi nepote di Costanza imperadrice ondio ti priego che quando tu riedi vadi a mia bella figlia genitrice de lonor di Cicilia e dAragona e dichi l vero a lei saltro si dice Poscia chio ebbi rotta la persona di due punte mortali io mi rendei piangendo a quei che volontier perdona Orribil furon li peccati miei ma la bont infinita ha s gran braccia che prende ci che si rivolge a lei Se l pastor di Cosenza che a la caccia di me fu messo per Clemente allora avesse in Dio ben letta questa faccia lossa del corpo mio sarieno ancora in co del ponte presso a Benevento sotto la guardia de la grave mora Or le bagna la pioggia e move il vento di fuor dal regno quasi lungo l Verde dove le trasmut a lume spento Per lor maladizion s non si perde che non possa tornar letterno amore mentre che la speranza ha fior del verde Vero che quale in contumacia more di Santa Chiesa ancor chal fin si penta star li convien da questa ripa in fore per ognun tempo chelli stato trenta in sua presunzion se tal decreto pi corto per buon prieghi non diventa Vedi oggimai se tu mi puoi far lieto revelando a la mia buona Costanza come mhai visto e anco esto divieto ch qui per quei di l molto savanza Purgatorio Canto IV Quando per dilettanze o ver per doglie che alcuna virt nostra comprenda lanima bene ad essa si raccoglie par cha nulla potenza pi intenda e questo contra quello error che crede chunanima sovraltra in noi saccenda E per quando sode cosa o vede che tegna forte a s lanima volta vassene l tempo e luom non se navvede chaltra potenza quella che lascolta e altra quella cha lanima intera questa quasi legata e quella sciolta Di ci ebbio esperienza vera udendo quello spirto e ammirando ch ben cinquanta gradi salito era lo sole e io non mera accorto quando venimmo ove quellanime ad una gridaro a noi Qui vostro dimando Maggiore aperta molte volte impruna con una forcatella di sue spine luom de la villa quando luva imbruna che non era la calla onde saline lo duca mio e io appresso soli come da noi la schiera si partne Vassi in Sanleo e discendesi in Noli montasi su in Bismantova n Cacume con esso i pi ma qui convien chom voli dico con lale snelle e con le piume del gran disio di retro a quel condotto che speranza mi dava e facea lume Noi salavam per entro l sasso rotto e dogne lato ne stringea lo stremo e piedi e man volea il suol di sotto Poi che noi fummo in su lorlo suppremo de lalta ripa a la scoperta piaggia Maestro mio dissio che via faremo Ed elli a me Nessun tuo passo caggia pur su al monte dietro a me acquista fin che nappaia alcuna scorta saggia Lo sommo eralto che vincea la vista e la costa superba pi assai che da mezzo quadrante a centro lista Io era lasso quando cominciai O dolce padre volgiti e rimira comio rimango sol se non restai Figliuol mio disse infin quivi ti tira additandomi un balzo poco in se che da quel lato il poggio tutto gira S mi spronaron le parole sue chi mi sforzai carpando appresso lui tanto che l cinghio sotto i pi mi fue A seder ci ponemmo ivi ambedui vlti a levante onderavam saliti che suole a riguardar giovare altrui Li occhi prima drizzai ai bassi liti poscia li alzai al sole e ammirava che da sinistra neravam feriti Ben savvide il poeta chio stava stupido tutto al carro de la luce ove tra noi e Aquilone intrava Ondelli a me Se Castore e Poluce fossero in compagnia di quello specchio che s e gi del suo lume conduce tu vedresti il Zodiaco rubecchio ancora a lOrse pi stretto rotare se non uscisse fuor del cammin vecchio Come ci sia se l vuoi poter pensare dentro raccolto imagina Sin con questo monte in su la terra stare s chamendue hanno un solo orizzn e diversi emisperi onde la strada che mal non seppe carreggiar Fetn vedrai come a costui convien che vada da lun quando a colui da laltro fianco se lo ntelletto tuo ben chiaro bada Certo maestro mio dissio unquanco non vidio chiaro s comio discerno l dove mio ingegno parea manco che l mezzo cerchio del moto superno che si chiama Equatore in alcunarte e che sempre riman tra l sole e l verno per la ragion che di quinci si parte verso settentrion quanto li Ebrei vedevan lui verso la calda parte Ma se a te piace volontier saprei quanto avemo ad andar ch l poggio sale pi che salir non posson li occhi miei Ed elli a me Questa montagna tale che sempre al cominciar di sotto grave e quantom pi va s e men fa male Per quandella ti parr soave tanto che s andar ti fia leggero coma seconda gi andar per nave allor sarai al fin desto sentiero quivi di riposar laffanno aspetta Pi non rispondo e questo so per vero E comelli ebbe sua parola detta una voce di presso son Forse che di sedere in pria avrai distretta Al suon di lei ciascun di noi si torse e vedemmo a mancina un gran petrone del qual n io n ei prima saccorse L ci traemmo e ivi eran persone che si stavano a lombra dietro al sasso come luom per negghienza a star si pone E un di lor che mi sembiava lasso sedeva e abbracciava le ginocchia tenendo l viso gi tra esse basso O dolce segnor mio dissio adocchia colui che mostra s pi negligente che se pigrizia fosse sua serocchia Allor si volse a noi e puose mente movendo l viso pur su per la coscia e disse Or va tu s che se valente Conobbi allor chi era e quella angoscia che mavacciava un poco ancor la lena non mimped landare a lui e poscia cha lui fu giunto alz la testa a pena dicendo Hai ben veduto come l sole da lomero sinistro il carro mena Li atti suoi pigri e le corte parole mosser le labbra mie un poco a riso poi cominciai Belacqua a me non dole di te omai ma dimmi perch assiso quiritto se attendi tu iscorta o pur lo modo usato tha ripriso Ed elli O frate andar in s che porta ch non mi lascerebbe ire a martri langel di Dio che siede in su la porta Prima convien che tanto il ciel maggiri di fuor da essa quanto fece in vita perchio ndugiai al fine i buon sospiri se orazione in prima non maita che surga s di cuor che in grazia viva laltra che val che n ciel non udita E gi il poeta innanzi mi saliva e dicea Vienne omai vedi ch tocco meridian dal sole e a la riva cuopre la notte gi col pi Morrocco Purgatorio Canto V Io era gi da quellombre partito e seguitava lorme del mio duca quando di retro a me drizzando l dito una grid Ve che non par che luca lo raggio da sinistra a quel di sotto e come vivo par che si conduca Li occhi rivolsi al suon di questo motto e vidile guardar per maraviglia pur me pur me e l lume chera rotto Perch lanimo tuo tanto simpiglia disse l maestro che landare allenti che ti fa ci che quivi si pispiglia Vien dietro a me e lascia dir le genti sta come torre ferma che non crolla gi mai la cima per soffiar di venti ch sempre lomo in cui pensier rampolla sovra pensier da s dilunga il segno perch la foga lun de laltro insolla Che potea io ridir se non Io vegno Dissilo alquanto del color consperso che fa luom di perdon talvolta degno E ntanto per la costa di traverso venivan genti innanzi a noi un poco cantando Miserere a verso a verso Quando saccorser chi non dava loco per lo mio corpo al trapassar di raggi mutar lor canto in un oh lungo e roco e due di loro in forma di messaggi corsero incontra noi e dimandarne Di vostra condizion fatene saggi E l mio maestro Voi potete andarne e ritrarre a color che vi mandaro che l corpo di costui vera carne Se per veder la sua ombra restaro comio avviso assai lor risposto fccianli onore ed essere pu lor caro Vapori accesi non vidio s tosto di prima notte mai fender sereno n sol calando nuvole dagosto che color non tornasser suso in meno e giunti l con li altri a noi dier volta come schiera che scorre sanza freno Questa gente che preme a noi molta e vegnonti a pregar disse l poeta per pur va e in andando ascolta O anima che vai per esser lieta con quelle membra con le quai nascesti venian gridando un poco il passo queta Guarda salcun di noi unqua vedesti s che di lui di l novella porti deh perch vai deh perch non tarresti Noi fummo tutti gi per forza morti e peccatori infino a lultima ora quivi lume del ciel ne fece accorti s che pentendo e perdonando fora di vita uscimmo a Dio pacificati che del disio di s veder naccora E io Perch ne vostri visi guati non riconosco alcun ma sa voi piace cosa chio possa spiriti ben nati voi dite e io far per quella pace che dietro a piedi di s fatta guida di mondo in mondo cercar mi si face E uno incominci Ciascun si fida del beneficio tuo sanza giurarlo pur che l voler nonpossa non ricida Ondio che solo innanzi a li altri parlo ti priego se mai vedi quel paese che siede tra Romagna e quel di Carlo che tu mi sie di tuoi prieghi cortese in Fano s che ben per me sadori pur chi possa purgar le gravi offese Quindi fu io ma li profondi fri ondusc l sangue in sul quale io sedea fatti mi fuoro in grembo a li Antenori l dovio pi sicuro esser credea quel da Esti il f far che mavea in ira assai pi l che dritto non volea Ma sio fosse fuggito inver la Mira quando fu sovragiunto ad Oriaco ancor sarei di l dove si spira Corsi al palude e le cannucce e l braco mimpigliar s chi caddi e l vidio de le mie vene farsi in terra laco Poi disse un altro Deh se quel disio si compia che ti tragge a lalto monte con buona pietate aiuta il mio Io fui di Montefeltro io son Bonconte Giovanna o altri non ha di me cura per chio vo tra costor con bassa fronte E io a lui Qual forza o qual ventura ti travi s fuor di Campaldino che non si seppe mai tua sepultura Oh rispuoselli a pi del Casentino traversa unacqua cha nome lArchiano che sovra lErmo nasce in Apennino L ve l vocabol suo diventa vano arriva io forato ne la gola fuggendo a piede e sanguinando il piano Quivi perdei la vista e la parola nel nome di Maria fini e quivi caddi e rimase la mia carne sola Io dir vero e tu l rid tra vivi langel di Dio mi prese e quel dinferno gridava O tu del ciel perch mi privi Tu te ne porti di costui letterno per una lagrimetta che l mi toglie ma io far de laltro altro governo Ben sai come ne laere si raccoglie quellumido vapor che in acqua riede tosto che sale dove l freddo il coglie Giunse quel mal voler che pur mal chiede con lo ntelletto e mosse il fummo e l vento per la virt che sua natura diede Indi la valle come l d fu spento da Pratomagno al gran giogo coperse di nebbia e l ciel di sopra fece intento s che l pregno aere in acqua si converse la pioggia cadde e a fossati venne di lei ci che la terra non sofferse e come ai rivi grandi si convenne ver lo fiume real tanto veloce si ruin che nulla la ritenne Lo corpo mio gelato in su la foce trov lArchian rubesto e quel sospinse ne lArno e sciolse al mio petto la croce chi fe di me quando l dolor mi vinse voltmmi per le ripe e per lo fondo poi di sua preda mi coperse e cinse Deh quando tu sarai tornato al mondo e riposato de la lunga via seguit l terzo spirito al secondo ricorditi di me che son la Pia Siena mi f disfecemi Maremma salsi colui che nnanellata pria disposando mavea con la sua gemma Purgatorio Canto VI Quando si parte il gioco de la zara colui che perde si riman dolente repetendo le volte e tristo impara con laltro se ne va tutta la gente qual va dinanzi e qual di dietro il prende e qual dallato li si reca a mente el non sarresta e questo e quello intende a cui porge la man pi non fa pressa e cos da la calca si difende Tal era io in quella turba spessa volgendo a loro e qua e l la faccia e promettendo mi sciogliea da essa Quivera lAretin che da le braccia fiere di Ghin di Tacco ebbe la morte e laltro channeg correndo in caccia Quivi pregava con le mani sporte Federigo Novello e quel da Pisa che f parer lo buon Marzucco forte Vidi conte Orso e lanima divisa dal corpo suo per astio e per inveggia come dicea non per colpa commisa Pier da la Broccia dico e qui proveggia mentr di qua la donna di Brabante s che per non sia di peggior greggia Come libero fui da tutte quante quellombre che pregar pur chaltri prieghi s che savacci lor divenir sante io cominciai El par che tu mi nieghi o luce mia espresso in alcun testo che decreto del cielo orazion pieghi e questa gente prega pur di questo sarebbe dunque loro speme vana o non m l detto tuo ben manifesto Ed elli a me La mia scrittura piana e la speranza di costor non falla se ben si guarda con la mente sana ch cima di giudicio non savvalla perch foco damor compia in un punto ci che de sodisfar chi qui sastalla e l dovio fermai cotesto punto non sammendava per pregar difetto perch l priego da Dio era disgiunto Veramente a cos alto sospetto non ti fermar se quella nol ti dice che lume fia tra l vero e lo ntelletto Non so se ntendi io dico di Beatrice tu la vedrai di sopra in su la vetta di questo monte ridere e felice E io Segnore andiamo a maggior fretta ch gi non maffatico come dianzi e vedi omai che l poggio lombra getta Noi anderem con questo giorno innanzi rispuose quanto pi potremo omai ma l fatto daltra forma che non stanzi Prima che sie l s tornar vedrai colui che gi si cuopre de la costa s che suoi raggi tu romper non fai Ma vedi l unanima che posta sola soletta inverso noi riguarda quella ne nsegner la via pi tosta Venimmo a lei o anima lombarda come ti stavi altera e disdegnosa e nel mover de li occhi onesta e tarda Ella non ci dicea alcuna cosa ma lasciavane gir solo sguardando a guisa di leon quando si posa Pur Virgilio si trasse a lei pregando che ne mostrasse la miglior salita e quella non rispuose al suo dimando ma di nostro paese e de la vita ci nchiese e l dolce duca incominciava Mantua e lombra tutta in s romita surse ver lui del loco ove pria stava dicendo O Mantoano io son Sordello de la tua terra e lun laltro abbracciava Ahi serva Italia di dolore ostello nave sanza nocchiere in gran tempesta non donna di province ma bordello Quellanima gentil fu cos presta sol per lo dolce suon de la sua terra di fare al cittadin suo quivi festa e ora in te non stanno sanza guerra li vivi tuoi e lun laltro si rode di quei chun muro e una fossa serra Cerca misera intorno da le prode le tue marine e poi ti guarda in seno salcuna parte in te di pace gode Che val perch ti racconciasse il freno Iustiniano se la sella vota Sanzesso fora la vergogna meno Ahi gente che dovresti esser devota e lasciar seder Cesare in la sella se bene intendi ci che Dio ti nota guarda come esta fiera fatta fella per non esser corretta da li sproni poi che ponesti mano a la predella O Alberto tedesco chabbandoni costei ch fatta indomita e selvaggia e dovresti inforcar li suoi arcioni giusto giudicio da le stelle caggia sovra l tuo sangue e sia novo e aperto tal che l tuo successor temenza naggia Chavete tu e l tuo padre sofferto per cupidigia di cost distretti che l giardin de lo mperio sia diserto Vieni a veder Montecchi e Cappelletti Monaldi e Filippeschi uom sanza cura color gi tristi e questi con sospetti Vien crudel vieni e vedi la pressura di tuoi gentili e cura lor magagne e vedrai Santafior com oscura Vieni a veder la tua Roma che piagne vedova e sola e d e notte chiama Cesare mio perch non maccompagne Vieni a veder la gente quanto sama e se nulla di noi piet ti move a vergognar ti vien de la tua fama E se licito m o sommo Giove che fosti in terra per noi crucifisso son li giusti occhi tuoi rivolti altrove O preparazion che ne labisso del tuo consiglio fai per alcun bene in tutto de laccorger nostro scisso Ch le citt dItalia tutte piene son di tiranni e un Marcel diventa ogne villan che parteggiando viene Fiorenza mia ben puoi esser contenta di questa digression che non ti tocca merc del popol tuo che si argomenta Molti han giustizia in cuore e tardi scocca per non venir sanza consiglio a larco ma il popol tuo lha in sommo de la bocca Molti rifiutan lo comune incarco ma il popol tuo solicito risponde sanza chiamare e grida I mi sobbarco Or ti fa lieta ch tu hai ben onde tu ricca tu con pace e tu con senno Sio dico l ver leffetto nol nasconde Atene e Lacedemona che fenno lantiche leggi e furon s civili fecero al viver bene un picciol cenno verso di te che fai tanto sottili provedimenti cha mezzo novembre non giugne quel che tu dottobre fili Quante volte del tempo che rimembre legge moneta officio e costume hai tu mutato e rinovate membre E se ben ti ricordi e vedi lume vedrai te somigliante a quella inferma che non pu trovar posa in su le piume ma con dar volta suo dolore scherma Purgatorio Canto VII Poscia che laccoglienze oneste e liete furo iterate tre e quattro volte Sordel si trasse e disse Voi chi siete Anzi che a questo monte fosser volte lanime degne di salire a Dio fur lossa mie per Ottavian sepolte Io son Virgilio e per nullaltro rio lo ciel perdei che per non aver f Cos rispuose allora il duca mio Qual colui che cosa innanzi s sbita vede onde si maraviglia che crede e non dicendo Ella non tal parve quelli e poi chin le ciglia e umilmente ritorn ver lui e abbraccil l ve l minor sappiglia O gloria di Latin disse per cui mostr ci che potea la lingua nostra o pregio etterno del loco ondio fui qual merito o qual grazia mi ti mostra Sio son dudir le tue parole degno dimmi se vien dinferno e di qual chiostra Per tutti cerchi del dolente regno rispuose lui son io di qua venuto virt del ciel mi mosse e con lei vegno Non per far ma per non fare ho perduto a veder lalto Sol che tu disiri e che fu tardi per me conosciuto Luogo l gi non tristo di martri ma di tenebre solo ove i lamenti non suonan come guai ma son sospiri Quivi sto io coi pargoli innocenti dai denti morsi de la morte avante che fosser da lumana colpa essenti quivi sto io con quei che le tre sante virt non si vestiro e sanza vizio conobber laltre e seguir tutte quante Ma se tu sai e puoi alcuno indizio d noi per che venir possiam pi tosto l dove purgatorio ha dritto inizio Rispuose Loco certo non c posto licito m andar suso e intorno per quanto ir posso a guida mi taccosto Ma vedi gi come dichina il giorno e andar s di notte non si puote per buon pensar di bel soggiorno Anime sono a destra qua remote se mi consenti io ti merr ad esse e non sanza diletto ti fier note Com ci fu risposto Chi volesse salir di notte fora elli impedito daltrui o non sarria ch non potesse E l buon Sordello in terra freg l dito dicendo Vedi sola questa riga non varcheresti dopo l sol partito non per chaltra cosa desse briga che la notturna tenebra ad ir suso quella col nonpoder la voglia intriga Ben si poria con lei tornare in giuso e passeggiar la costa intorno errando mentre che lorizzonte il d tien chiuso Allora il mio segnor quasi ammirando Menane disse dunque l ve dici chaver si pu diletto dimorando Poco allungati ceravam di lici quandio maccorsi che l monte era scemo a guisa che i vallon li sceman quici Col disse quellombra nanderemo dove la costa face di s grembo e l il novo giorno attenderemo Tra erto e piano era un sentiero schembo che ne condusse in fianco de la lacca l dove pi cha mezzo muore il lembo Oro e argento fine cocco e biacca indaco legno lucido e sereno fresco smeraldo in lora che si fiacca da lerba e da li fior dentra quel seno posti ciascun saria di color vinto come dal suo maggiore vinto il meno Non avea pur natura ivi dipinto ma di soavit di mille odori vi facea uno incognito e indistinto Salve Regina in sul verde e n su fiori quindi seder cantando anime vidi che per la valle non parean di fuori Prima che l poco sole omai sannidi cominci l Mantoan che ci avea vlti tra color non vogliate chio vi guidi Di questo balzo meglio li atti e volti conoscerete voi di tutti quanti che ne la lama gi tra essi accolti Colui che pi siede alto e fa sembianti daver negletto ci che far dovea e che non move bocca a li altrui canti Rodolfo imperador fu che potea sanar le piaghe channo Italia morta s che tardi per altri si ricrea Laltro che ne la vista lui conforta resse la terra dove lacqua nasce che Molta in Albia e Albia in mar ne porta Ottacchero ebbe nome e ne le fasce fu meglio assai che Vincislao suo figlio barbuto cui lussuria e ozio pasce E quel nasetto che stretto a consiglio par con colui cha s benigno aspetto mor fuggendo e disfiorando il giglio guardate l come si batte il petto Laltro vedete cha fatto a la guancia de la sua palma sospirando letto Padre e suocero son del mal di Francia sanno la vita sua viziata e lorda e quindi viene il duol che s li lancia Quel che par s membruto e che saccorda cantando con colui dal maschio naso dogne valor port cinta la corda e se re dopo lui fosse rimaso lo giovanetto che retro a lui siede ben andava il valor di vaso in vaso che non si puote dir de laltre rede Iacomo e Federigo hanno i reami del retaggio miglior nessun possiede Rade volte risurge per li rami lumana probitate e questo vole quei che la d perch da lui si chiami Anche al nasuto vanno mie parole non men cha laltro Pier che con lui canta onde Puglia e Proenza gi si dole Tant del seme suo minor la pianta quanto pi che Beatrice e Margherita Costanza di marito ancor si vanta Vedete il re de la semplice vita seder l solo Arrigo dInghilterra questi ha ne rami suoi migliore uscita Quel che pi basso tra costor satterra guardando in suso Guiglielmo marchese per cui e Alessandria e la sua guerra fa pianger Monferrato e Canavese Purgatorio Canto VIII Era gi lora che volge il disio ai navicanti e ntenerisce il core lo d chan detto ai dolci amici addio e che lo novo peregrin damore punge se ode squilla di lontano che paia il giorno pianger che si more quandio incominciai a render vano ludire e a mirare una de lalme surta che lascoltar chiedea con mano Ella giunse e lev ambo le palme ficcando li occhi verso loriente come dicesse a Dio Daltro non calme Te lucis ante s devotamente le usco di bocca e con s dolci note che fece me a me uscir di mente e laltre poi dolcemente e devote seguitar lei per tutto linno intero avendo li occhi a le superne rote Aguzza qui lettor ben li occhi al vero ch l velo ora ben tanto sottile certo che l trapassar dentro leggero Io vidi quello essercito gentile tacito poscia riguardare in se quasi aspettando palido e umle e vidi uscir de lalto e scender gie due angeli con due spade affocate tronche e private de le punte sue Verdi come fogliette pur mo nate erano in veste che da verdi penne percosse traean dietro e ventilate Lun poco sovra noi a star si venne e laltro scese in lopposita sponda s che la gente in mezzo si contenne Ben discernea in lor la testa bionda ma ne la faccia locchio si smarria come virt cha troppo si confonda Ambo vegnon del grembo di Maria disse Sordello a guardia de la valle per lo serpente che verr vie via Ondio che non sapeva per qual calle mi volsi intorno e stretto maccostai tutto gelato a le fidate spalle E Sordello anco Or avvalliamo omai tra le grandi ombre e parleremo ad esse grazioso fia lor vedervi assai Solo tre passi credo chi scendesse e fui di sotto e vidi un che mirava pur me come conoscer mi volesse Tempera gi che laere sannerava ma non s che tra li occhi suoi e miei non dichiarisse ci che pria serrava Ver me si fece e io ver lui mi fei giudice Nin gentil quanto mi piacque quando ti vidi non esser tra rei Nullo bel salutar tra noi si tacque poi dimand Quant che tu venisti a pi del monte per le lontane acque Oh dissio lui per entro i luoghi tristi venni stamane e sono in prima vita ancor che laltra s andando acquisti E come fu la mia risposta udita Sordello ed elli in dietro si raccolse come gente di sbito smarrita Luno a Virgilio e laltro a un si volse che sedea l gridandoS Currado vieni a veder che Dio per grazia volse Poi vlto a me Per quel singular grado che tu dei a colui che s nasconde lo suo primo perch che non l guado quando sarai di l da le larghe onde d a Giovanna mia che per me chiami l dove a li nnocenti si risponde Non credo che la sua madre pi mami poscia che trasmut le bianche bende le quai convien che misera ancor brami Per lei assai di lieve si comprende quanto in femmina foco damor dura se locchio o l tatto spesso non laccende Non le far s bella sepultura la vipera che Melanesi accampa comavria fatto il gallo di Gallura Cos dicea segnato de la stampa nel suo aspetto di quel dritto zelo che misuratamente in core avvampa Li occhi miei ghiotti andavan pur al cielo pur l dove le stelle son pi tarde s come rota pi presso a lo stelo E l duca mio Figliuol che l s guarde E io a lui A quelle tre facelle di che l polo di qua tutto quanto arde Ondelli a me Le quattro chiare stelle che vedevi staman son di l basse e queste son salite overan quelle Comei parlava e Sordello a s il trasse dicendoVedi l l nostro avversaro e drizz il dito perch n l guardasse Da quella parte onde non ha riparo la picciola vallea era una biscia forse qual diede ad Eva il cibo amaro Tra lerba e fior vena la mala striscia volgendo ad ora ad or la testa e l dosso leccando come bestia che si liscia Io non vidi e per dicer non posso come mosser li astor celestiali ma vidi bene e luno e laltro mosso Sentendo fender laere a le verdi ali fugg l serpente e li angeli dier volta suso a le poste rivolando iguali Lombra che sera al giudice raccolta quando chiam per tutto quello assalto punto non fu da me guardare sciolta Se la lucerna che ti mena in alto truovi nel tuo arbitrio tanta cera quant mestiere infino al sommo smalto cominci ella se novella vera di Val di Magra o di parte vicina sai dillo a me che gi grande l era Fui chiamato Currado Malaspina non son lantico ma di lui discesi a miei portai lamor che qui raffina Oh dissio lui per li vostri paesi gi mai non fui ma dove si dimora per tutta Europa chei non sien palesi La fama che la vostra casa onora grida i segnori e grida la contrada s che ne sa chi non vi fu ancora e io vi giuro sio di sopra vada che vostra gente onrata non si sfregia del pregio de la borsa e de la spada Uso e natura s la privilegia che perch il capo reo il mondo torca sola va dritta e l mal cammin dispregia Ed elli Or va che l sol non si ricorca sette volte nel letto che l Montone con tutti e quattro i pi cuopre e inforca che cotesta cortese oppinione ti fia chiavata in mezzo de la testa con maggior chiovi che daltrui sermone se corso di giudicio non sarresta Purgatorio Canto I La concubina di Titone antico gi simbiancava al balco doriente fuor de le braccia del suo dolce amico di gemme la sua fronte era lucente poste in figura del freddo animale che con la coda percuote la gente e la notte de passi con che sale fatti avea due nel loco overavamo e l terzo gi chinava in giuso lale quandio che meco avea di quel dAdamo vinto dal sonno in su lerba inchinai l ve gi tutti e cinque sedavamo Ne lora che comincia i tristi lai la rondinella presso a la mattina forse a memoria de suo primi guai e che la mente nostra peregrina pi da la carne e men da pensier presa a le sue vision quasi divina in sogno mi parea veder sospesa unaguglia nel ciel con penne doro con lali aperte e a calare intesa ed esser mi parea l dove fuoro abbandonati i suoi da Ganimede quando fu ratto al sommo consistoro Fra me pensava Forse questa fiede pur qui per uso e forse daltro loco disdegna di portarne suso in piede Poi mi parea che poi rotata un poco terribil come folgor discendesse e me rapisse suso infino al foco Ivi parea che ella e io ardesse e s lo ncendio imaginato cosse che convenne che l sonno si rompesse Non altrimenti Achille si riscosse li occhi svegliati rivolgendo in giro e non sappiendo l dove si fosse quando la madre da Chirn a Schiro trafugg lui dormendo in le sue braccia l onde poi li Greci il dipartiro che mi scossio s come da la faccia mi fugg l sonno e diventa ismorto come fa luom che spaventato agghiaccia Dallato mera solo il mio conforto e l sole eralto gi pi che due ore e l viso mera a la marina torto Non aver tema disse il mio segnore fatti sicur ch noi semo a buon punto non stringer ma rallarga ogne vigore Tu se omai al purgatorio giunto vedi l il balzo che l chiude dintorno vedi lentrata l ve par digiunto Dianzi ne lalba che procede al giorno quando lanima tua dentro dormia sovra li fiori ond l gi addorno venne una donna e disse I son Lucia lasciatemi pigliar costui che dorme s lagevoler per la sua via Sordel rimase e laltre genti forme ella ti tolse e come l d fu chiaro sen venne suso e io per le sue orme Qui ti pos ma pria mi dimostraro li occhi suoi belli quella intrata aperta poi ella e l sonno ad una se nandaro A guisa duom che n dubbio si raccerta e che muta in conforto sua paura poi che la verit li discoperta mi cambia io e come sanza cura vide me l duca mio su per lo balzo si mosse e io di rietro inver laltura Lettor tu vedi ben comio innalzo la mia matera e per con pi arte non ti maravigliar sio la rincalzo Noi ci appressammo ed eravamo in parte che l dove pareami prima rotto pur come un fesso che muro diparte vidi una porta e tre gradi di sotto per gire ad essa di color diversi e un portier chancor non facea motto E come locchio pi e pi vapersi vidil seder sovra l grado sovrano tal ne la faccia chio non lo soffersi e una spada nuda avea in mano che reflettea i raggi s ver noi chio drizzava spesso il viso in vano Dite costinci che volete voi cominci elli a dire ov la scorta Guardate che l venir s non vi ni Donna del ciel di queste cose accorta rispuose l mio maestro a lui pur dianzi ne disse Andate l quivi la porta Ed ella i passi vostri in bene avanzi ricominci il cortese portinaio Venite dunque a nostri gradi innanzi L ne venimmo e lo scaglion primaio bianco marmo era s pulito e terso chio mi specchiai in esso qual io paio Era il secondo tinto pi che perso duna petrina ruvida e arsiccia crepata per lo lungo e per traverso Lo terzo che di sopra sammassiccia porfido mi parea s fiammeggiante come sangue che fuor di vena spiccia Sovra questo tenea ambo le piante langel di Dio sedendo in su la soglia che mi sembiava pietra di diamante Per li tre gradi s di buona voglia mi trasse il duca mio dicendo Chiedi umilemente che l serrame scioglia Divoto mi gittai a santi piedi misericordia chiesi e chel maprisse ma tre volte nel petto pria mi diedi Sette P ne la fronte mi descrisse col punton de la spada e Fa che lavi quando se dentro queste piaghe disse Cenere o terra che secca si cavi dun color fora col suo vestimento e di sotto da quel trasse due chiavi Luna era doro e laltra era dargento pria con la bianca e poscia con la gialla fece a la porta s chi fu contento Quandunque luna deste chiavi falla che non si volga dritta per la toppa disselli a noi non sapre questa calla Pi cara luna ma laltra vuol troppa darte e dingegno avanti che diserri perchella quella che l nodo digroppa Da Pier le tegno e dissemi chi erri anzi ad aprir cha tenerla serrata pur che la gente a piedi mi satterri Poi pinse luscio a la porta sacrata dicendo Intrate ma facciovi accorti che di fuor torna chi n dietro si guata E quando fuor ne cardini distorti li spigoli di quella regge sacra che di metallo son sonanti e forti non rugghi s n si mostr s acra Tarpea come tolto le fu il buono Metello per che poi rimase macra Io mi rivolsi attento al primo tuono e Te Deum laudamus mi parea udire in voce mista al dolce suono Tale imagine a punto mi rendea ci chio udiva qual prender si suole quando a cantar con organi si stea chor s or no sintendon le parole Purgatorio Canto Poi fummo dentro al soglio de la porta che l mal amor de lanime disusa perch fa parer dritta la via torta sonando la senti esser richiusa e sio avesse li occhi vlti ad essa qual fora stata al fallo degna scusa Noi salavam per una pietra fessa che si moveva e duna e daltra parte s come londa che fugge e sappressa Qui si conviene usare un poco darte cominci l duca mio in accostarsi or quinci or quindi al lato che si parte E questo fece i nostri passi scarsi tanto che pria lo scemo de la luna rigiunse al letto suo per ricorcarsi che noi fossimo fuor di quella cruna ma quando fummo liberi e aperti s dove il monte in dietro si rauna io stancato e amendue incerti di nostra via restammo in su un piano solingo pi che strade per diserti Da la sua sponda ove confina il vano al pi de lalta ripa che pur sale misurrebbe in tre volte un corpo umano e quanto locchio mio potea trar dale or dal sinistro e or dal destro fianco questa cornice mi parea cotale L s non eran mossi i pi nostri anco quandio conobbi quella ripa intorno che dritto di salita aveva manco esser di marmo candido e addorno dintagli s che non pur Policleto ma la natura l avrebbe scorno Langel che venne in terra col decreto de la moltanni lagrimata pace chaperse il ciel del suo lungo divieto dinanzi a noi pareva s verace quivi intagliato in un atto soave che non sembiava imagine che tace Giurato si saria chel dicesse Ave perch ivera imaginata quella chad aprir lalto amor volse la chiave e avea in atto impressa esta favella Ecce ancilla Dei propriamente come figura in cera si suggella Non tener pur ad un loco la mente disse l dolce maestro che mavea da quella parte onde l cuore ha la gente Per chi mi mossi col viso e vedea di retro da Maria da quella costa onde mera colui che mi movea unaltra storia ne la roccia imposta per chio varcai Virgilio e femi presso acci che fosse a li occhi miei disposta Era intagliato l nel marmo stesso lo carro e buoi traendo larca santa per che si teme officio non commesso Dinanzi parea gente e tutta quanta partita in sette cori a due mie sensi faceva dir lun No laltro S canta Similemente al fummo de li ncensi che vera imaginato li occhi e l naso e al s e al no discordi fensi L precedeva al benedetto vaso trescando alzato lumile salmista e pi e men che re era in quel caso Di contra effigiata ad una vista dun gran palazzo Micl ammirava s come donna dispettosa e trista I mossi i pi del loco dovio stava per avvisar da presso unaltra istoria che di dietro a Micl mi biancheggiava Quivera storiata lalta gloria del roman principato il cui valore mosse Gregorio a la sua gran vittoria i dico di Traiano imperadore e una vedovella li era al freno di lagrime atteggiata e di dolore Intorno a lui parea calcato e pieno di cavalieri e laguglie ne loro sovressi in vista al vento si movieno La miserella intra tutti costoro pareva dir Segnor fammi vendetta di mio figliuol ch morto ondio maccoro ed elli a lei rispondere Or aspetta tanto chi torni e quella Segnor mio come persona in cui dolor saffretta se tu non torni ed ei Chi fia dovio la ti far ed ella Laltrui bene a te che fia se l tuo metti in oblio ondelli Or ti conforta chei convene chi solva il mio dovere anzi chi mova giustizia vuole e piet mi ritene Colui che mai non vide cosa nova produsse esto visibile parlare novello a noi perch qui non si trova Mentrio mi dilettava di guardare limagini di tante umilitadi e per lo fabbro loro a veder care Ecco di qua ma fanno i passi radi mormorava il poeta molte genti questi ne nvieranno a li alti gradi Li occhi miei cha mirare eran contenti per veder novitadi onde son vaghi volgendosi ver lui non furon lenti Non vo per lettor che tu ti smaghi di buon proponimento per udire come Dio vuol che l debito si paghi Non attender la forma del martre pensa la succession pensa chal peggio oltre la gran sentenza non pu ire Io cominciai Maestro quel chio veggio muovere a noi non mi sembian persone e non so che s nel veder vaneggio Ed elli a me La grave condizione di lor tormento a terra li rannicchia s che miei occhi pria nebber tencione Ma guarda fiso l e disviticchia col viso quel che vien sotto a quei sassi gi scorger puoi come ciascun si picchia O superbi cristian miseri lassi che de la vista de la mente infermi fidanza avete ne retrosi passi non vaccorgete voi che noi siam vermi nati a formar langelica farfalla che vola a la giustizia sanza schermi Di che lanimo vostro in alto galla poi siete quasi antomata in difetto s come vermo in cui formazion falla Come per sostentar solaio o tetto per mensola talvolta una figura si vede giugner le ginocchia al petto la qual fa del non ver vera rancura nascere n chi la vede cos fatti vidio color quando puosi ben cura Vero che pi e meno eran contratti secondo chavien pi e meno a dosso e qual pi pazienza avea ne li atti piangendo parea dicer Pi non posso Purgatorio Canto I O Padre nostro che ne cieli stai non circunscritto ma per pi amore chai primi effetti di l s tu hai laudato sia l tuo nome e l tuo valore da ogni creatura com degno di render grazie al tuo dolce vapore Vegna ver noi la pace del tuo regno ch noi ad essa non potem da noi sella non vien con tutto nostro ingegno Come del suo voler li angeli tuoi fan sacrificio a te cantando osanna cos facciano li uomini de suoi D oggi a noi la cotidiana manna sanza la qual per questo aspro diserto a retro va chi pi di gir saffanna E come noi lo mal chavem sofferto perdoniamo a ciascuno e tu perdona benigno e non guardar lo nostro merto Nostra virt che di legger sadona non spermentar con lantico avversaro ma libera da lui che s la sprona Questultima preghiera segnor caro gi non si fa per noi ch non bisogna ma per color che dietro a noi restaro Cos a s e noi buona ramogna quellombre orando andavan sotto l pondo simile a quel che tal volta si sogna disparmente angosciate tutte a tondo e lasse su per la prima cornice purgando la caligine del mondo Se di l sempre ben per noi si dice di qua che dire e far per lor si puote da quei chhanno al voler buona radice Ben si de loro atar lavar le note che portar quinci s che mondi e lievi possano uscire a le stellate ruote Deh se giustizia e piet vi disgrievi tosto s che possiate muover lala che secondo il disio vostro vi lievi mostrate da qual mano inver la scala si va pi corto e se c pi dun varco quel ne nsegnate che men erto cala ch questi che vien meco per lo ncarco de la carne dAdamo onde si veste al montar s contra sua voglia parco Le lor parole che rendero a queste che dette avea colui cu io seguiva non fur da cui venisser manifeste ma fu detto A man destra per la riva con noi venite e troverete il passo possibile a salir persona viva E sio non fossi impedito dal sasso che la cervice mia superba doma onde portar convienmi il viso basso cotesti chancor vive e non si noma guardere io per veder si l conosco e per farlo pietoso a questa soma Io fui latino e nato dun gran Tosco Guiglielmo Aldobrandesco fu mio padre non so se l nome suo gi mai fu vosco Lantico sangue e lopere leggiadre di miei maggior mi fer s arrogante che non pensando a la comune madre ognuomo ebbi in despetto tanto avante chio ne mori come i Sanesi sanno e sallo in Campagnatico ogne fante Io sono Omberto e non pur a me danno superbia fa ch tutti miei consorti ha ella tratti seco nel malanno E qui convien chio questo peso porti per lei tanto che a Dio si sodisfaccia poi chio nol fe tra vivi qui tra morti Ascoltando chinai in gi la faccia e un di lor non questi che parlava si torse sotto il peso che li mpaccia e videmi e conobbemi e chiamava tenendo li occhi con fatica fisi a me che tutto chin con loro andava Oh dissio lui non se tu Oderisi lonor dAgobbio e lonor di quellarte challuminar chiamata in Parisi Frate disselli pi ridon le carte che pennelleggia Franco Bolognese lonore tutto or suo e mio in parte Ben non sare io stato s cortese mentre chio vissi per lo gran disio de leccellenza ove mio core intese Di tal superbia qui si paga il fio e ancor non sarei qui se non fosse che possendo peccar mi volsi a Dio Oh vana gloria de lumane posse compoco verde in su la cima dura se non giunta da letati grosse Credette Cimabue ne la pittura tener lo campo e ora ha Giotto il grido s che la fama di colui scura cos ha tolto luno a laltro Guido la gloria de la lingua e forse nato chi luno e laltro caccer del nido Non il mondan romore altro chun fiato di vento chor vien quinci e or vien quindi e muta nome perch muta lato Che voce avrai tu pi se vecchia scindi da te la carne che se fossi morto anzi che tu lasciassi il pappo e l dindi pria che passin millanni ch pi corto spazio a letterno chun muover di ciglia al cerchio che pi tardi in cielo torto Colui che del cammin s poco piglia dinanzi a me Toscana son tutta e ora a pena in Siena sen pispiglia ondera sire quando fu distrutta la rabbia fiorentina che superba fu a quel tempo s comora putta La vostra nominanza color derba che viene e va e quei la discolora per cui ella esce de la terra acerba E io a lui Tuo vero dir mincora bona umilt e gran tumor mappiani ma chi quei di cui tu parlavi ora Quelli rispuose Provenzan Salvani ed qui perch fu presuntuoso a recar Siena tutta a le sue mani Ito cos e va sanza riposo poi che mor cotal moneta rende a sodisfar chi di l troppo oso E io Se quello spirito chattende pria che si penta lorlo de la vita qua gi dimora e qua s non ascende se buona orazion lui non aita prima che passi tempo quanto visse come fu la venuta lui largita Quando vivea pi glorioso disse liberamente nel Campo di Siena ogne vergogna diposta saffisse e l per trar lamico suo di pena che sostenea ne la prigion di Carlo si condusse a tremar per ogne vena Pi non dir e scuro so che parlo ma poco tempo andr che tuoi vicini faranno s che tu potrai chiosarlo Questopera li tolse quei confini Purgatorio Canto II Di pari come buoi che vanno a giogo mandava io con quellanima carca fin che l sofferse il dolce pedagogo Ma quando disse Lascia lui e varca ch qui buono con lali e coi remi quantunque pu ciascun pinger sua barca dritto s come andar vuolsi rifemi con la persona avvegna che i pensieri mi rimanessero e chinati e scemi Io mera mosso e seguia volontieri del mio maestro i passi e amendue gi mostravam comeravam leggeri ed el mi disse Volgi li occhi in gie buon ti sar per tranquillar la via veder lo letto de le piante tue Come perch di lor memoria sia sovra i sepolti le tombe terragne portan segnato quel chelli eran pria onde l molte volte si ripiagne per la puntura de la rimembranza che solo a pii d de le calcagne s vidio l ma di miglior sembianza secondo lartificio figurato quanto per via di fuor del monte avanza Vedea colui che fu nobil creato pi chaltra creatura gi dal cielo folgoreggiando scender da lun lato Vedea Briareo fitto dal telo celestial giacer da laltra parte grave a la terra per lo mortal gelo Vedea Timbreo vedea Pallade e Marte armati ancora intorno al padre loro mirar le membra di Giganti sparte Vedea Nembrt a pi del gran lavoro quasi smarrito e riguardar le genti che n Sennar con lui superbi fuoro O Niob con che occhi dolenti vedea io te segnata in su la strada tra sette e sette tuoi figliuoli spenti O Sal come in su la propria spada quivi parevi morto in Gelbo che poi non sent pioggia n rugiada O folle Aragne s vedea io te gi mezza ragna trista in su li stracci de lopera che mal per te si f O Robom gi non par che minacci quivi l tuo segno ma pien di spavento nel porta un carro sanza chaltri il cacci Mostrava ancor lo duro pavimento come Almeon a sua madre f caro parer lo sventurato addornamento Mostrava come i figli si gittaro sovra Sennacherb dentro dal tempio e come morto lui quivi il lasciaro Mostrava la ruina e l crudo scempio che f Tamiri quando disse a Ciro Sangue sitisti e io di sangue tempio Mostrava come in rotta si fuggiro li Assiri poi che fu morto Oloferne e anche le reliquie del martiro Vedeva Troia in cenere e in caverne o Ilin come te basso e vile mostrava il segno che l si discerne Qual di pennel fu maestro o di stile che ritraesse lombre e tratti chivi mirar farieno uno ingegno sottile Morti li morti e i vivi parean vivi non vide mei di me chi vide il vero quantio calcai fin che chinato givi Or superbite e via col viso altero figliuoli dEva e non chinate il volto s che veggiate il vostro mal sentero Pi era gi per noi del monte vlto e del cammin del sole assai pi speso che non stimava lanimo non sciolto quando colui che sempre innanzi atteso andava cominci Drizza la testa non pi tempo di gir s sospeso Vedi col un angel che sappresta per venir verso noi vedi che torna dal servigio del d lancella sesta Di reverenza il viso e li atti addorna s che i diletti lo nviarci in suso pensa che questo d mai non raggiorna Io era ben del suo ammonir uso pur di non perder tempo s che n quella materia non potea parlarmi chiuso A noi vena la creatura bella biancovestito e ne la faccia quale par tremolando mattutina stella Le braccia aperse e indi aperse lale disse Venite qui son presso i gradi e agevolemente omai si sale A questo invito vegnon molto radi o gente umana per volar s nata perch a poco vento cos cadi Menocci ove la roccia era tagliata quivi mi batt lali per la fronte poi mi promise sicura landata Come a man destra per salire al monte dove siede la chiesa che soggioga la ben guidata sopra Rubaconte si rompe del montar lardita foga per le scalee che si fero ad etade chera sicuro il quaderno e la doga cos sallenta la ripa che cade quivi ben ratta da laltro girone ma quinci e quindi lalta pietra rade Noi volgendo ivi le nostre persone Beati pauperes spiritu voci cantaron s che nol diria sermone Ahi quanto son diverse quelle foci da linfernali ch quivi per canti sentra e l gi per lamenti feroci Gi montavam su per li scaglion santi ed esser mi parea troppo pi lieve che per lo pian non mi parea davanti Ondio Maestro d qual cosa greve levata s da me che nulla quasi per me fatica andando si riceve Rispuose Quando i P che son rimasi ancor nel volto tuo presso che stinti saranno com lun del tutto rasi fier li tuoi pi dal buon voler s vinti che non pur non fatica sentiranno ma fia diletto loro esser s pinti Allor fecio come color che vanno con cosa in capo non da lor saputa se non che cenni altrui sospecciar fanno per che la mano ad accertar saiuta e cerca e truova e quello officio adempie che non si pu fornir per la veduta e con le dita de la destra scempie trovai pur sei le lettere che ncise quel da le chiavi a me sovra le tempie a che guardando il mio duca sorrise Purgatorio Canto III Noi eravamo al sommo de la scala dove secondamente si risega lo monte che salendo altrui dismala Ivi cos una cornice lega dintorno il poggio come la primaia se non che larco suo pi tosto piega Ombra non l n segno che si paia parsi la ripa e parsi la via schietta col livido color de la petraia Se qui per dimandar gente saspetta ragionava il poeta io temo forse che troppo avr dindugio nostra eletta Poi fisamente al sole li occhi porse fece del destro lato a muover centro e la sinistra parte di s torse O dolce lume a cui fidanza i entro per lo novo cammin tu ne conduci dicea come condur si vuol quincentro Tu scaldi il mondo tu sovresso luci saltra ragione in contrario non ponta esser dien sempre li tuoi raggi duci Quanto di qua per un migliaio si conta tanto di l eravam noi gi iti con poco tempo per la voglia pronta e verso noi volar furon sentiti non per visti spiriti parlando a la mensa damor cortesi inviti La prima voce che pass volando Vinum non habent altamente disse e dietro a noi land reiterando E prima che del tutto non si udisse per allungarsi unaltra I sono Oreste pass gridando e anco non saffisse Oh dissio padre che voci son queste E comio domandai ecco la terza dicendo Amate da cui male aveste E l buon maestro Questo cinghio sferza la colpa de la invidia e per sono tratte damor le corde de la ferza Lo fren vuol esser del contrario suono credo che ludirai per mio avviso prima che giunghi al passo del perdono Ma ficca li occhi per laere ben fiso e vedrai gente innanzi a noi sedersi e ciascuno lungo la grotta assiso Allora pi che prima li occhi apersi guardami innanzi e vidi ombre con manti al color de la pietra non diversi E poi che fummo un poco pi avanti udia gridar Maria ra per noi gridar Michele e Pietro e Tutti santi Non credo che per terra vada ancoi omo s duro che non fosse punto per compassion di quel chi vidi poi ch quando fui s presso di lor giunto che li atti loro a me venivan certi per li occhi fui di grave dolor munto Di vil ciliccio mi parean coperti e lun sofferia laltro con la spalla e tutti da la ripa eran sofferti Cos li ciechi a cui la roba falla stanno a perdoni a chieder lor bisogna e luno il capo sopra laltro avvalla perch n altrui piet tosto si pogna non pur per lo sonar de le parole ma per la vista che non meno agogna E come a li orbi non approda il sole cos a lombre quivi ondio parlo ora luce del ciel di s largir non vole ch a tutti un fil di ferro i cigli fra e cusce s come a sparvier selvaggio si fa per che queto non dimora A me pareva andando fare oltraggio veggendo altrui non essendo veduto per chio mi volsi al mio consiglio saggio Ben sapevei che volea dir lo muto e per non attese mia dimanda ma disse Parla e sie breve e arguto Virgilio mi vena da quella banda de la cornice onde cader si puote perch da nulla sponda singhirlanda da laltra parte meran le divote ombre che per lorribile costura premevan s che bagnavan le gote Volsimi a loro e O gente sicura incominciai di veder lalto lume che l disio vostro solo ha in sua cura se tosto grazia resolva le schiume di vostra coscienza s che chiaro per essa scenda de la mente il fiume ditemi ch mi fia grazioso e caro sanima qui tra voi che sia latina e forse lei sar buon si lapparo O frate mio ciascuna cittadina duna vera citt ma tu vuo dire che vivesse in Italia peregrina Questo mi parve per risposta udire pi innanzi alquanto che l dovio stava ondio mi feci ancor pi l sentire Tra laltre vidi unombra chaspettava in vista e se volesse alcun dir Come lo mento a guisa dorbo in s levava Spirto dissio che per salir ti dome se tu se quelli che mi rispondesti fammiti conto o per luogo o per nome Io fui sanese rispuose e con questi altri rimendo qui la vita ria lagrimando a colui che s ne presti Savia non fui avvegna che Sapa fossi chiamata e fui de li altrui danni pi lieta assai che di ventura mia E perch tu non creda chio tinganni odi si fui comio ti dico folle gi discendendo larco di miei anni Eran li cittadin miei presso a Colle in campo giunti co loro avversari e io pregava Iddio di quel che volle Rotti fuor quivi e vlti ne li amari passi di fuga e veggendo la caccia letizia presi a tutte altre dispari tanto chio volsi in s lardita faccia gridando a Dio Omai pi non ti temo come f l merlo per poca bonaccia Pace volli con Dio in su lo stremo de la mia vita e ancor non sarebbe lo mio dover per penitenza scemo se ci non fosse cha memoria mebbe Pier Pettinaio in sue sante orazioni a cui di me per caritate increbbe Ma tu chi se che nostre condizioni vai dimandando e porti li occhi sciolti s comio credo e spirando ragioni Li occhi dissio mi fieno ancor qui tolti ma picciol tempo ch poca loffesa fatta per esser con invidia vlti Troppa pi la paura ond sospesa lanima mia del tormento di sotto che gi lo ncarco di l gi mi pesa Ed ella a me Chi tha dunque condotto qua s tra noi se gi ritornar credi E io Costui ch meco e non fa motto E vivo sono e per mi richiedi spirito eletto se tu vuo chi mova di l per te ancor li mortai piedi Oh questa a udir s cosa nuova rispuose che gran segno che Dio tami per col priego tuo talor mi giova E cheggioti per quel che tu pi brami se mai calchi la terra di Toscana che a miei propinqui tu ben mi rinfami Tu li vedrai tra quella gente vana che spera in Talamone e perderagli pi di speranza cha trovar la Diana ma pi vi perderanno li ammiragli Purgatorio Canto IV Chi costui che l nostro monte cerchia prima che morte li abbia dato il volo e apre li occhi a sua voglia e coverchia Non so chi sia ma so che non solo domandal tu che pi li tavvicini e dolcemente s che parli accolo Cos due spirti luno a laltro chini ragionavan di me ivi a man dritta poi fer li visi per dirmi supini e disse luno O anima che fitta nel corpo ancora inver lo ciel ten vai per carit ne consola e ne ditta onde vieni e chi se ch tu ne fai tanto maravigliar de la tua grazia quanto vuol cosa che non fu pi mai E io Per mezza Toscana si spazia un fiumicel che nasce in Falterona e cento miglia di corso nol sazia Di sovresso rechio questa persona dirvi chi sia saria parlare indarno ch l nome mio ancor molto non suona Se ben lo ntendimento tuo accarno con lo ntelletto allora mi rispuose quei che diceva pria tu parli dArno E laltro disse lui Perch nascose questi il vocabol di quella riviera pur comom fa de lorribili cose E lombra che di ci domandata era si sdebit cos Non so ma degno ben che l nome di tal valle pra ch dal principio suo ov s pregno lalpestro monte ond tronco Peloro che n pochi luoghi passa oltra quel segno infin l ve si rende per ristoro di quel che l ciel de la marina asciuga ondhanno i fiumi ci che va con loro vert cos per nimica si fuga da tutti come biscia o per sventura del luogo o per mal uso che li fruga ondhanno s mutata lor natura li abitator de la misera valle che par che Circe li avesse in pastura Tra brutti porci pi degni di galle che daltro cibo fatto in uman uso dirizza prima il suo povero calle Botoli trova poi venendo giuso ringhiosi pi che non chiede lor possa e da lor disdegnosa torce il muso Vassi caggendo e quantella pi ngrossa tanto pi trova di can farsi lupi la maladetta e sventurata fossa Discesa poi per pi pelaghi cupi trova le volpi s piene di froda che non temono ingegno che le occpi N lascer di dir perchaltri moda e buon sar costui sancor sammenta di ci che vero spirto mi disnoda Io veggio tuo nepote che diventa cacciator di quei lupi in su la riva del fiero fiume e tutti li sgomenta Vende la carne loro essendo viva poscia li ancide come antica belva molti di vita e s di pregio priva Sanguinoso esce de la trista selva lasciala tal che di qui a mille anni ne lo stato primaio non si rinselva Coma lannunzio di dogliosi danni si turba il viso di colui chascolta da qual che parte il periglio lassanni cos vidio laltranima che volta stava a udir turbarsi e farsi trista poi chebbe la parola a s raccolta Lo dir de luna e de laltra la vista mi fer voglioso di saper lor nomi e dimanda ne fei con prieghi mista per che lo spirto che di pria parlmi ricominci Tu vuo chio mi deduca nel fare a te ci che tu far non vuomi Ma da che Dio in te vuol che traluca tanto sua grazia non ti sar scarso per sappi chio fui Guido del Duca Fu il sangue mio dinvidia s riarso che se veduto avesse uom farsi lieto visto mavresti di livore sparso Di mia semente cotal paglia mieto o gente umana perch poni l core l v mestier di consorte divieto Questi Rinier questi l pregio e lonore de la casa da Calboli ove nullo fatto s reda poi del suo valore E non pur lo suo sangue fatto brullo tra l Po e l monte e la marina e l Reno del ben richesto al vero e al trastullo ch dentro a questi termini ripieno di venenosi sterpi s che tardi per coltivare omai verrebber meno Ov l buon Lizio e Arrigo Mainardi Pier Traversaro e Guido di Carpigna Oh Romagnuoli tornati in bastardi Quando in Bologna un Fabbro si ralligna quando in Faenza un Bernardin di Fosco verga gentil di picciola gramigna Non ti maravigliar sio piango Tosco quando rimembro con Guido da Prata Ugolin dAzzo che vivette nosco Federigo Tignoso e sua brigata la casa Traversara e li Anastagi e luna gente e laltra diretata le donne e cavalier li affanni e li agi che ne nvogliava amore e cortesia l dove i cuor son fatti s malvagi O Bretinoro ch non fuggi via poi che gita se n la tua famiglia e molta gente per non esser ria Ben fa Bagnacaval che non rifiglia e mal fa Castrocaro e peggio Conio che di figliar tai conti pi simpiglia Ben faranno i Pagan da che l demonio lor sen gir ma non per che puro gi mai rimagna dessi testimonio O Ugolin de Fantolin sicuro il nome tuo da che pi non saspetta chi far lo possa tralignando scuro Ma va via Tosco omai chor mi diletta troppo di pianger pi che di parlare s mha nostra ragion la mente stretta Noi sapavam che quellanime care ci sentivano andar per tacendo facean noi del cammin confidare Poi fummo fatti soli procedendo folgore parve quando laere fende voce che giunse di contra dicendo Anciderammi qualunque mapprende e fugg come tuon che si dilegua se sbito la nuvola scoscende Come da lei ludir nostro ebbe triegua ed ecco laltra con s gran fracasso che somigli tonar che tosto segua Io sono Aglauro che divenni sasso e allor per ristrignermi al poeta in destro feci e non innanzi il passo Gi era laura dogne parte queta ed el mi disse Quel fu l duro camo che dovria luom tener dentro a sua meta Ma voi prendete lesca s che lamo de lantico avversaro a s vi tira e per poco val freno o richiamo Chiamavi l cielo e ntorno vi si gira mostrandovi le sue bellezze etterne e locchio vostro pur a terra mira onde vi batte chi tutto discerne Purgatorio Canto V Quanto tra lultimar de lora terza e l principio del d par de la spera che sempre a guisa di fanciullo scherza tanto pareva gi inver la sera essere al sol del suo corso rimaso vespero l e qui mezza notte era E i raggi ne ferien per mezzo l naso perch per noi girato era s l monte che gi dritti andavamo inver loccaso quandio senti a me gravar la fronte a lo splendore assai pi che di prima e stupor meran le cose non conte ondio levai le mani inver la cima de le mie ciglia e fecimi l solecchio che del soverchio visibile lima Come quando da lacqua o da lo specchio salta lo raggio a lopposita parte salendo su per lo modo parecchio a quel che scende e tanto si diparte dal cader de la pietra in igual tratta s come mostra esperienza e arte cos mi parve da luce rifratta quivi dinanzi a me esser percosso per che a fuggir la mia vista fu ratta Che quel dolce padre a che non posso schermar lo viso tanto che mi vaglia dissio e pare inver noi esser mosso Non ti maravigliar sancor tabbaglia la famiglia del cielo a me rispuose messo che viene ad invitar chom saglia Tosto sar cha veder queste cose non ti fia grave ma fieti diletto quanto natura a sentir ti dispuose Poi giunti fummo a langel benedetto con lieta voce disse Intrate quinci ad un scaleo vie men che li altri eretto Noi montavam gi partiti di linci e Beati misericordes fue cantato retro e Godi tu che vinci Lo mio maestro e io soli amendue suso andavamo e io pensai andando prode acquistar ne le parole sue e dirizzami a lui s dimandando Che volse dir lo spirto di Romagna e divieto e consorte menzionando Per chelli a me Di sua maggior magagna conosce il danno e per non sammiri se ne riprende perch men si piagna Perch sappuntano i vostri disiri dove per compagnia parte si scema invidia move il mantaco a sospiri Ma se lamor de la spera supprema torcesse in suso il disiderio vostro non vi sarebbe al petto quella tema ch per quanti si dice pi l nostro tanto possiede pi di ben ciascuno e pi di caritate arde in quel chiostro Io son desser contento pi digiuno dissio che se mi fosse pria taciuto e pi di dubbio ne la mente aduno Comesser puote chun ben distributo in pi posseditor faccia pi ricchi di s che se da pochi posseduto Ed elli a me Per che tu rificchi la mente pur a le cose terrene di vera luce tenebre dispicchi Quello infinito e ineffabil bene che l s cos corre ad amore coma lucido corpo raggio vene Tanto si d quanto trova dardore s che quantunque carit si stende cresce sovressa letterno valore E quanta gente pi l s sintende pi v da bene amare e pi vi sama e come specchio luno a laltro rende E se la mia ragion non ti disfama vedrai Beatrice ed ella pienamente ti torr questa e ciascunaltra brama Procaccia pur che tosto sieno spente come son gi le due le cinque piaghe che si richiudon per esser dolente Comio voleva dicer Tu mappaghe vidimi giunto in su laltro girone s che tacer mi fer le luci vaghe Ivi mi parve in una visione estatica di sbito esser tratto e vedere in un tempio pi persone e una donna in su lentrar con atto dolce di madre dicer Figliuol mio perch hai tu cos verso noi fatto Ecco dolenti lo tuo padre e io ti cercavamo E come qui si tacque ci che pareva prima dispario Indi mapparve unaltra con quellacque gi per le gote che l dolor distilla quando di gran dispetto in altrui nacque e dir Se tu se sire de la villa del cui nome ne di fu tanta lite e onde ogni scienza disfavilla vendica te di quelle braccia ardite chabbracciar nostra figlia o Pisistrto E l segnor mi parea benigno e mite risponder lei con viso temperato Che farem noi a chi mal ne disira se quei che ci ama per noi condannato Poi vidi genti accese in foco dira con pietre un giovinetto ancider forte gridando a s pur Martira martira E lui vedea chinarsi per la morte che laggravava gi inver la terra ma de li occhi facea sempre al ciel porte orando a lalto Sire in tanta guerra che perdonasse a suoi persecutori con quello aspetto che piet diserra Quando lanima mia torn di fori a le cose che son fuor di lei vere io riconobbi i miei non falsi errori Lo duca mio che mi potea vedere far s comom che dal sonno si slega disse Che hai che non ti puoi tenere ma se venuto pi che mezza lega velando li occhi e con le gambe avvolte a guisa di cui vino o sonno piega O dolce padre mio se tu mascolte io ti dir dissio ci che mapparve quando le gambe mi furon s tolte Ed ei Se tu avessi cento larve sovra la faccia non mi sarian chiuse le tue cogitazion quantunque parve Ci che vedesti fu perch non scuse daprir lo core a lacque de la pace che da letterno fonte son diffuse Non dimandai Che hai per quel che face chi guarda pur con locchio che non vede quando disanimato il corpo giace ma dimandai per darti forza al piede cos frugar conviensi i pigri lenti ad usar lor vigilia quando riede Noi andavam per lo vespero attenti oltre quanto potean li occhi allungarsi contra i raggi serotini e lucenti Ed ecco a poco a poco un fummo farsi verso di noi come la notte oscuro n da quello era loco da cansarsi Questo ne tolse li occhi e laere puro Purgatorio Canto VI Buio dinferno e di notte privata dogne pianeto sotto pover cielo quantesser pu di nuvol tenebrata non fece al viso mio s grosso velo come quel fummo chivi ci coperse n a sentir di cos aspro pelo che locchio stare aperto non sofferse onde la scorta mia saputa e fida mi saccost e lomero mofferse S come cieco va dietro a sua guida per non smarrirsi e per non dar di cozzo in cosa che l molesti o forse ancida mandava io per laere amaro e sozzo ascoltando il mio duca che diceva pur Guarda che da me tu non sia mozzo Io sentia voci e ciascuna pareva pregar per pace e per misericordia lAgnel di Dio che le peccata leva Pur Agnus Dei eran le loro essordia una parola in tutte era e un modo s che parea tra esse ogne concordia Quei sono spirti maestro chi odo dissio Ed elli a me Tu vero apprendi e diracundia van solvendo il nodo Or tu chi se che l nostro fummo fendi e di noi parli pur come se tue partissi ancor lo tempo per calendi Cos per una voce detto fue onde l maestro mio disse Rispondi e domanda se quinci si va se E io O creatura che ti mondi per tornar bella a colui che ti fece maraviglia udirai se mi secondi Io ti seguiter quanto mi lece rispuose e se veder fummo non lascia ludir ci terr giunti in quella vece Allora incominciai Con quella fascia che la morte dissolve men vo suso e venni qui per linfernale ambascia E se Dio mha in sua grazia rinchiuso tanto che vuol chi veggia la sua corte per modo tutto fuor del moderno uso non mi celar chi fosti anzi la morte ma dilmi e dimmi si vo bene al varco e tue parole fier le nostre scorte Lombardo fui e fu chiamato Marco del mondo seppi e quel valore amai al quale ha or ciascun disteso larco Per montar s dirittamente vai Cos rispuose e soggiunse I ti prego che per me prieghi quando s sarai E io a lui Per fede mi ti lego di far ci che mi chiedi ma io scoppio dentro ad un dubbio sio non me ne spiego Prima era scempio e ora fatto doppio ne la sentenza tua che mi fa certo qui e altrove quello ovio laccoppio Lo mondo ben cos tutto diserto dogne virtute come tu mi sone e di malizia gravido e coverto ma priego che maddite la cagione s chi la veggia e chi la mostri altrui ch nel cielo uno e un qua gi la pone Alto sospir che duolo strinse in uhi mise fuor prima e poi cominci Frate lo mondo cieco e tu vien ben da lui Voi che vivete ogne cagion recate pur suso al cielo pur come se tutto movesse seco di necessitate Se cos fosse in voi fora distrutto libero arbitrio e non fora giustizia per ben letizia e per male aver lutto Lo cielo i vostri movimenti inizia non dico tutti ma posto chi l dica lume v dato a bene e a malizia e libero voler che se fatica ne le prime battaglie col ciel dura poi vince tutto se ben si notrica A maggior forza e a miglior natura liberi soggiacete e quella cria la mente in voi che l ciel non ha in sua cura Per se l mondo presente disvia in voi la cagione in voi si cheggia e io te ne sar or vera spia Esce di mano a lui che la vagheggia prima che sia a guisa di fanciulla che piangendo e ridendo pargoleggia lanima semplicetta che sa nulla salvo che mossa da lieto fattore volontier torna a ci che la trastulla Di picciol bene in pria sente sapore quivi singanna e dietro ad esso corre se guida o fren non torce suo amore Onde convenne legge per fren porre convenne rege aver che discernesse de la vera cittade almen la torre Le leggi son ma chi pon mano ad esse Nullo per che l pastor che procede rugumar pu ma non ha lunghie fesse per che la gente che sua guida vede pur a quel ben fedire ondella ghiotta di quel si pasce e pi oltre non chiede Ben puoi veder che la mala condotta la cagion che l mondo ha fatto reo e non natura che n voi sia corrotta Soleva Roma che l buon mondo feo due soli aver che luna e laltra strada facean vedere e del mondo e di Deo Lun laltro ha spento ed giunta la spada col pasturale e lun con laltro insieme per viva forza mal convien che vada per che giunti lun laltro non teme se non mi credi pon mente a la spiga chognerba si conosce per lo seme In sul paese chAdice e Po riga solea valore e cortesia trovarsi prima che Federigo avesse briga or pu sicuramente indi passarsi per qualunque lasciasse per vergogna di ragionar coi buoni o dappressarsi Ben vn tre vecchi ancora in cui rampogna lantica et la nova e par lor tardo che Dio a miglior vita li ripogna Currado da Palazzo e l buon Gherardo e Guido da Castel che mei si noma francescamente il semplice Lombardo D oggimai che la Chiesa di Roma per confondere in s due reggimenti cade nel fango e s brutta e la soma O Marco mio dissio bene argomenti e or discerno perch dal retaggio li figli di Lev furono essenti Ma qual Gherardo quel che tu per saggio di ch rimaso de la gente spenta in rimprovro del secol selvaggio O tuo parlar minganna o el mi tenta rispuose a me ch parlandomi tosco par che del buon Gherardo nulla senta Per altro sopranome io nol conosco sio nol togliessi da sua figlia Gaia Dio sia con voi ch pi non vegno vosco Vedi lalbor che per lo fummo raia gi biancheggiare e me convien partirmi langelo ivi prima chio li paia Cos torn e pi non volle udirmi Purgatorio Canto VII Ricorditi lettor se mai ne lalpe ti colse nebbia per la qual vedessi non altrimenti che per pelle talpe come quando i vapori umidi e spessi a diradar cominciansi la spera del sol debilemente entra per essi e fia la tua imagine leggera in giugnere a veder comio rividi lo sole in pria che gi nel corcar era S pareggiando i miei co passi fidi del mio maestro usci fuor di tal nube ai raggi morti gi ne bassi lidi O imaginativa che ne rube talvolta s di fuor chom non saccorge perch dintorno suonin mille tube chi move te se l senso non ti porge Moveti lume che nel ciel sinforma per s o per voler che gi lo scorge De lempiezza di lei che mut forma ne luccel cha cantar pi si diletta ne limagine mia apparve lorma e qui fu la mia mente s ristretta dentro da s che di fuor non vena cosa che fosse allor da lei ricetta Poi piovve dentro a lalta fantasia un crucifisso dispettoso e fero ne la sua vista e cotal si mora intorno ad esso era il grande Assuero Estr sua sposa e l giusto Mardoceo che fu al dire e al far cos intero E come questa imagine rompeo s per s stessa a guisa duna bulla cui manca lacqua sotto qual si feo surse in mia visione una fanciulla piangendo forte e dicea O regina perch per ira hai voluto esser nulla Ancisa thai per non perder Lavina or mhai perduta Io son essa che lutto madre a la tua pria cha laltrui ruina Come si frange il sonno ove di butto nova luce percuote il viso chiuso che fratto guizza pria che muoia tutto cos limaginar mio cadde giuso tosto che lume il volto mi percosse maggior assai che quel ch in nostro uso I mi volgea per veder ovio fosse quando una voce disse Qui si monta che da ogne altro intento mi rimosse e fece la mia voglia tanto pronta di riguardar chi era che parlava che mai non posa se non si raffronta Ma come al sol che nostra vista grava e per soverchio sua figura vela cos la mia virt quivi mancava Questo divino spirito che ne la via da ir s ne drizza sanza prego e col suo lume s medesmo cela S fa con noi come luom si fa sego ch quale aspetta prego e luopo vede malignamente gi si mette al nego Or accordiamo a tanto invito il piede procacciam di salir pria che sabbui ch poi non si poria se l d non riede Cos disse il mio duca e io con lui volgemmo i nostri passi ad una scala e tosto chio al primo grado fui sentimi presso quasi un muover dala e ventarmi nel viso e dir Beati pacifici che son sanzira mala Gi eran sovra noi tanto levati li ultimi raggi che la notte segue che le stelle apparivan da pi lati O virt mia perch s ti dilegue fra me stesso dicea ch mi sentiva la possa de le gambe posta in triegue Noi eravam dove pi non saliva la scala s ed eravamo affissi pur come nave cha la piaggia arriva E io attesi un poco sio udissi alcuna cosa nel novo girone poi mi volsi al maestro mio e dissi Dolce mio padre d quale offensione si purga qui nel giro dove semo Se i pi si stanno non stea tuo sermone Ed elli a me Lamor del bene scemo del suo dover quiritta si ristora qui si ribatte il mal tardato remo Ma perch pi aperto intendi ancora volgi la mente a me e prenderai alcun buon frutto di nostra dimora N creator n creatura mai cominci el figliuol fu sanza amore o naturale o danimo e tu l sai Lo naturale sempre sanza errore ma laltro puote errar per malo obietto o per troppo o per poco di vigore Mentre chelli nel primo ben diretto e ne secondi s stesso misura esser non pu cagion di mal diletto ma quando al mal si torce o con pi cura o con men che non dee corre nel bene contra l fattore adovra sua fattura Quinci comprender puoi chesser convene amor sementa in voi dogne virtute e dogne operazion che merta pene Or perch mai non pu da la salute amor del suo subietto volger viso da lodio proprio son le cose tute e perch intender non si pu diviso e per s stante alcuno esser dal primo da quello odiare ogne effetto deciso Resta se dividendo bene stimo che l mal che sama del prossimo ed esso amor nasce in tre modi in vostro limo E chi per esser suo vicin soppresso spera eccellenza e sol per questo brama chel sia di sua grandezza in basso messo chi podere grazia onore e fama teme di perder perchaltri sormonti onde sattrista s che l contrario ama ed chi per ingiuria par chaonti s che si fa de la vendetta ghiotto e tal convien che l male altrui impronti Questo triforme amor qua gi di sotto si piange or vo che tu de laltro intende che corre al ben con ordine corrotto Ciascun confusamente un bene apprende nel qual si queti lanimo e disira per che di giugner lui ciascun contende Se lento amore a lui veder vi tira o a lui acquistar questa cornice dopo giusto penter ve ne martira Altro ben che non fa luom felice non felicit non la buona essenza dogne ben frutto e radice Lamor chad esso troppo sabbandona di sovra noi si piange per tre cerchi ma come tripartito si ragiona tacciolo acci che tu per te ne cerchi Purgatorio Canto VIII Posto avea fine al suo ragionamento lalto dottore e attento guardava ne la mia vista sio parea contento e io cui nova sete ancor frugava di fuor tacea e dentro dicea Forse lo troppo dimandar chio fo li grava Ma quel padre verace che saccorse del timido voler che non sapriva parlando di parlare ardir mi porse Ondio Maestro il mio veder savviva s nel tuo lume chio discerno chiaro quanto la tua ragion parta o descriva Per ti prego dolce padre caro che mi dimostri amore a cui reduci ogne buono operare e l suo contraro Drizza disse ver me lagute luci de lo ntelletto e fieti manifesto lerror de ciechi che si fanno duci Lanimo ch creato ad amar presto ad ogne cosa mobile che piace tosto che dal piacere in atto desto Vostra apprensiva da esser verace tragge intenzione e dentro a voi la spiega s che lanimo ad essa volger face e se rivolto inver di lei si piega quel piegare amor quell natura che per piacer di novo in voi si lega Poi come l foco movesi in altura per la sua forma ch nata a salire l dove pi in sua matera dura cos lanimo preso entra in disire ch moto spiritale e mai non posa fin che la cosa amata il fa gioire Or ti puote apparer quant nascosa la veritate a la gente chavvera ciascun amore in s laudabil cosa per che forse appar la sua matera sempre esser buona ma non ciascun segno buono ancor che buona sia la cera Le tue parole e l mio seguace ingegno rispuosio lui mhanno amor discoverto ma ci mha fatto di dubbiar pi pregno ch samore di fuori a noi offerto e lanima non va con altro piede se dritta o torta va non suo merto Ed elli a me Quanto ragion qui vede dir ti possio da indi in l taspetta pur a Beatrice ch opra di fede Ogne forma sustanzial che setta da matera ed con lei unita specifica vertute ha in s colletta la qual sanza operar non sentita n si dimostra mai che per effetto come per verdi fronde in pianta vita Per l onde vegna lo ntelletto de le prime notizie omo non sape e de primi appetibili laffetto che sono in voi s come studio in ape di far lo mele e questa prima voglia merto di lode o di biasmo non cape Or perch a questa ognaltra si raccoglia innata v la virt che consiglia e de lassenso de tener la soglia Quest l principio l onde si piglia ragion di meritare in voi secondo che buoni e rei amori accoglie e viglia Color che ragionando andaro al fondo saccorser desta innata libertate per moralit lasciaro al mondo Onde poniam che di necessitate surga ogne amor che dentro a voi saccende di ritenerlo in voi la podestate La nobile virt Beatrice intende per lo libero arbitrio e per guarda che labbi a mente sa parlar ten prende La luna quasi a mezza notte tarda facea le stelle a noi parer pi rade fatta comun secchion che tuttor arda e correa contro l ciel per quelle strade che l sole infiamma allor che quel da Roma tra Sardi e Corsi il vede quando cade E quellombra gentil per cui si noma Pietola pi che villa mantoana del mio carcar diposta avea la soma per chio che la ragione aperta e piana sovra le mie quistioni avea ricolta stava comom che sonnolento vana Ma questa sonnolenza mi fu tolta subitamente da gente che dopo le nostre spalle a noi era gi volta E quale Ismeno gi vide e Asopo lungo di s di notte furia e calca pur che i Teban di Bacco avesser uopo cotal per quel giron suo passo falca per quel chio vidi di color venendo cui buon volere e giusto amor cavalca Tosto fur sovra noi perch correndo si movea tutta quella turba magna e due dinanzi gridavan piangendo Maria corse con fretta a la montagna e Cesare per soggiogare Ilerda punse Marsilia e poi corse in Ispagna Ratto ratto che l tempo non si perda per poco amor gridavan li altri appresso che studio di ben far grazia rinverda O gente in cui fervore aguto adesso ricompie forse negligenza e indugio da voi per tepidezza in ben far messo questi che vive e certo i non vi bugio vuole andar s pur che l sol ne riluca per ne dite ond presso il pertugio Parole furon queste del mio duca e un di quelli spirti disse Vieni di retro a noi e troverai la buca Noi siam di voglia a muoverci s pieni che restar non potem per perdona se villania nostra giustizia tieni Io fui abate in San Zeno a Verona sotto lo mperio del buon Barbarossa di cui dolente ancor Milan ragiona E tale ha gi lun pi dentro la fossa che tosto pianger quel monastero e tristo fia davere avuta possa perch suo figlio mal del corpo intero e de la mente peggio e che mal nacque ha posto in loco di suo pastor vero Io non so se pi disse o sei si tacque tantera gi di l da noi trascorso ma questo intesi e ritener mi piacque E quei che mera ad ogne uopo soccorso disse Volgiti qua vedine due venir dando a laccidia di morso Di retro a tutti dicean Prima fue morta la gente a cui il mar saperse che vedesse Iordan le rede sue E quella che laffanno non sofferse fino a la fine col figlio dAnchise s stessa a vita sanza gloria offerse Poi quando fuor da noi tanto divise quellombre che veder pi non potiersi novo pensiero dentro a me si mise del qual pi altri nacquero e diversi e tanto duno in altro vaneggiai che li occhi per vaghezza ricopersi e l pensamento in sogno trasmutai Purgatorio Canto I Ne lora che non pu l calor diurno intepidar pi l freddo de la luna vinto da terra e talor da Saturno quando i geomanti lor Maggior Fortuna veggiono in orente innanzi a lalba surger per via che poco le sta bruna mi venne in sogno una femmina balba ne li occhi guercia e sovra i pi distorta con le man monche e di colore scialba Io la mirava e come l sol conforta le fredde membra che la notte aggrava cos lo sguardo mio le facea scorta la lingua e poscia tutta la drizzava in poco dora e lo smarrito volto com amor vuol cos le colorava Poi chell avea l parlar cos disciolto cominciava a cantar s che con pena da lei avrei mio intento rivolto Io son cantava io son dolce serena che marinari in mezzo mar dismago tanto son di piacere a sentir piena Io volsi Ulisse del suo cammin vago al canto mio e qual meco sausa rado sen parte s tutto lappago Ancor non era sua bocca richiusa quand una donna apparve santa e presta lunghesso me per far colei confusa O Virgilio Virgilio chi questa fieramente dicea ed el vena con li occhi fitti pur in quella onesta Laltra prendea e dinanzi lapria fendendo i drappi e mostravami l ventre quel mi svegli col puzzo che nuscia Io mossi li occhi e l buon maestro Almen tre voci tho messe dicea Surgi e vieni troviam laperta per la qual tu entre S mi levai e tutti eran gi pieni de lalto d i giron del sacro monte e andavam col sol novo a le reni Seguendo lui portava la mia fronte come colui che lha di pensier carca che fa di s un mezzo arco di ponte quand io udi Venite qui si varca parlare in modo soave e benigno qual non si sente in questa mortal marca Con lali aperte che parean di cigno volseci in s colui che s parlonne tra due pareti del duro macigno Mosse le penne poi e ventilonne Qui lugent affermando esser beati chavran di consolar lanime donne Che hai che pur inver la terra guati la guida mia incominci a dirmi poco amendue da langel sormontati E io Con tanta sospeccion fa irmi novella vison cha s mi piega s chio non posso dal pensar partirmi Vedesti disse quellantica strega che sola sovr a noi omai si piagne vedesti come luom da lei si slega Bastiti e batti a terra le calcagne li occhi rivolgi al logoro che gira lo rege etterno con le rote magne Quale l falcon che prima a pi si mira indi si volge al grido e si protende per lo disio del pasto che l il tira tal mi fec io e tal quanto si fende la roccia per dar via a chi va suso nandai infin dove l cerchiar si prende Comio nel quinto giro fui dischiuso vidi gente per esso che piangea giacendo a terra tutta volta in giuso Adhaesit pavimento anima mea sentia dir lor con s alti sospiri che la parola a pena sintendea O eletti di Dio li cui soffriri e giustizia e speranza fa men duri drizzate noi verso li alti saliri Se voi venite dal giacer sicuri e volete trovar la via pi tosto le vostre destre sien sempre di fori Cos preg l poeta e s risposto poco dinanzi a noi ne fu per chio nel parlare avvisai laltro nascosto e volsi li occhi a li occhi al segnor mio ond elli massent con lieto cenno ci che chiedea la vista del disio Poi chio potei di me fare a mio senno trassimi sovra quella creatura le cui parole pria notar mi fenno dicendo Spirto in cui pianger matura quel sanza l quale a Dio tornar non pssi sosta un poco per me tua maggior cura Chi fosti e perch vlti avete i dossi al s mi d e se vuo chio timpetri cosa di l ond io vivendo mossi Ed elli a me Perch i nostri diretri rivolga il cielo a s saprai ma prima scias quod ego fui successor Petri Intra Sestri e Chiaveri sadima una fiumana bella e del suo nome lo titol del mio sangue fa sua cima Un mese poco pi prova io come pesa il gran manto a chi dal fango il guarda che piuma sembran tutte laltre some La mia conversone om fu tarda ma come fatto fui roman pastore cos scopersi la vita bugiarda Vidi che l non sacquetava il core n pi salir potiesi in quella vita er che di questa in me saccese amore Fino a quel punto misera e partita da Dio anima fui del tutto avara or come vedi qui ne son punita Quel chavarizia fa qui si dichiara in purgazion de lanime converse e nulla pena il monte ha pi amara S come locchio nostro non saderse in alto fisso a le cose terrene cos giustizia qui a terra il merse Come avarizia spense a ciascun bene lo nostro amore onde operar perdsi cos giustizia qui stretti ne tene ne piedi e ne le man legati e presi e quanto fia piacer del giusto Sire tanto staremo immobili e distesi Io mera inginocchiato e volea dire ma com io cominciai ed el saccorse solo ascoltando del mio reverire Qual cagion disse in gi cos ti torse E io a lui Per vostra dignitate mia coscenza dritto mi rimorse Drizza le gambe lvati s frate rispuose non errar conservo sono teco e con li altri ad una podestate Se mai quel santo evangelico suono che dice Neque nubent intendesti ben puoi veder perchio cos ragiono Vattene omai non vo che pi tarresti ch la tua stanza mio pianger disagia col qual maturo ci che tu dicesti Nepote ho io di l cha nome Alagia buona da s pur che la nostra casa non faccia lei per essempro malvagia e questa sola di l m rimasa Purgatorio Canto Contra miglior voler voler mal pugna onde contra l piacer mio per piacerli trassi de lacqua non sazia la spugna Mossimi e l duca mio si mosse per li luoghi spediti pur lungo la roccia come si va per muro stretto a merli ch la gente che fonde a goccia a goccia per li occhi il mal che tutto l mondo occupa da laltra parte in fuor troppo sapproccia Maladetta sie tu antica lupa che pi che tutte laltre bestie hai preda per la tua fame sanza fine cupa O ciel nel cui girar par che si creda le condizion di qua gi trasmutarsi quando verr per cui questa disceda Noi andavam con passi lenti e scarsi e io attento a lombre chi sentia pietosamente piangere e lagnarsi e per ventura udi Dolce Maria dinanzi a noi chiamar cos nel pianto come fa donna che in parturir sia e seguitar Povera fosti tanto quanto veder si pu per quello ospizio dove sponesti il tuo portato santo Seguentemente intesi O buon Fabrizio con povert volesti anzi virtute che gran ricchezza posseder con vizio Queste parole meran s piaciute chio mi trassi oltre per aver contezza di quello spirto onde parean venute Esso parlava ancor de la larghezza che fece Niccol a le pulcelle per condurre ad onor lor giovinezza O anima che tanto ben favelle dimmi chi fosti dissi e perch sola tu queste degne lode rinovelle Non fia sanza merc la tua parola sio ritorno a compir lo cammin corto di quella vita chal termine vola Ed elli Io ti dir non per conforto chio attenda di l ma perch tanta grazia in te luce prima che sie morto Io fui radice de la mala pianta che la terra cristiana tutta aduggia s che buon frutto rado se ne schianta Ma se Doagio Lilla Guanto e Bruggia potesser tosto ne saria vendetta e io la cheggio a lui che tutto giuggia Chiamato fui di l Ugo Ciappetta di me son nati i Filippi e i Luigi per cui novellamente Francia retta Figliuol fu io dun beccaio di Parigi quando li regi antichi venner meno tutti fuor chun renduto in panni bigi trovami stretto ne le mani il freno del governo del regno e tanta possa di nuovo acquisto e s damici pieno cha la corona vedova promossa la testa di mio figlio fu dal quale cominciar di costor le sacrate ossa Mentre che la gran dota provenzale al sangue mio non tolse la vergogna poco valea ma pur non facea male L cominci con forza e con menzogna la sua rapina e poscia per ammenda Pont e Normandia prese e Guascogna Carlo venne in Italia e per ammenda vittima f di Curradino e poi ripinse al ciel Tommaso per ammenda Tempo veggio non molto dopo ancoi che tragge un altro Carlo fuor di Francia per far conoscer meglio e s e suoi Sanzarme nesce e solo con la lancia con la qual giostr Giuda e quella ponta s cha Fiorenza fa scoppiar la pancia Quindi non terra ma peccato e onta guadagner per s tanto pi grave quanto pi lieve simil danno conta Laltro che gi usc preso di nave veggio vender sua figlia e patteggiarne come fanno i corsar de laltre schiave O avarizia che puoi tu pi farne poscia cha il mio sangue a te s tratto che non si cura de la propria carne Perch men paia il mal futuro e l fatto veggio in Alagna intrar lo fiordaliso e nel vicario suo Cristo esser catto Veggiolo unaltra volta esser deriso veggio rinovellar laceto e l fiele e tra vivi ladroni esser anciso Veggio il novo Pilato s crudele che ci nol sazia ma sanza decreto portar nel Tempio le cupide vele O Segnor mio quando sar io lieto a veder la vendetta che nascosa fa dolce lira tua nel tuo secreto Ci chio dicea di quellunica sposa de lo Spirito Santo e che ti fece verso me volger per alcuna chiosa tanto risposto a tutte nostre prece quanto l d dura ma comel sannotta contrario suon prendemo in quella vece Noi repetiam Pigmalion allotta cui traditore e ladro e paricida fece la voglia sua de loro ghiotta e la miseria de lavaro Mida che segu a la sua dimanda gorda per la qual sempre convien che si rida Del folle Acn ciascun poi si ricorda come fur le spoglie s che lira di Iosu qui par chancor lo morda Indi accusiam col marito Saffira lodiam i calci chebbe Eliodoro e in infamia tutto l monte gira Polinestr chancise Polidoro ultimamente ci si grida Crasso dilci che l sai di che sapore loro Talor parla luno alto e laltro basso secondo laffezion chad ir ci sprona ora a maggiore e ora a minor passo per al ben che l d ci si ragiona dianzi non era io sol ma qui da presso non alzava la voce altra persona Noi eravam partiti gi da esso e brigavam di soverchiar la strada tanto quanto al poder nera permesso quandio senti come cosa che cada tremar lo monte onde mi prese un gelo qual prender suol colui cha morte vada Certo non si scoteo s forte Delo pria che Latona in lei facesse l nido a parturir li due occhi del cielo Poi cominci da tutte parti un grido tal che l maestro inverso me si feo dicendo Non dubbiar mentrio ti guido Gloria in ecelsis tutti Deo dicean per quel chio da vicin compresi onde intender lo grido si poteo No istavamo immobili e sospesi come i pastor che prima udir quel canto fin che l tremar cess ed el compisi Poi ripigliammo nostro cammin santo guardando lombre che giacean per terra tornate gi in su lusato pianto Nulla ignoranza mai con tanta guerra mi f desideroso di sapere se la memoria mia in ci non erra quanta pareami allor pensando avere n per la fretta dimandare eroso n per me l potea cosa vedere cos mandava timido e pensoso Purgatorio Canto I La sete natural che mai non sazia se non con lacqua onde la femminetta samaritana domand la grazia mi travagliava e pungeami la fretta per la mpacciata via dietro al mio duca e condoleami a la giusta vendetta Ed ecco s come ne scrive Luca che Cristo apparve a due cherano in via gi surto fuor de la sepulcral buca ci apparve unombra e dietro a noi vena dal pi guardando la turba che giace n ci addemmo di lei s parl pria dicendo O frati miei Dio vi dea pace Noi ci volgemmo sbiti e Virgilio rendli l cenno cha ci si conface Poi cominci Nel beato concilio ti ponga in pace la verace corte che me rilega ne letterno essilio Come disselli e parte andavam forte se voi siete ombre che Dio s non degni chi vha per la sua scala tanto scorte E l dottor mio Se tu riguardi a segni che questi porta e che langel profila ben vedrai che coi buon convien che regni Ma perch lei che d e notte fila non li avea tratta ancora la conocchia che Cloto impone a ciascuno e compila lanima sua ch tua e mia serocchia venendo s non potea venir sola per chal nostro modo non adocchia Ondio fui tratto fuor de lampia gola dinferno per mostrarli e mosterrolli oltre quanto l potr menar mia scola Ma dimmi se tu sai perch tai crolli di dianzi l monte e perch tutto ad una parve gridare infino a suoi pi molli S mi di dimandando per la cruna del mio disio che pur con la speranza si fece la mia sete men digiuna Quei cominci Cosa non che sanza ordine senta la religione de la montagna o che sia fuor dusanza Libero qui da ogne alterazione di quel che l ciel da s in s riceve esser ci puote e non daltro cagione Per che non pioggia non grando non neve non rugiada non brina pi s cade che la scaletta di tre gradi breve nuvole spesse non paion n rade n coruscar n figlia di Taumante che di l cangia sovente contrade secco vapor non surge pi avante chal sommo di tre gradi chio parlai dovha l vicario di Pietro le piante Trema forse pi gi poco o assai ma per vento che n terra si nasconda non so come qua s non trem mai Tremaci quando alcuna anima monda sentesi s che surga o che si mova per salir s e tal grido seconda De la mondizia sol voler fa prova che tutto libero a mutar convento lalma sorprende e di voler le giova Prima vuol ben ma non lascia il talento che divina giustizia contra voglia come fu al peccar pone al tormento E io che son giaciuto a questa doglia cinquecentanni e pi pur mo sentii libera volont di miglior soglia per sentisti il tremoto e li pii spiriti per lo monte render lode a quel Segnor che tosto s li nvii Cos ne disse e per chel si gode tanto del ber quant grande la sete non saprei dir quantel mi fece prode E l savio duca Omai veggio la rete che qui vimpiglia e come si scalappia perch ci trema e di che congaudete Ora chi fosti piacciati chio sappia e perch tanti secoli giaciuto qui se ne le parole tue mi cappia Nel tempo che l buon Tito con laiuto del sommo rege vendic le fra ondusc l sangue per Giuda venduto col nome che pi dura e pi onora era io di l rispuose quello spirto famoso assai ma non con fede ancora Tanto fu dolce mio vocale spirto che tolosano a s mi trasse Roma dove mertai le tempie ornar di mirto Stazio la gente ancor di l mi noma cantai di Tebe e poi del grande Achille ma caddi in via con la seconda soma Al mio ardor fuor seme le faville che mi scaldar de la divina fiamma onde sono allumati pi di mille de lEneida dico la qual mamma fummi e fummi nutrice poetando sanzessa non fermai peso di dramma E per esser vivuto di l quando visse Virgilio assentirei un sole pi che non deggio al mio uscir di bando Volser Virgilio a me queste parole con viso che tacendo disse Taci ma non pu tutto la virt che vuole ch riso e pianto son tanto seguaci a la passion di che ciascun si spicca che men seguon voler ne pi veraci Io pur sorrisi come luom chammicca per che lombra si tacque e riguardommi ne li occhi ove l sembiante pi si ficca e Se tanto labore in bene assommi disse perch la tua faccia testeso un lampeggiar di riso dimostrommi Or son io duna parte e daltra preso luna mi fa tacer laltra scongiura chio dica ondio sospiro e sono inteso dal mio maestro e Non aver paura mi dice di parlar ma parla e digli quel che dimanda con cotanta cura Ondio Forse che tu ti maravigli antico spirto del rider chio fei ma pi dammirazion vo che ti pigli Questi che guida in alto li occhi miei quel Virgilio dal qual tu togliesti forza a cantar de li uomini e di di Se cagion altra al mio rider credesti lasciala per non vera ed esser credi quelle parole che di lui dicesti Gi sinchinava ad abbracciar li piedi al mio dottor ma el li disse Frate non far ch tu se ombra e ombra vedi Ed ei surgendo Or puoi la quantitate comprender de lamor cha te mi scalda quandio dismento nostra vanitate trattando lombre come cosa salda Purgatorio Canto II Gi era langel dietro a noi rimaso langel che navea vlti al sesto giro avendomi dal viso un colpo raso e quei channo a giustizia lor disiro detto navea beati e le sue voci con sitiunt sanzaltro ci forniro E io pi lieve che per laltre foci mandava s che sanzalcun labore seguiva in s li spiriti veloci quando Virgilio incominci Amore acceso di virt sempre altro accese pur che la fiamma sua paresse fore onde da lora che tra noi discese nel limbo de lo nferno Giovenale che la tua affezion mi f palese mia benvoglienza inverso te fu quale pi strinse mai di non vista persona s chor mi parran corte queste scale Ma dimmi e come amico mi perdona se troppa sicurt mallarga il freno e come amico omai meco ragiona come pot trovar dentro al tuo seno loco avarizia tra cotanto senno di quanto per tua cura fosti pieno Queste parole Stazio mover fenno un poco a riso pria poscia rispuose Ogne tuo dir damor m caro cenno Veramente pi volte appaion cose che danno a dubitar falsa matera per le vere ragion che son nascose La tua dimanda tuo creder mavvera esser chi fossi avaro in laltra vita forse per quella cerchia dovio era Or sappi chavarizia fu partita troppo da me e questa dismisura migliaia di lunari hanno punita E se non fosse chio drizzai mia cura quandio intesi l dove tu chiame crucciato quasi a lumana natura Per che non reggi tu o sacra fame de loro lappetito de mortali voltando sentirei le giostre grame Allor maccorsi che troppo aprir lali potean le mani a spendere e pentemi cos di quel come de li altri mali Quanti risurgeran coi crini scemi per ignoranza che di questa pecca toglie l penter vivendo e ne li stremi E sappie che la colpa che rimbecca per dritta opposizione alcun peccato con esso insieme qui suo verde secca per sio son tra quella gente stato che piange lavarizia per purgarmi per lo contrario suo m incontrato Or quando tu cantasti le crude armi de la doppia trestizia di Giocasta disse l cantor de buccolici carmi per quello che Cli teco l tasta non par che ti facesse ancor fedele la fede sanza qual ben far non basta Se cos qual sole o quai candele ti stenebraron s che tu drizzasti poscia di retro al pescator le vele Ed elli a lui Tu prima minviasti verso Parnaso a ber ne le sue grotte e prima appresso Dio malluminasti Facesti come quei che va di notte che porta il lume dietro e s non giova ma dopo s fa le persone dotte quando dicesti Secol si rinova torna giustizia e primo tempo umano e progenie scende da ciel nova Per te poeta fui per te cristiano ma perch veggi mei ci chio disegno a colorare stender la mano Gi era l mondo tutto quanto pregno de la vera credenza seminata per li messaggi de letterno regno e la parola tua sopra toccata si consonava a nuovi predicanti ondio a visitarli presi usata Vennermi poi parendo tanto santi che quando Domizian li perseguette sanza mio lagrimar non fur lor pianti e mentre che di l per me si stette io li sovvenni e i lor dritti costumi fer dispregiare a me tutte altre sette E pria chio conducessi i Greci a fiumi di Tebe poetando ebbio battesmo ma per paura chiuso cristian fumi lungamente mostrando paganesmo e questa tepidezza il quarto cerchio cerchiar mi f pi che l quarto centesmo Tu dunque che levato hai il coperchio che mascondeva quanto bene io dico mentre che del salire avem soverchio dimmi dov Terrenzio nostro antico Cecilio e Plauto e Varro se lo sai dimmi se son dannati e in qual vico Costoro e Persio e io e altri assai rispuose il duca mio siam con quel Greco che le Muse lattar pi chaltri mai nel primo cinghio del carcere cieco spesse fiate ragioniam del monte che sempre ha le nutrice nostre seco Euripide v nosco e Antifonte Simonide Agatone e altri pie Greci che gi di lauro ornar la fronte Quivi si veggion de le genti tue Antigone Deifile e Argia e Ismene s trista come fue Vdeisi quella che mostr Langia vvi la figlia di Tiresia e Teti e con le suore sue Deidamia Tacevansi ambedue gi li poeti di novo attenti a riguardar dintorno liberi da saliri e da pareti e gi le quattro ancelle eran del giorno rimase a dietro e la quinta era al temo drizzando pur in s lardente corno quando il mio duca Io credo cha lo stremo le destre spalle volger ne convegna girando il monte come far solemo Cos lusanza fu l nostra insegna e prendemmo la via con men sospetto per lassentir di quellanima degna Elli givan dinanzi e io soletto di retro e ascoltava i lor sermoni cha poetar mi davano intelletto Ma tosto ruppe le dolci ragioni un alber che trovammo in mezza strada con pomi a odorar soavi e buoni e come abete in alto si digrada di ramo in ramo cos quello in giuso credio perch persona s non vada Dal lato onde l cammin nostro era chiuso cadea de lalta roccia un liquor chiaro e si spandeva per le foglie suso Li due poeti a lalber sappressaro e una voce per entro le fronde grid Di questo cibo avrete caro Poi disse Pi pensava Maria onde fosser le nozze orrevoli e intere cha la sua bocca chor per voi risponde E le Romane antiche per lor bere contente furon dacqua e Daniello dispregi cibo e acquist savere Lo secol primo quantoro fu bello f savorose con fame le ghiande e nettare con sete ogne ruscello Mele e locuste furon le vivande che nodriro il Batista nel diserto per chelli glorioso e tanto grande quanto per lo Vangelio v aperto Purgatorio Canto III Mentre che li occhi per la fronda verde ficcava io s come far suole chi dietro a li uccellin sua vita perde lo pi che padre mi dicea Figliuole vienne oramai ch l tempo che n imposto pi utilmente compartir si vuole Io volsi l viso e l passo non men tosto appresso i savi che parlavan se che landar mi facean di nullo costo Ed ecco piangere e cantar sude Labia mea Domine per modo tal che diletto e doglia parture O dolce padre che quel chi odo comincia io ed elli Ombre che vanno forse di lor dover solvendo il nodo S come i peregrin pensosi fanno giugnendo per cammin gente non nota che si volgono ad essa e non restanno cos di retro a noi pi tosto mota venendo e trapassando ci ammirava danime turba tacita e devota Ne li occhi era ciascuna oscura e cava palida ne la faccia e tanto scema che da lossa la pelle sinformava Non credo che cos a buccia strema Erisittone fosse fatto secco per digiunar quando pi nebbe tema Io dicea fra me stesso pensando Ecco la gente che perd Ierusalemme quando Maria nel figlio di di becco Parean locchiaie anella sanza gemme chi nel viso de li uomini legge omo ben avria quivi conosciuta lemme Chi crederebbe che lodor dun pomo s governasse generando brama e quel dunacqua non sappiendo como Gi era in ammirar che s li affama per la cagione ancor non manifesta di lor magrezza e di lor trista squama ed ecco del profondo de la testa volse a me li occhi unombra e guard fiso poi grid forte Qual grazia m questa Mai non lavrei riconosciuto al viso ma ne la voce sua mi fu palese ci che laspetto in s avea conquiso Questa favilla tutta mi raccese mia conoscenza a la cangiata labbia e ravvisai la faccia di Forese Deh non contendere a lasciutta scabbia che mi scolora pregava la pelle n a difetto di carne chio abbia ma dimmi il ver di te di chi son quelle due anime che l ti fanno scorta non rimaner che tu non mi favelle La faccia tua chio lagrimai gi morta mi d di pianger mo non minor doglia rispuosio lui veggendola s torta Per mi d per Dio che s vi sfoglia non mi far dir mentrio mi maraviglio ch mal pu dir chi pien daltra voglia Ed elli a me De letterno consiglio cade vert ne lacqua e ne la pianta rimasa dietro ondio s massottiglio Tutta esta gente che piangendo canta per seguitar la gola oltra misura in fame e n sete qui si rif santa Di bere e di mangiar naccende cura lodor chesce del pomo e de lo sprazzo che si distende su per sua verdura E non pur una volta questo spazzo girando si rinfresca nostra pena io dico pena e dovra dir sollazzo ch quella voglia a li alberi ci mena che men Cristo lieto a dire El quando ne liber con la sua vena E io a lui Forese da quel d nel qual mutasti mondo a miglior vita cinqanni non son vlti infino a qui Se prima fu la possa in te finita di peccar pi che sovvenisse lora del buon dolor cha Dio ne rimarita come se tu qua s venuto ancora Io ti credea trovar l gi di sotto dove tempo per tempo si ristora Ondelli a me S tosto mha condotto a ber lo dolce assenzo di martri la Nella mia con suo pianger dirotto Con suoi prieghi devoti e con sospiri tratto mha de la costa ove saspetta e liberato mha de li altri giri Tanto a Dio pi cara e pi diletta la vedovella mia che molto amai quanto in bene operare pi soletta ch la Barbagia di Sardigna assai ne le femmine sue pi pudica che la Barbagia dovio la lasciai O dolce frate che vuo tu chio dica Tempo futuro m gi nel cospetto cui non sar questora molto antica nel qual sar in pergamo interdetto a le sfacciate donne fiorentine landar mostrando con le poppe il petto Quai barbare fuor mai quai saracine cui bisognasse per farle ir coperte o spiritali o altre discipline Ma se le svergognate fosser certe di quel che l ciel veloce loro ammanna gi per urlare avrian le bocche aperte ch se lantiveder qui non minganna prima fien triste che le guance impeli colui che mo si consola con nanna Deh frate or fa che pi non mi ti celi vedi che non pur io ma questa gente tutta rimira l dove l sol veli Per chio a lui Se tu riduci a mente qual fosti meco e qual io teco fui ancor fia grave il memorar presente Di quella vita mi volse costui che mi va innanzi laltrier quando tonda vi si mostr la suora di colui e l sol mostrai costui per la profonda notte menato mha di veri morti con questa vera carne che l seconda Indi mhan tratto s li suoi conforti salendo e rigirando la montagna che drizza voi che l mondo fece torti Tanto dice di farmi sua compagna che io sar l dove fia Beatrice quivi convien che sanza lui rimagna Virgilio questi che cos mi dice e additalo e questaltro quellombra per cui scosse dianzi ogne pendice lo vostro regno che da s lo sgombra Purgatorio Canto IV N l dir landar n landar lui pi lento facea ma ragionando andavam forte s come nave pinta da buon vento e lombre che parean cose rimorte per le fosse de li occhi ammirazione traean di me di mio vivere accorte E io continuando al mio sermone dissi Ella sen va s forse pi tarda che non farebbe per altrui cagione Ma dimmi se tu sai dov Piccarda dimmi sio veggio da notar persona tra questa gente che s mi riguarda La mia sorella che tra bella e buona non so qual fosse pi triunfa lieta ne lalto Olimpo gi di sua corona S disse prima e poi Qui non si vieta di nominar ciascun da ch s munta nostra sembianza via per la dieta Questi e mostr col dito Bonagiunta Bonagiunta da Lucca e quella faccia di l da lui pi che laltre trapunta ebbe la Santa Chiesa in le sue braccia dal Torso fu e purga per digiuno languille di Bolsena e la vernaccia Molti altri mi nom ad uno ad uno e del nomar parean tutti contenti s chio per non vidi un atto bruno Vidi per fame a vto usar li denti Ubaldin da la Pila e Bonifazio che pastur col rocco molte genti Vidi messer Marchese chebbe spazio gi di bere a Forl con men secchezza e s fu tal che non si sent sazio Ma come fa chi guarda e poi sapprezza pi dun che daltro fei a quel da Lucca che pi parea di me aver contezza El mormorava e non so che Gentucca sentivio l ovel sentia la piaga de la giustizia che s li pilucca O anima dissio che par s vaga di parlar meco fa s chio tintenda e te e me col tuo parlare appaga Femmina nata e non porta ancor benda cominci el che ti far piacere la mia citt come chom la riprenda Tu te nandrai con questo antivedere se nel mio mormorar prendesti errore dichiareranti ancor le cose vere Ma d si veggio qui colui che fore trasse le nove rime cominciando Donne chavete intelletto damore E io a lui I mi son un che quando Amor mi spira noto e a quel modo che ditta dentro vo significando O frate issa veggio disselli il nodo che l Notaro e Guittone e me ritenne di qua dal dolce stil novo chi odo Io veggio ben come le vostre penne di retro al dittator sen vanno strette che de le nostre certo non avvenne e qual pi a gradire oltre si mette non vede pi da luno a laltro stilo e quasi contentato si tacette Come li augei che vernan lungo l Nilo alcuna volta in aere fanno schiera poi volan pi a fretta e vanno in filo cos tutta la gente che l era volgendo l viso raffrett suo passo e per magrezza e per voler leggera E come luom che di trottare lasso lascia andar li compagni e s passeggia fin che si sfoghi laffollar del casso s lasci trapassar la santa greggia Forese e dietro meco sen veniva dicendo Quando fia chio ti riveggia Non so rispuosio lui quantio mi viva ma gi non fia il tornar mio tantosto chio non sia col voler prima a la riva per che l loco u fui a viver posto di giorno in giorno pi di ben si spolpa e a trista ruina par disposto Or va dissel che quei che pi nha colpa veggio a coda duna bestia tratto inver la valle ove mai non si scolpa La bestia ad ogne passo va pi ratto crescendo sempre fin chella il percuote e lascia il corpo vilmente disfatto Non hanno molto a volger quelle ruote e drizz li ochi al ciel che ti fia chiaro ci che l mio dir pi dichiarar non puote Tu ti rimani omai ch l tempo caro in questo regno s chio perdo troppo venendo teco s a paro a paro Qual esce alcuna volta di gualoppo lo cavalier di schiera che cavalchi e va per farsi onor del primo intoppo tal si part da noi con maggior valchi e io rimasi in via con esso i due che fuor del mondo s gran marescalchi E quando innanzi a noi intrato fue che li occhi miei si fero a lui seguaci come la mente a le parole sue parvermi i rami gravidi e vivaci dun altro pomo e non molto lontani per esser pur allora vlto in laci Vidi gente sottesso alzar le mani e gridar non so che verso le fronde quasi bramosi fantolini e vani che pregano e l pregato non risponde ma per fare esser ben la voglia acuta tien alto lor disio e nol nasconde Poi si part s come ricreduta e noi venimmo al grande arbore adesso che tanti prieghi e lagrime rifiuta Trapassate oltre sanza farvi presso legno pi s che fu morso da Eva e questa pianta si lev da esso S tra le frasche non so chi diceva per che Virgilio e Stazio e io ristretti oltre andavam dal lato che si leva Ricordivi dicea di maladetti nei nuvoli formati che satolli Teseo combatter co doppi petti e de li Ebrei chal ber si mostrar molli per che no i volle Gedeon compagni quando inver Madian discese i colli S accostati a lun di due vivagni passammo udendo colpe de la gola seguite gi da miseri guadagni Poi rallargati per la strada sola ben mille passi e pi ci portar oltre contemplando ciascun sanza parola Che andate pensando s voi sol tre sbita voce disse ondio mi scossi come fan bestie spaventate e poltre Drizzai la testa per veder chi fossi e gi mai non si videro in fornace vetri o metalli s lucenti e rossi comio vidi un che dicea Sa voi piace montare in s qui si convien dar volta quinci si va chi vuole andar per pace Laspetto suo mavea la vista tolta per chio mi volsi dietro a miei dottori comom che va secondo chelli ascolta E quale annunziatrice de li albori laura di maggio movesi e olezza tutta impregnata da lerba e da fiori tal mi senti un vento dar per mezza la fronte e ben senti mover la piuma che f sentir dambrosia lorezza E senti dir Beati cui alluma tanto di grazia che lamor del gusto nel petto lor troppo disir non fuma esuriendo sempre quanto giusto Purgatorio Canto V Ora era onde l salir non volea storpio ch l sole avea il cerchio di merigge lasciato al Tauro e la notte a lo Scorpio per che come fa luom che non saffigge ma vassi a la via sua che che li appaia se di bisogno stimolo il trafigge cos intrammo noi per la callaia uno innanzi altro prendendo la scala che per artezza i salitor dispaia E quale il cicognin che leva lala per voglia di volare e non sattenta dabbandonar lo nido e gi la cala tal era io con voglia accesa e spenta di dimandar venendo infino a latto che fa colui cha dicer sargomenta Non lasci per landar che fosse ratto lo dolce padre mio ma disse Scocca larco del dir che nfino al ferro hai tratto Allor sicuramente apri la bocca e cominciai Come si pu far magro l dove luopo di nodrir non tocca Se tammentassi come Meleagro si consum al consumar dun stizzo non fora disse a te questo s agro e se pensassi come al vostro guizzo guizza dentro a lo specchio vostra image ci che par duro ti parrebbe vizzo Ma perch dentro a tuo voler tadage ecco qui Stazio e io lui chiamo e prego che sia or sanator de le tue piage Se la veduta etterna li dislego rispuose Stazio l dove tu sie discolpi me non potertio far nego Poi cominci Se le parole mie figlio la mente tua guarda e riceve lume ti fiero al come che tu die Sangue perfetto che poi non si beve da lassetate vene e si rimane quasi alimento che di mensa leve prende nel core a tutte membra umane virtute informativa come quello cha farsi quelle per le vene vane Ancor digesto scende ov pi bello tacer che dire e quindi poscia geme sovraltrui sangue in natural vasello Ivi saccoglie luno e laltro insieme lun disposto a patire e laltro a fare per lo perfetto loco onde si preme e giunto lui comincia ad operare coagulando prima e poi avviva ci che per sua matera f constare Anima fatta la virtute attiva qual duna pianta in tanto differente che questa in via e quella gi a riva tanto ovra poi che gi si move e sente come spungo marino e indi imprende ad organar le posse ond semente Or si spiega figliuolo or si distende la virt ch dal cor del generante dove natura a tutte membra intende Ma come danimal divegna fante non vedi tu ancor quest tal punto che pi savio di te f gi errante s che per sua dottrina f disgiunto da lanima il possibile intelletto perch da lui non vide organo assunto Apri a la verit che viene il petto e sappi che s tosto come al feto larticular del cerebro perfetto lo motor primo a lui si volge lieto sovra tantarte di natura e spira spirito novo di vert repleto che ci che trova attivo quivi tira in sua sustanzia e fassi unalma sola che vive e sente e s in s rigira E perch meno ammiri la parola guarda il calor del sole che si fa vino giunto a lomor che de la vite cola Quando Lachess non ha pi del lino solvesi da la carne e in virtute ne porta seco e lumano e l divino laltre potenze tutte quante mute memoria intelligenza e volontade in atto molto pi che prima agute Sanza restarsi per s stessa cade mirabilmente a luna de le rive quivi conosce prima le sue strade Tosto che loco l la circunscrive la virt formativa raggia intorno cos e quanto ne le membra vive E come laere quand ben piorno per laltrui raggio che n s si reflette di diversi color diventa addorno cos laere vicin quivi si mette in quella forma ch in lui suggella virtualmente lalma che ristette e simigliante poi a la fiammella che segue il foco l vunque si muta segue lo spirto sua forma novella Per che quindi ha poscia sua paruta chiamata ombra e quindi organa poi ciascun sentire infino a la veduta Quindi parliamo e quindi ridiam noi quindi facciam le lagrime e sospiri che per lo monte aver sentiti puoi Secondo che ci affiggono i disiri e li altri affetti lombra si figura e quest la cagion di che tu miri E gi venuto a lultima tortura sera per noi e vlto a la man destra ed eravamo attenti ad altra cura Quivi la ripa fiamma in fuor balestra e la cornice spira fiato in suso che la reflette e via da lei sequestra ondir ne convenia dal lato schiuso ad uno ad uno e io temea l foco quinci e quindi temeva cader giuso Lo duca mio dicea Per questo loco si vuol tenere a li occhi stretto il freno per cherrar potrebbesi per poco Summae Deus clementiae nel seno al grande ardore allora udi cantando che di volger mi f caler non meno e vidi spirti per la fiamma andando per chio guardava a loro e a miei passi compartendo la vista a quando a quando Appresso il fine cha quellinno fassi gridavano alto Virum non cognosco indi ricominciavan linno bassi Finitolo anco gridavano Al bosco si tenne Diana ed Elice caccionne che di Venere avea sentito il tsco Indi al cantar tornavano indi donne gridavano e mariti che fuor casti come virtute e matrimonio imponne E questo modo credo che lor basti per tutto il tempo che l foco li abbruscia con tal cura conviene e con tai pasti che la piaga da sezzo si ricuscia Purgatorio Canto VI Mentre che s per lorlo uno innanzi altro ce nandavamo e spesso il buon maestro diceami Guarda giovi chio ti scaltro feriami il sole in su lomero destro che gi raggiando tutto loccidente mutava in bianco aspetto di cilestro e io facea con lombra pi rovente parer la fiamma e pur a tanto indizio vidi moltombre andando poner mente Questa fu la cagion che diede inizio loro a parlar di me e cominciarsi a dir Colui non par corpo fittizio poi verso me quanto potean farsi certi si fero sempre con riguardo di non uscir dove non fosser arsi O tu che vai non per esser pi tardo ma forse reverente a li altri dopo rispondi a me che n sete e n foco ardo N solo a me la tua risposta uopo ch tutti questi nhanno maggior sete che dacqua fredda Indo o Etiopo Dinne com che fai di te parete al sol pur come tu non fossi ancora di morte intrato dentro da la rete S mi parlava un dessi e io mi fora gi manifesto sio non fossi atteso ad altra novit chapparve allora ch per lo mezzo del cammino acceso venne gente col viso incontro a questa la qual mi fece a rimirar sospeso L veggio dogne parte farsi presta ciascunombra e basciarsi una con una sanza restar contente a brieve festa cos per entro loro schiera bruna sammusa luna con laltra formica forse a spiar lor via e lor fortuna Tosto che parton laccoglienza amica prima che l primo passo l trascorra sopragridar ciascuna saffatica la nova gente Soddoma e Gomorra e laltra Ne la vacca entra Pasife perch l torello a sua lussuria corra Poi come grue cha le montagne Rife volasser parte e parte inver larene queste del gel quelle del sole schife luna gente sen va laltra sen vene e tornan lagrimando a primi canti e al gridar che pi lor si convene e raccostansi a me come davanti essi medesmi che mavean pregato attenti ad ascoltar ne lor sembianti Io che due volte avea visto lor grato incominciai O anime sicure daver quando che sia di pace stato non son rimase acerbe n mature le membra mie di l ma son qui meco col sangue suo e con le sue giunture Quinci s vo per non esser pi cieco donna di sopra che macquista grazia per che l mortal per vostro mondo reco Ma se la vostra maggior voglia sazia tosto divegna s che l ciel valberghi ch pien damore e pi ampio si spazia ditemi acci chancor carte ne verghi chi siete voi e chi quella turba che se ne va di retro a vostri terghi Non altrimenti stupido si turba lo montanaro e rimirando ammuta quando rozzo e salvatico sinurba che ciascunombra fece in sua paruta ma poi che furon di stupore scarche lo qual ne li alti cuor tosto sattuta Beato te che de le nostre marche ricominci colei che pria minchiese per morir meglio esperienza imbarche La gente che non vien con noi offese di ci per che gi Cesar triunfando Regina contra s chiamar sintese per si parton Soddoma gridando rimproverando a s comhai udito e aiutan larsura vergognando Nostro peccato fu ermafrodito ma perch non servammo umana legge seguendo come bestie lappetito in obbrobrio di noi per noi si legge quando partinci il nome di colei che simbesti ne le mbestiate schegge Or sai nostri atti e di che fummo rei se forse a nome vuo saper chi semo tempo non di dire e non saprei Farotti ben di me volere scemo son Guido Guinizzelli e gi mi purgo per ben dolermi prima cha lo stremo Quali ne la tristizia di Ligurgo si fer due figli a riveder la madre tal mi fecio ma non a tanto insurgo quandio odo nomar s stesso il padre mio e de li altri miei miglior che mai rime damore usar dolci e leggiadre e sanza udire e dir pensoso andai lunga fiata rimirando lui n per lo foco in l pi mappressai Poi che di riguardar pasciuto fui tutto moffersi pronto al suo servigio con laffermar che fa credere altrui Ed elli a me Tu lasci tal vestigio per quel chi odo in me e tanto chiaro che Let nol pu trre n far bigio Ma se le tue parole or ver giuraro dimmi che cagion per che dimostri nel dire e nel guardar davermi caro E io a lui Li dolci detti vostri che quanto durer luso moderno faranno cari ancora i loro incostri O frate disse questi chio ti cerno col dito e addit un spirto innanzi fu miglior fabbro del parlar materno Versi damore e prose di romanzi soverchi tutti e lascia dir li stolti che quel di Lemos credon chavanzi A voce pi chal ver drizzan li volti e cos ferman sua oppinione prima charte o ragion per lor sascolti Cos fer molti antichi di Guittone di grido in grido pur lui dando pregio fin che lha vinto il ver con pi persone Or se tu hai s ampio privilegio che licito ti sia landare al chiostro nel quale Cristo abate del collegio falli per me un dir dun paternostro quanto bisogna a noi di questo mondo dove poter peccar non pi nostro Poi forse per dar luogo altrui secondo che presso avea disparve per lo foco come per lacqua il pesce andando al fondo Io mi fei al mostrato innanzi un poco e dissi chal suo nome il mio disire apparecchiava grazioso loco El cominci liberamente a dire Tan mabellis vostre cortes deman quieu no me puesc ni voill a vos cobrire Ieu sui Arnaut que plor e vau cantan consiros vei la passada folor e vei ausen lo oi quesper denan Ara vos prec per aquella valor que vos guida al som de lescalina sovenha vos a temps de ma dolor Poi sascose nel foco che li affina Purgatorio Canto VII S come quando i primi raggi vibra l dove il suo fattor lo sangue sparse cadendo Ibero sotto lalta Libra e londe in Gange da nona riarse s stava il sole onde l giorno sen giva come langel di Dio lieto ci apparse Fuor de la fiamma stava in su la riva e cantava Beati mundo corde in voce assai pi che la nostra viva Poscia Pi non si va se pria non morde anime sante il foco intrate in esso e al cantar di l non siate sorde ci disse come noi li fummo presso per chio divenni tal quando lo ntesi qual colui che ne la fossa messo In su le man commesse mi protesi guardando il foco e imaginando forte umani corpi gi veduti accesi Volsersi verso me le buone scorte e Virgilio mi disse Figliuol mio qui pu esser tormento ma non morte Ricorditi ricorditi E se io sovresso Gerion ti guidai salvo che far ora presso pi a Dio Credi per certo che se dentro a lalvo di questa fiamma stessi ben mille anni non ti potrebbe far dun capel calvo E se tu forse credi chio tinganni fatti ver lei e fatti far credenza con le tue mani al lembo di tuoi panni Pon gi omai pon gi ogni temenza volgiti in qua e vieni entra sicuro E io pur fermo e contra coscienza Quando mi vide star pur fermo e duro turbato un poco disse Or vedi figlio tra Beatrice e te questo muro Come al nome di Tisbe aperse il ciglio Piramo in su la morte e riguardolla allor che l gelso divent vermiglio cos la mia durezza fatta solla mi volsi al savio duca udendo il nome che ne la mente sempre mi rampolla Ondei croll la fronte e disse Come volenci star di qua indi sorrise come al fanciul si fa ch vinto al pome Poi dentro al foco innanzi mi si mise pregando Stazio che venisse retro che pria per lunga strada ci divise S comfui dentro in un bogliente vetro gittato mi sarei per rinfrescarmi tantera ivi lo ncendio sanza metro Lo dolce padre mio per confortarmi pur di Beatrice ragionando andava dicendo Li occhi suoi gi veder parmi Guidavaci una voce che cantava di l e noi attenti pur a lei venimmo fuor l ove si montava Venite benedicti Patris mei son dentro a un lume che l era tal che mi vinse e guardar nol potei Lo sol sen va soggiunse e vien la sera non varrestate ma studiate il passo mentre che loccidente non si annera Dritta salia la via per entro l sasso verso tal parte chio toglieva i raggi dinanzi a me del sol chera gi basso E di pochi scaglion levammo i saggi che l sol corcar per lombra che si spense sentimmo dietro e io e li miei saggi E pria che n tutte le sue parti immense fosse orizzonte fatto duno aspetto e notte avesse tutte sue dispense ciascun di noi dun grado fece letto ch la natura del monte ci affranse la possa del salir pi e l diletto Quali si stanno ruminando manse le capre state rapide e proterve sovra le cime avante che sien pranse tacite a lombra mentre che l sol ferve guardate dal pastor che n su la verga poggiato s e lor di posa serve e quale il mandrian che fori alberga lungo il pecuglio suo queto pernotta guardando perch fiera non lo sperga tali eravamo tutti e tre allotta io come capra ed ei come pastori fasciati quinci e quindi dalta grotta Poco parer potea l del di fori ma per quel poco vedea io le stelle di lor solere e pi chiare e maggiori S ruminando e s mirando in quelle mi prese il sonno il sonno che sovente anzi che l fatto sia sa le novelle Ne lora credo che de loriente prima raggi nel monte Citerea che di foco damor par sempre ardente giovane e bella in sogno mi parea donna vedere andar per una landa cogliendo fiori e cantando dicea Sappia qualunque il mio nome dimanda chi mi son Lia e vo movendo intorno le belle mani a farmi una ghirlanda Per piacermi a lo specchio qui maddorno ma mia suora Rachel mai non si smaga dal suo miraglio e siede tutto giorno Ell di suoi belli occhi veder vaga comio de laddornarmi con le mani lei lo vedere e me lovrare appaga E gi per li splendori antelucani che tanto a pellegrin surgon pi grati quanto tornando albergan men lontani le tenebre fuggian da tutti lati e l sonno mio con esse ondio levami veggendo i gran maestri gi levati Quel dolce pome che per tanti rami cercando va la cura de mortali oggi porr in pace le tue fami Virgilio inverso me queste cotali parole us e mai non furo strenne che fosser di piacere a queste iguali Tanto voler sopra voler mi venne de lesser s chad ogne passo poi al volo mi sentia crescer le penne Come la scala tutta sotto noi fu corsa e fummo in su l grado superno in me ficc Virgilio li occhi suoi e disse Il temporal foco e letterno veduto hai figlio e se venuto in parte dovio per me pi oltre non discerno Tratto tho qui con ingegno e con arte lo tuo piacere omai prendi per duce fuor se de lerte vie fuor se de larte Vedi lo sol che n fronte ti riluce vedi lerbette i fiori e li arbuscelli che qui la terra sol da s produce Mentre che vegnan lieti li occhi belli che lagrimando a te venir mi fenno seder ti puoi e puoi andar tra elli Non aspettar mio dir pi n mio cenno libero dritto e sano tuo arbitrio e fallo fora non fare a suo senno per chio te sovra te corono e mitrio Purgatorio Canto VIII Vago gi di cercar dentro e dintorno la divina foresta spessa e viva cha li occhi temperava il novo giorno sanza pi aspettar lasciai la riva prendendo la campagna lento lento su per lo suol che dogne parte auliva Unaura dolce sanza mutamento avere in s mi feria per la fronte non di pi colpo che soave vento per cui le fronde tremolando pronte tutte quante piegavano a la parte u la primombra gitta il santo monte non per dal loro esser dritto sparte tanto che li augelletti per le cime lasciasser doperare ogne lor arte ma con piena letizia lore prime cantando ricevieno intra le foglie che tenevan bordone a le sue rime tal qual di ramo in ramo si raccoglie per la pineta in su l lito di Chiassi quandEolo scilocco fuor discioglie Gi mavean trasportato i lenti passi dentro a la selva antica tanto chio non potea rivedere ondio mi ntrassi ed ecco pi andar mi tolse un rio che nver sinistra con sue picciole onde piegava lerba che n sua ripa usco Tutte lacque che son di qua pi monde parrieno avere in s mistura alcuna verso di quella che nulla nasconde avvegna che si mova bruna bruna sotto lombra perpetua che mai raggiar non lascia sole ivi n luna Coi pi ristretti e con li occhi passai di l dal fiumicello per mirare la gran variazion di freschi mai e l mapparve s comelli appare subitamente cosa che disvia per maraviglia tutto altro pensare una donna soletta che si gia e cantando e scegliendo fior da fiore ondera pinta tutta la sua via Deh bella donna che a raggi damore ti scaldi si vo credere a sembianti che soglion esser testimon del core vegnati in voglia di trarreti avanti dissio a lei verso questa rivera tanto chio possa intender che tu canti Tu mi fai rimembrar dove e qual era Proserpina nel tempo che perdette la madre lei ed ella primavera Come si volge con le piante strette a terra e intra s donna che balli e piede innanzi piede a pena mette volsesi in su i vermigli e in su i gialli fioretti verso me non altrimenti che vergine che li occhi onesti avvalli e fece i prieghi miei esser contenti s appressando s che l dolce suono veniva a me co suoi intendimenti Tosto che fu l dove lerbe sono bagnate gi da londe del bel fiume di levar li occhi suoi mi fece dono Non credo che splendesse tanto lume sotto le ciglia a Venere trafitta dal figlio fuor di tutto suo costume Ella ridea da laltra riva dritta trattando pi color con le sue mani che lalta terra sanza seme gitta Tre passi ci facea il fiume lontani ma Elesponto l ve pass Serse ancora freno a tutti orgogli umani pi odio da Leandro non sofferse per mareggiare intra Sesto e Abido che quel da me perchallor non saperse Voi siete nuovi e forse perchio rido cominci ella in questo luogo eletto a lumana natura per suo nido maravigliando tienvi alcun sospetto ma luce rende il salmo Delectasti che puote disnebbiar vostro intelletto E tu che se dinanzi e mi pregasti d saltro vuoli udir chi venni presta ad ogne tua question tanto che basti Lacqua dissio e l suon de la foresta impugnan dentro a me novella fede di cosa chio udi contraria a questa Ondella Io dicer come procede per sua cagion ci chammirar ti face e purgher la nebbia che ti fiede Lo sommo Ben che solo esso a s piace f luom buono e a bene e questo loco diede per arra lui detterna pace Per sua difalta qui dimor poco per sua difalta in pianto e in affanno cambi onesto riso e dolce gioco Perch l turbar che sotto da s fanno lessalazion de lacqua e de la terra che quanto posson dietro al calor vanno a luomo non facesse alcuna guerra questo monte salo verso l ciel tanto e libero n dindi ove si serra Or perch in circuito tutto quanto laere si volge con la prima volta se non li rotto il cerchio dalcun canto in questa altezza ch tutta disciolta ne laere vivo tal moto percuote e fa sonar la selva perch folta e la percossa pianta tanto puote che de la sua virtute laura impregna e quella poi girando intorno scuote e laltra terra secondo ch degna per s e per suo ciel concepe e figlia di diverse virt diverse legna Non parrebbe di l poi maraviglia udito questo quando alcuna pianta sanza seme palese vi sappiglia E saper dei che la campagna santa dove tu se dogne semenza piena e frutto ha in s che di l non si schianta Lacqua che vedi non surge di vena che ristori vapor che gel converta come fiume chacquista e perde lena ma esce di fontana salda e certa che tanto dal voler di Dio riprende quantella versa da due parti aperta Da questa parte con virt discende che toglie altrui memoria del peccato da laltra dogne ben fatto la rende Quinci Let cos da laltro lato Euno si chiama e non adopra se quinci e quindi pria non gustato a tutti altri sapori esto di sopra E avvegna chassai possa esser sazia la sete tua perchio pi non ti scuopra darotti un corollario ancor per grazia n credo che l mio dir ti sia men caro se oltre promession teco si spazia Quelli chanticamente poetaro let de loro e suo stato felice forse in Parnaso esto loco sognaro Qui fu innocente lumana radice qui primavera sempre e ogne frutto nettare questo di che ciascun dice Io mi rivolsi n dietro allora tutto a miei poeti e vidi che con riso udito avean lultimo costrutto poi a la bella donna torna il viso Purgatorio Canto I Cantando come donna innamorata continu col fin di sue parole Beati quorum tecta sunt peccata E come ninfe che si givan sole per le salvatiche ombre disiando qual di veder qual di fuggir lo sole allor si mosse contra l fiume andando su per la riva e io pari di lei picciol passo con picciol seguitando Non eran cento tra suoi passi e miei quando le ripe igualmente dier volta per modo cha levante mi rendei N ancor fu cos nostra via molta quando la donna tutta a me si torse dicendo Frate mio guarda e ascolta Ed ecco un lustro sbito trascorse da tutte parti per la gran foresta tal che di balenar mi mise in forse Ma perch l balenar come vien resta e quel durando pi e pi splendeva nel mio pensier dicea Che cosa questa E una melodia dolce correva per laere luminoso onde buon zelo mi f riprender lardimento dEva che l dove ubidia la terra e l cielo femmina sola e pur test formata non sofferse di star sotto alcun velo sotto l qual se divota fosse stata avrei quelle ineffabili delizie sentite prima e pi lunga fiata Mentrio mandava tra tante primizie de letterno piacer tutto sospeso e disioso ancora a pi letizie dinanzi a noi tal quale un foco acceso ci si f laere sotto i verdi rami e l dolce suon per canti era gi inteso O sacrosante Vergini se fami freddi o vigilie mai per voi soffersi cagion mi sprona chio merc vi chiami Or convien che Elicona per me versi e Urane maiuti col suo coro forti cose a pensar mettere in versi Poco pi oltre sette alberi doro falsava nel parere il lungo tratto del mezzo chera ancor tra noi e loro ma quandi fui s presso di lor fatto che lobietto comun che l senso inganna non perdea per distanza alcun suo atto la virt cha ragion discorso ammanna s comelli eran candelabri apprese e ne le voci del cantare Osanna Di sopra fiammeggiava il bello arnese pi chiaro assai che luna per sereno di mezza notte nel suo mezzo mese Io mi rivolsi dammirazion pieno al buon Virgilio ed esso mi rispuose con vista carca di stupor non meno Indi rendei laspetto a lalte cose che si movieno incontra noi s tardi che foran vinte da novelle spose La donna mi sgrid Perch pur ardi s ne laffetto de le vive luci e ci che vien di retro a lor non guardi Genti vidio allor come a lor duci venire appresso vestite di bianco e tal candor di qua gi mai non fuci Lacqua imprendea dal sinistro fianco e rendea me la mia sinistra costa sio riguardava in lei come specchio anco Quandio da la mia riva ebbi tal posta che solo il fiume mi facea distante per veder meglio ai passi diedi sosta e vidi le fiammelle andar davante lasciando dietro a s laere dipinto e di tratti pennelli avean sembiante s che l sopra rimanea distinto di sette liste tutte in quei colori onde fa larco il Sole e Delia il cinto Questi ostendali in dietro eran maggiori che la mia vista e quanto a mio avviso diece passi distavan quei di fori Sotto cos bel ciel comio diviso ventiquattro seniori a due a due coronati venien di fiordaliso Tutti cantavan Benedicta tue ne le figlie dAdamo e benedette sieno in etterno le bellezze tue Poscia che i fiori e laltre fresche erbette a rimpetto di me da laltra sponda libere fuor da quelle genti elette s come luce luce in ciel seconda vennero appresso lor quattro animali coronati ciascun di verde fronda Ognuno era pennuto di sei ali le penne piene docchi e li occhi dArgo se fosser vivi sarebber cotali A descriver lor forme pi non spargo rime lettor chaltra spesa mi strigne tanto cha questa non posso esser largo ma leggi Ezechiel che li dipigne come li vide da la fredda parte venir con vento e con nube e con igne e quali i troverai ne le sue carte tali eran quivi salvo cha le penne Giovanni meco e da lui si diparte Lo spazio dentro a lor quattro contenne un carro in su due rote triunfale chal collo dun grifon tirato venne Esso tendeva in s luna e laltra ale tra la mezzana e le tre e tre liste s cha nulla fendendo facea male Tanto salivan che non eran viste le membra doro avea quantera uccello e bianche laltre di vermiglio miste Non che Roma di carro cos bello rallegrasse Affricano o vero Augusto ma quel del Sol saria pover con ello quel del Sol che sviando fu combusto per lorazion de la Terra devota quando fu Giove arcanamente giusto Tre donne in giro da la destra rota venian danzando luna tanto rossa cha pena fora dentro al foco nota laltrera come se le carni e lossa fossero state di smeraldo fatte la terza parea neve test mossa e or parean da la bianca tratte or da la rossa e dal canto di questa laltre toglien landare e tarde e ratte Da la sinistra quattro facean festa in porpore vestite dietro al modo duna di lor chavea tre occhi in testa Appresso tutto il pertrattato nodo vidi due vecchi in abito dispari ma pari in atto e onesto e sodo Lun si mostrava alcun de famigliari di quel sommo Ipocrte che natura a li animali f chellha pi cari mostrava laltro la contraria cura con una spada lucida e aguta tal che di qua dal rio mi f paura Poi vidi quattro in umile paruta e di retro da tutti un vecchio solo venir dormendo con la faccia arguta E questi sette col primaio stuolo erano abituati ma di gigli dintorno al capo non facean brolo anzi di rose e daltri fior vermigli giurato avria poco lontano aspetto che tutti ardesser di sopra da cigli E quando il carro a me fu a rimpetto un tuon sud e quelle genti degne parvero aver landar pi interdetto fermandosi ivi con le prime insegne Purgatorio Canto Quando il settentrion del primo cielo che n occaso mai seppe n orto n daltra nebbia che di colpa velo e che faceva l ciascun accorto di suo dover come l pi basso face qual temon gira per venire a porto fermo saffisse la gente verace venuta prima tra l grifone ed esso al carro volse s come a sua pace e un di loro quasi da ciel messo Veni sponsa de Libano cantando grid tre volte e tutti li altri appresso Quali i beati al novissimo bando surgeran presti ognun di sua caverna la revestita voce alleluiando cotali in su la divina basterna si levar cento ad vocem tanti senis ministri e messaggier di vita etterna Tutti dicean Benedictus qui venis e fior gittando e di sopra e dintorno Manibus oh date lilia plenis Io vidi gi nel cominciar del giorno la parte oriental tutta rosata e laltro ciel di bel sereno addorno e la faccia del sol nascere ombrata s che per temperanza di vapori locchio la sostenea lunga fiata cos dentro una nuvola di fiori che da le mani angeliche saliva e ricadeva in gi dentro e di fori sovra candido vel cinta duliva donna mapparve sotto verde manto vestita di color di fiamma viva E lo spirito mio che gi cotanto tempo era stato cha la sua presenza non era di stupor tremando affranto sanza de li occhi aver pi conoscenza per occulta virt che da lei mosse dantico amor sent la gran potenza Tosto che ne la vista mi percosse lalta virt che gi mavea trafitto prima chio fuor di puerizia fosse volsimi a la sinistra col respitto col quale il fantolin corre a la mamma quando ha paura o quando elli afflitto per dicere a Virgilio Men che dramma di sangue m rimaso che non tremi conosco i segni de lantica fiamma Ma Virgilio navea lasciati scemi di s Virgilio dolcissimo patre Virgilio a cui per mia salute diemi n quantunque perdeo lantica matre valse a le guance nette di rugiada che lagrimando non tornasser atre Dante perch Virgilio se ne vada non pianger anco non pianger ancora ch pianger ti conven per altra spada Quasi ammiraglio che in poppa e in prora viene a veder la gente che ministra per li altri legni e a ben far lincora in su la sponda del carro sinistra quando mi volsi al suon del nome mio che di necessit qui si registra vidi la donna che pria mappario velata sotto langelica festa drizzar li occhi ver me di qua dal rio Tutto che l vel che le scendea di testa cerchiato de le fronde di Minerva non la lasciasse parer manifesta regalmente ne latto ancor proterva continu come colui che dice e l pi caldo parlar dietro reserva Guardaci ben Ben son ben son Beatrice Come degnasti daccedere al monte non sapei tu che qui luom felice Li occhi mi cadder gi nel chiaro fonte ma veggendomi in esso i trassi a lerba tanta vergogna mi grav la fronte Cos la madre al figlio par superba comella parve a me perch damaro sente il sapor de la pietade acerba Ella si tacque e li angeli cantaro di subito In te Domine speravi ma oltre pedes meos non passaro S come neve tra le vive travi per lo dosso dItalia si congela soffiata e stretta da li venti schiavi poi liquefatta in s stessa trapela pur che la terra che perde ombra spiri s che par foco fonder la candela cos fui sanza lagrime e sospiri anzi l cantar di quei che notan sempre dietro a le note de li etterni giri ma poi che ntesi ne le dolci tempre lor compatire a me par che se detto avesser Donna perch s lo stempre lo gel che mera intorno al cor ristretto spirito e acqua fessi e con angoscia de la bocca e de li occhi usc del petto Ella pur ferma in su la detta coscia del carro stando a le sustanze pie volse le sue parole cos poscia Voi vigilate ne letterno die s che notte n sonno a voi non fura passo che faccia il secol per sue vie onde la mia risposta con pi cura che mintenda colui che di l piagne perch sia colpa e duol duna misura Non pur per ovra de le rote magne che drizzan ciascun seme ad alcun fine secondo che le stelle son compagne ma per larghezza di grazie divine che s alti vapori hanno a lor piova che nostre viste l non van vicine questi fu tal ne la sua vita nova virtualmente chogne abito destro fatto averebbe in lui mirabil prova Ma tanto pi maligno e pi silvestro si fa l terren col mal seme e non clto quantelli ha pi di buon vigor terrestro Alcun tempo il sostenni col mio volto mostrando li occhi giovanetti a lui meco il menava in dritta parte vlto S tosto come in su la soglia fui di mia seconda etade e mutai vita questi si tolse a me e diessi altrui Quando di carne a spirto era salita e bellezza e virt cresciuta mera fu io a lui men cara e men gradita e volse i passi suoi per via non vera imagini di ben seguendo false che nulla promession rendono intera N limpetrare ispirazion mi valse con le quali e in sogno e altrimenti lo rivocai s poco a lui ne calse Tanto gi cadde che tutti argomenti a la salute sua eran gi corti fuor che mostrarli le perdute genti Per questo visitai luscio di morti e a colui che lha qua s condotto li prieghi miei piangendo furon porti Alto fato di Dio sarebbe rotto se Let si passasse e tal vivanda fosse gustata sanza alcuno scotto di pentimento che lagrime spanda Purgatorio Canto I O tu che se di l dal fiume sacro volgendo suo parlare a me per punta che pur per taglio mera paruto acro ricominci seguendo sanza cunta d d se questo vero a tanta accusa tua confession conviene esser congiunta Era la mia virt tanto confusa che la voce si mosse e pria si spense che da li organi suoi fosse dischiusa Poco sofferse poi disse Che pense Rispondi a me ch le memorie triste in te non sono ancor da lacqua offense Confusione e paura insieme miste mi pinsero un tal s fuor de la bocca al quale intender fuor mestier le viste Come balestro frange quando scocca da troppa tesa la sua corda e larco e con men foga lasta il segno tocca s scoppia io sottesso grave carco fuori sgorgando lagrime e sospiri e la voce allent per lo suo varco Ondella a me Per entro i mie disiri che ti menavano ad amar lo bene di l dal qual non a che saspiri quai fossi attraversati o quai catene trovasti per che del passare innanzi dovessiti cos spogliar la spene E quali agevolezze o quali avanzi ne la fronte de li altri si mostraro per che dovessi lor passeggiare anzi Dopo la tratta dun sospiro amaro a pena ebbi la voce che rispuose e le labbra a fatica la formaro Piangendo dissi Le presenti cose col falso lor piacer volser miei passi tosto che l vostro viso si nascose Ed ella Se tacessi o se negassi ci che confessi non fora men nota la colpa tua da tal giudice sassi Ma quando scoppia de la propria gota laccusa del peccato in nostra corte rivolge s contra l taglio la rota Tuttavia perch mo vergogna porte del tuo errore e perch altra volta udendo le serene sie pi forte pon gi il seme del piangere e ascolta s udirai come in contraria parte mover dovieti mia carne sepolta Mai non tappresent natura o arte piacer quanto le belle membra in chio rinchiusa fui e che so n terra sparte e se l sommo piacer s ti fallio per la mia morte qual cosa mortale dovea poi trarre te nel suo disio Ben ti dovevi per lo primo strale de le cose fallaci levar suso di retro a me che non era pi tale Non ti dovea gravar le penne in giuso ad aspettar pi colpo o pargoletta o altra vanit con s breve uso Novo augelletto due o tre aspetta ma dinanzi da li occhi di pennuti rete si spiega indarno o si saetta Quali fanciulli vergognando muti con li occhi a terra stannosi ascoltando e s riconoscendo e ripentuti tal mi stavio ed ella disse Quando per udir se dolente alza la barba e prenderai pi doglia riguardando Con men di resistenza si dibarba robusto cerro o vero al nostral vento o vero a quel de la terra di Iarba chio non levai al suo comando il mento e quando per la barba il viso chiese ben conobbi il velen de largomento E come la mia faccia si distese posarsi quelle prime creature da loro aspersion locchio comprese e le mie luci ancor poco sicure vider Beatrice volta in su la fiera ch sola una persona in due nature Sotto l suo velo e oltre la rivera vincer pariemi pi s stessa antica vincer che laltre qui quandella cera Di penter s mi punse ivi lortica che di tutte altre cose qual mi torse pi nel suo amor pi mi si f nemica Tanta riconoscenza il cor mi morse chio caddi vinto e quale allora femmi salsi colei che la cagion mi porse Poi quando il cor virt di fuor rendemmi la donna chio avea trovata sola sopra me vidi e dicea Tiemmi tiemmi Tratto mavea nel fiume infin la gola e tirandosi me dietro sen giva sovresso lacqua lieve come scola Quando fui presso a la beata riva Asperges me s dolcemente udissi che nol so rimembrar non chio lo scriva La bella donna ne le braccia aprissi abbracciommi la testa e mi sommerse ove convenne chio lacqua inghiottissi Indi mi tolse e bagnato mofferse dentro a la danza de le quattro belle e ciascuna del braccio mi coperse Noi siam qui ninfe e nel ciel siamo stelle pria che Beatrice discendesse al mondo fummo ordinate a lei per sue ancelle Merrenti a li occhi suoi ma nel giocondo lume ch dentro aguzzeranno i tuoi le tre di l che miran pi profondo Cos cantando cominciaro e poi al petto del grifon seco menarmi ove Beatrice stava volta a noi Disser Fa che le viste non risparmi posto tavem dinanzi a li smeraldi ondAmor gi ti trasse le sue armi Mille disiri pi che fiamma caldi strinsermi li occhi a li occhi rilucenti che pur sopra l grifone stavan saldi Come in lo specchio il sol non altrimenti la doppia fiera dentro vi raggiava or con altri or con altri reggimenti Pensa lettor sio mi maravigliava quando vedea la cosa in s star queta e ne lidolo suo si trasmutava Mentre che piena di stupore e lieta lanima mia gustava di quel cibo che saziando di s di s asseta s dimostrando di pi alto tribo ne li atti laltre tre si fero avanti danzando al loro angelico caribo Volgi Beatrice volgi li occhi santi era la sua canzone al tuo fedele che per vederti ha mossi passi tanti Per grazia fa noi grazia che disvele a lui la bocca tua s che discerna la seconda bellezza che tu cele O isplendor di viva luce etterna chi palido si fece sotto lombra s di Parnaso o bevve in sua cisterna che non paresse aver la mente ingombra tentando a render te qual tu paresti l dove armonizzando il ciel tadombra quando ne laere aperto ti solvesti Purgatorio Canto II Tanteran li occhi miei fissi e attenti a disbramarsi la decenne sete che li altri sensi meran tutti spenti Ed essi quinci e quindi avien parete di non caler cos lo santo riso a s trali con lantica rete quando per forza mi fu vlto il viso ver la sinistra mia da quelle dee perchio udi da loro un Troppo fiso e la disposizion cha veder e ne li occhi pur test dal sol percossi sanza la vista alquanto esser mi fe Ma poi chal poco il viso riformossi e dico al poco per rispetto al molto sensibile onde a forza mi rimossi vidi n sul braccio destro esser rivolto lo glorioso essercito e tornarsi col sole e con le sette fiamme al volto Come sotto li scudi per salvarsi volgesi schiera e s gira col segno prima che possa tutta in s mutarsi quella milizia del celeste regno che procedeva tutta trapassonne pria che piegasse il carro il primo legno Indi a le rote si tornar le donne e l grifon mosse il benedetto carco s che per nulla penna crollonne La bella donna che mi trasse al varco e Stazio e io seguitavam la rota che f lorbita sua con minore arco S passeggiando lalta selva vta colpa di quella chal serpente crese temprava i passi unangelica nota Forse in tre voli tanto spazio prese disfrenata saetta quanto eramo rimossi quando Beatrice scese Io senti mormorare a tutti Adamo poi cerchiaro una pianta dispogliata di foglie e daltra fronda in ciascun ramo La coma sua che tanto si dilata pi quanto pi s fora da lIndi ne boschi lor per altezza ammirata Beato se grifon che non discindi col becco desto legno dolce al gusto poscia che mal si torce il ventre quindi Cos dintorno a lalbero robusto gridaron li altri e lanimal binato S si conserva il seme dogne giusto E vlto al temo chelli avea tirato trasselo al pi de la vedova frasca e quel di lei a lei lasci legato Come le nostre piante quando casca gi la gran luce mischiata con quella che raggia dietro a la celeste lasca turgide fansi e poi si rinovella di suo color ciascuna pria che l sole giunga li suoi corsier sotto altra stella men che di rose e pi che di viole colore aprendo sinnov la pianta che prima avea le ramora s sole Io non lo ntesi n qui non si canta linno che quella gente allor cantaro n la nota soffersi tutta quanta Sio potessi ritrar come assonnaro li occhi spietati udendo di Siringa li occhi a cui pur vegghiar cost s caro come pintor che con essempro pinga disegnerei comio maddormentai ma qual vuol sia che lassonnar ben finga Per trascorro a quando mi svegliai e dico chun splendor mi squarci l velo del sonno e un chiamar Surgi che fai Quali a veder de fioretti del melo che del suo pome li angeli fa ghiotti e perpetue nozze fa nel cielo Pietro e Giovanni e Iacopo condotti e vinti ritornaro a la parola da la qual furon maggior sonni rotti e videro scemata loro scuola cos di Mois come dElia e al maestro suo cangiata stola tal torna io e vidi quella pia sovra me starsi che conducitrice fu de miei passi lungo l fiume pria E tutto in dubbio dissi Ov Beatrice Ondella Vedi lei sotto la fronda nova sedere in su la sua radice Vedi la compagnia che la circonda li altri dopo l grifon sen vanno suso con pi dolce canzone e pi profonda E se pi fu lo suo parlar diffuso non so per che gi ne li occhi mera quella chad altro intender mavea chiuso Sola sedeasi in su la terra vera come guardia lasciata l del plaustro che legar vidi a la biforme fera In cerchio le facean di s claustro le sette ninfe con quei lumi in mano che son sicuri dAquilone e dAustro Qui sarai tu poco tempo silvano e sarai meco sanza fine cive di quella Roma onde Cristo romano Per in pro del mondo che mal vive al carro tieni or li occhi e quel che vedi ritornato di l fa che tu scrive Cos Beatrice e io che tutto ai piedi di suoi comandamenti era divoto la mente e li occhi ovella volle diedi Non scese mai con s veloce moto foco di spessa nube quando piove da quel confine che pi va remoto comio vidi calar luccel di Giove per lalber gi rompendo de la scorza non che di fiori e de le foglie nove e fer l carro di tutta sua forza ondel pieg come nave in fortuna vinta da londa or da poggia or da orza Poscia vidi avventarsi ne la cuna del triunfal veiculo una volpe che dogne pasto buon parea digiuna ma riprendendo lei di laide colpe la donna mia la volse in tanta futa quanto sofferser lossa sanza polpe Poscia per indi ondera pria venuta laguglia vidi scender gi ne larca del carro e lasciar lei di s pennuta e qual esce di cuor che si rammarca tal voce usc del cielo e cotal disse O navicella mia commal se carca Poi parve a me che la terra saprisse trambo le ruote e vidi uscirne un drago che per lo carro s la coda fisse e come vespa che ritragge lago a s traendo la coda maligna trasse del fondo e gissen vago vago Quel che rimase come da gramigna vivace terra da la piuma offerta forse con intenzion sana e benigna si ricoperse e funne ricoperta e luna e laltra rota e l temo in tanto che pi tiene un sospir la bocca aperta Trasformato cos l dificio santo mise fuor teste per le parti sue tre sovra l temo e una in ciascun canto Le prime eran cornute come bue ma le quattro un sol corno avean per fronte simile mostro visto ancor non fue Sicura quasi rocca in alto monte seder sovresso una puttana sciolta mapparve con le ciglia intorno pronte e come perch non li fosse tolta vidi di costa a lei dritto un gigante e baciavansi insieme alcuna volta Ma perch locchio cupido e vagante a me rivolse quel feroce drudo la flagell dal capo infin le piante poi di sospetto pieno e dira crudo disciolse il mostro e trassel per la selva tanto che sol di lei mi fece scudo a la puttana e a la nova belva Purgatorio Canto III Deus venerunt gentes alternando or tre or quattro dolce salmodia le donne incominciaro e lagrimando e Beatrice sospirosa e pia quelle ascoltava s fatta che poco pi a la croce si cambi Maria Ma poi che laltre vergini dier loco a lei di dir levata dritta in p rispuose colorata come foco Modicum et non videbitis me et iterum sorelle mie dilette modicum et vos videbitis me Poi le si mise innanzi tutte e sette e dopo s solo accennando mosse me e la donna e l savio che ristette Cos sen giva e non credo che fosse lo decimo suo passo in terra posto quando con li occhi li occhi mi percosse e con tranquillo aspetto Vien pi tosto mi disse tanto che sio parlo teco ad ascoltarmi tu sie ben disposto S comio fui comio dovea seco dissemi Frate perch non tattenti a domandarmi omai venendo meco Come a color che troppo reverenti dinanzi a suo maggior parlando sono che non traggon la voce viva ai denti avvenne a me che sanza intero suono incominciai Madonna mia bisogna voi conoscete e ci chad essa buono Ed ella a me Da tema e da vergogna voglio che tu omai ti disviluppe s che non parli pi comom che sogna Sappi che l vaso che l serpente ruppe fu e non ma chi nha colpa creda che vendetta di Dio non teme suppe Non sar tutto tempo sanza reda laguglia che lasci le penne al carro per che divenne mostro e poscia preda chio veggio certamente e per il narro a darne tempo gi stelle propinque secure dognintoppo e dogni sbarro nel quale un cinquecento diece e cinque messo di Dio ancider la fuia con quel gigante che con lei delinque E forse che la mia narrazion buia qual Temi e Sfinge men ti persuade percha lor modo lo ntelletto attuia ma tosto fier li fatti le Naiade che solveranno questo enigma forte sanza danno di pecore o di biade Tu nota e s come da me son porte cos queste parole segna a vivi del viver ch un correre a la morte E aggi a mente quando tu le scrivi di non celar qual hai vista la pianta ch or due volte dirubata quivi Qualunque ruba quella o quella schianta con bestemmia di fatto offende a Dio che solo a luso suo la cre santa Per morder quella in pena e in disio cinquemilia anni e pi lanima prima bram colui che l morso in s punio Dorme lo ngegno tuo se non estima per singular cagione esser eccelsa lei tanto e s travolta ne la cima E se stati non fossero acqua dElsa li pensier vani intorno a la tua mente e l piacer loro un Piramo a la gelsa per tante circostanze solamente la giustizia di Dio ne linterdetto conosceresti a larbor moralmente Ma perchio veggio te ne lo ntelletto fatto di pietra e impetrato tinto s che tabbaglia il lume del mio detto voglio anco e se non scritto almen dipinto che l te ne porti dentro a te per quello che si reca il bordon di palma cinto E io S come cera da suggello che la figura impressa non trasmuta segnato or da voi lo mio cervello Ma perch tanto sovra mia veduta vostra parola disiata vola che pi la perde quanto pi saiuta Perch conoschi disse quella scuola chai seguitata e veggi sua dottrina come pu seguitar la mia parola e veggi vostra via da la divina distar cotanto quanto si discorda da terra il ciel che pi alto festina Ondio rispuosi lei Non mi ricorda chi straniasse me gi mai da voi n honne coscienza che rimorda E se tu ricordar non te ne puoi sorridendo rispuose or ti rammenta come bevesti di Let ancoi e se dal fummo foco sargomenta cotesta oblivion chiaro conchiude colpa ne la tua voglia altrove attenta Veramente oramai saranno nude le mie parole quanto converrassi quelle scovrire a la tua vista rude E pi corusco e con pi lenti passi teneva il sole il cerchio di merigge che qua e l come li aspetti fassi quando saffisser s come saffigge chi va dinanzi a gente per iscorta se trova novitate o sue vestigge le sette donne al fin dunombra smorta qual sotto foglie verdi e rami nigri sovra suoi freddi rivi lAlpe porta Dinanzi ad esse Eufrats e Tigri veder mi parve uscir duna fontana e quasi amici dipartirsi pigri O luce o gloria de la gente umana che acqua questa che qui si dispiega da un principio e s da s lontana Per cotal priego detto mi fu Priega Matelda che l ti dica E qui rispuose come fa chi da colpa si dislega la bella donna Questo e altre cose dette li son per me e son sicura che lacqua di Let non gliel nascose E Beatrice Forse maggior cura che spesse volte la memoria priva fattha la mente sua ne li occhi oscura Ma vedi Euno che l diriva menalo ad esso e come tu se usa la tramortita sua virt ravviva Come anima gentil che non fa scusa ma fa sua voglia de la voglia altrui tosto che per segno fuor dischiusa cos poi che da essa preso fui la bella donna mossesi e a Stazio donnescamente disse Vien con lui Sio avessi lettor pi lungo spazio da scrivere i pur cantere in parte lo dolce ber che mai non mavra sazio ma perch piene son tutte le carte ordite a questa cantica seconda non mi lascia pi ir lo fren de larte Io ritornai da la santissima onda rifatto s come piante novelle rinnovellate di novella fronda puro e disposto a salire alle stelle LA DIVINA COMMEDIA di Dante Alighieri PARADISO Paradiso Canto I La gloria di colui che tutto move per luniverso penetra e risplende in una parte pi e meno altrove Nel ciel che pi de la sua luce prende fu io e vidi cose che ridire n sa n pu chi di l s discende perch appressando s al suo disire nostro intelletto si profonda tanto che dietro la memoria non pu ire Veramente quantio del regno santo ne la mia mente potei far tesoro sar ora materia del mio canto O buono Appollo a lultimo lavoro fammi del tuo valor s fatto vaso come dimandi a dar lamato alloro Infino a qui lun giogo di Parnaso assai mi fu ma or con amendue m uopo intrar ne laringo rimaso Entra nel petto mio e spira tue s come quando Marsia traesti de la vagina de le membra sue O divina virt se mi ti presti tanto che lombra del beato regno segnata nel mio capo io manifesti vedrami al pi del tuo diletto legno venire e coronarmi de le foglie che la materia e tu mi farai degno S rade volte padre se ne coglie per triunfare o cesare o poeta colpa e vergogna de lumane voglie che parturir letizia in su la lieta delfica deit dovria la fronda peneia quando alcun di s asseta Poca favilla gran fiamma seconda forse di retro a me con miglior voci si pregher perch Cirra risponda Surge ai mortali per diverse foci la lucerna del mondo ma da quella che quattro cerchi giugne con tre croci con miglior corso e con migliore stella esce congiunta e la mondana cera pi a suo modo tempera e suggella Fatto avea di l mane e di qua sera tal foce e quasi tutto era l bianco quello emisperio e laltra parte nera quando Beatrice in sul sinistro fianco vidi rivolta e riguardar nel sole aquila s non li saffisse unquanco E s come secondo raggio suole uscir del primo e risalire in suso pur come pelegrin che tornar vuole cos de latto suo per li occhi infuso ne limagine mia il mio si fece e fissi li occhi al sole oltre nostruso Molto licito l che qui non lece a le nostre virt merc del loco fatto per proprio de lumana spece Io nol soffersi molto n s poco chio nol vedessi sfavillar dintorno comferro che bogliente esce del foco e di sbito parve giorno a giorno essere aggiunto come quei che puote avesse il ciel dun altro sole addorno Beatrice tutta ne letterne rote fissa con li occhi stava e io in lei le luci fissi di l s rimote Nel suo aspetto tal dentro mi fei qual si f Glauco nel gustar de lerba che l f consorto in mar de li altri di Trasumanar significar per verba non si poria per lessemplo basti a cui esperienza grazia serba Si era sol di me quel che creasti novellamente amor che l ciel governi tu l sai che col tuo lume mi levasti Quando la rota che tu sempiterni desiderato a s mi fece atteso con larmonia che temperi e discerni parvemi tanto allor del cielo acceso de la fiamma del sol che pioggia o fiume lago non fece alcun tanto disteso La novit del suono e l grande lume di lor cagion maccesero un disio mai non sentito di cotanto acume Ondella che vedea me s comio a quietarmi lanimo commosso pria chio a dimandar la bocca aprio e cominci Tu stesso ti fai grosso col falso imaginar s che non vedi ci che vedresti se lavessi scosso Tu non se in terra s come tu credi ma folgore fuggendo il proprio sito non corse come tu chad esso riedi Sio fui del primo dubbio disvestito per le sorrise parolette brevi dentro ad un nuovo pi fu inretito e dissi Gi contento requievi di grande ammirazion ma ora ammiro comio trascenda questi corpi levi Ondella appresso dun pio sospiro li occhi drizz ver me con quel sembiante che madre fa sovra figlio deliro e cominci Le cose tutte quante hanno ordine tra loro e questo forma che luniverso a Dio fa simigliante Qui veggion lalte creature lorma de letterno valore il qual fine al quale fatta la toccata norma Ne lordine chio dico sono accline tutte nature per diverse sorti pi al principio loro e men vicine onde si muovono a diversi porti per lo gran mar de lessere e ciascuna con istinto a lei dato che la porti Questi ne porta il foco inver la luna questi ne cor mortali permotore questi la terra in s stringe e aduna n pur le creature che son fore dintelligenza questarco saetta ma quelle channo intelletto e amore La provedenza che cotanto assetta del suo lume fa l ciel sempre quieto nel qual si volge quel cha maggior fretta e ora l come a sito decreto cen porta la virt di quella corda che ci che scocca drizza in segno lieto Vero che come forma non saccorda molte fiate a lintenzion de larte percha risponder la materia sorda cos da questo corso si diparte talor la creatura cha podere di piegar cos pinta in altra parte e s come veder si pu cadere foco di nube s limpeto primo latterra torto da falso piacere Non dei pi ammirar se bene stimo lo tuo salir se non come dun rivo se dalto monte scende giuso ad imo Maraviglia sarebbe in te se privo dimpedimento gi ti fossi assiso coma terra quiete in foco vivo Quinci rivolse inver lo cielo il viso Paradiso Canto II O voi che siete in piccioletta barca desiderosi dascoltar seguiti dietro al mio legno che cantando varca tornate a riveder li vostri liti non vi mettete in pelago ch forse perdendo me rimarreste smarriti Lacqua chio prendo gi mai non si corse Minerva spira e conducemi Appollo e nove Muse mi dimostran lOrse Voialtri pochi che drizzaste il collo per tempo al pan de li angeli del quale vivesi qui ma non sen vien satollo metter potete ben per lalto sale vostro navigio servando mio solco dinanzi a lacqua che ritorna equale Que gloriosi che passaro al Colco non sammiraron come voi farete quando Iasn vider fatto bifolco La concreata e perpetua sete del deiforme regno cen portava veloci quasi come l ciel vedete Beatrice in suso e io in lei guardava e forse in tanto in quanto un quadrel posa e vola e da la noce si dischiava giunto mi vidi ove mirabil cosa mi torse il viso a s e per quella cui non potea mia cura essere ascosa volta ver me s lieta come bella Drizza la mente in Dio grata mi disse che nha congiunti con la prima stella Pareva me che nube ne coprisse lucida spessa solida e pulita quasi adamante che lo sol ferisse Per entro s letterna margarita ne ricevette comacqua recepe raggio di luce permanendo unita Sio era corpo e qui non si concepe comuna dimensione altra patio chesser convien se corpo in corpo repe accender ne dovra pi il disio di veder quella essenza in che si vede come nostra natura e Dio sunio L si vedr ci che tenem per fede non dimostrato ma fia per s noto a guisa del ver primo che luom crede Io rispuosi Madonna s devoto comesser posso pi ringrazio lui lo qual dal mortal mondo mha remoto Ma ditemi che son li segni bui di questo corpo che l giuso in terra fan di Cain favoleggiare altrui Ella sorrise alquanto e poi Selli erra loppinion mi disse di mortali dove chiave di senso non diserra certo non ti dovrien punger li strali dammirazione omai poi dietro ai sensi vedi che la ragione ha corte lali Ma dimmi quel che tu da te ne pensi E io Ci che nappar qua s diverso credo che fanno i corpi rari e densi Ed ella Certo assai vedrai sommerso nel falso il creder tuo se bene ascolti largomentar chio li far avverso La spera ottava vi dimostra molti lumi li quali e nel quale e nel quanto notar si posson di diversi volti Se raro e denso ci facesser tanto una sola virt sarebbe in tutti pi e men distributa e altrettanto Virt diverse esser convegnon frutti di princpi formali e quei for chuno seguitereno a tua ragion distrutti Ancor se raro fosse di quel bruno cagion che tu dimandi o doltre in parte fora di sua materia s digiuno esto pianeto o s come comparte lo grasso e l magro un corpo cos questo nel suo volume cangerebbe carte Se l primo fosse fora manifesto ne leclissi del sol per trasparere lo lume come in altro raro ingesto Questo non per da vedere de laltro e selli avvien chio laltro cassi falsificato fia lo tuo parere Selli che questo raro non trapassi esser conviene un termine da onde lo suo contrario pi passar non lassi e indi laltrui raggio si rifonde cos come color torna per vetro lo qual di retro a s piombo nasconde Or dirai tu chel si dimostra tetro ivi lo raggio pi che in altre parti per esser l refratto pi a retro Da questa instanza pu deliberarti esperienza se gi mai la provi chesser suol fonte ai rivi di vostrarti Tre specchi prenderai e i due rimovi da te dun modo e laltro pi rimosso trambo li primi li occhi tuoi ritrovi Rivolto ad essi fa che dopo il dosso ti stea un lume che i tre specchi accenda e torni a te da tutti ripercosso Ben che nel quanto tanto non si stenda la vista pi lontana l vedrai come convien chigualmente risplenda Or come ai colpi de li caldi rai de la neve riman nudo il suggetto e dal colore e dal freddo primai cos rimaso te ne lintelletto voglio informar di luce s vivace che ti tremoler nel suo aspetto Dentro dal ciel de la divina pace si gira un corpo ne la cui virtute lesser di tutto suo contento giace Lo ciel seguente cha tante vedute quellesser parte per diverse essenze da lui distratte e da lui contenute Li altri giron per varie differenze le distinzion che dentro da s hanno dispongono a lor fini e lor semenze Questi organi del mondo cos vanno come tu vedi omai di grado in grado che di s prendono e di sotto fanno Riguarda bene omai s comio vado per questo loco al vero che disiri s che poi sappi sol tener lo guado Lo moto e la virt di santi giri come dal fabbro larte del martello da beati motor convien che spiri e l ciel cui tanti lumi fanno bello de la mente profonda che lui volve prende limage e fassene suggello E come lalma dentro a vostra polve per differenti membra e conformate a diverse potenze si risolve cos lintelligenza sua bontate multiplicata per le stelle spiega girando s sovra sua unitate Virt diversa fa diversa lega col prezioso corpo chella avviva nel qual s come vita in voi si lega Per la natura lieta onde deriva la virt mista per lo corpo luce come letizia per pupilla viva Da essa vien ci che da luce a luce par differente non da denso e raro essa formal principio che produce conforme a sua bont lo turbo e l chiaro Paradiso Canto III Quel sol che pria damor mi scald l petto di bella verit mavea scoverto provando e riprovando il dolce aspetto e io per confessar corretto e certo me stesso tanto quanto si convenne leva il capo a proferer pi erto ma visione apparve che ritenne a s me tanto stretto per vedersi che di mia confession non mi sovvenne Quali per vetri trasparenti e tersi o ver per acque nitide e tranquille non s profonde che i fondi sien persi tornan di nostri visi le postille debili s che perla in bianca fronte non vien men forte a le nostre pupille tali vidio pi facce a parlar pronte per chio dentro a lerror contrario corsi a quel chaccese amor tra lomo e l fonte Sbito s comio di lor maccorsi quelle stimando specchiati sembianti per veder di cui fosser li occhi torsi e nulla vidi e ritorsili avanti dritti nel lume de la dolce guida che sorridendo ardea ne li occhi santi Non ti maravigliar perchio sorrida mi disse appresso il tuo pueril coto poi sopra l vero ancor lo pi non fida ma te rivolve come suole a vto vere sustanze son ci che tu vedi qui rilegate per manco di voto Per parla con esse e odi e credi ch la verace luce che li appaga da s non lascia lor torcer li piedi E io a lombra che parea pi vaga di ragionar drizzami e cominciai quasi comuom cui troppa voglia smaga O ben creato spirito che a rai di vita etterna la dolcezza senti che non gustata non sintende mai grazioso mi fia se mi contenti del nome tuo e de la vostra sorte Ondella pronta e con occhi ridenti La nostra carit non serra porte a giusta voglia se non come quella che vuol simile a s tutta sua corte I fui nel mondo vergine sorella e se la mente tua ben s riguarda non mi ti celer lesser pi bella ma riconoscerai chi son Piccarda che posta qui con questi altri beati beata sono in la spera pi tarda Li nostri affetti che solo infiammati son nel piacer de lo Spirito Santo letizian del suo ordine formati E questa sorte che par gi cotanto per n data perch fuor negletti li nostri voti e vti in alcun canto Ondio a lei Ne mirabili aspetti vostri risplende non so che divino che vi trasmuta da primi concetti per non fui a rimembrar festino ma or maiuta ci che tu mi dici s che raffigurar m pi latino Ma dimmi voi che siete qui felici disiderate voi pi alto loco per pi vedere e per pi farvi amici Con quelle altrombre pria sorrise un poco da indi mi rispuose tanto lieta charder parea damor nel primo foco Frate la nostra volont quieta virt di carit che fa volerne sol quel chavemo e daltro non ci asseta Se disiassimo esser pi superne foran discordi li nostri disiri dal voler di colui che qui ne cerne che vedrai non capere in questi giri sessere in carit qui necesse e se la sua natura ben rimiri Anzi formale ad esto beato esse tenersi dentro a la divina voglia per chuna fansi nostre voglie stesse s che come noi sem di soglia in soglia per questo regno a tutto il regno piace coma lo re che n suo voler ne nvoglia E n la sua volontade nostra pace ell quel mare al qual tutto si move ci chella cria o che natura face Chiaro mi fu allor come ogne dove in cielo paradiso etsi la grazia del sommo ben dun modo non vi piove Ma s comelli avvien sun cibo sazia e dun altro rimane ancor la gola che quel si chere e di quel si ringrazia cos fecio con atto e con parola per apprender da lei qual fu la tela onde non trasse infino a co la spuola Perfetta vita e alto merto inciela donna pi s mi disse a la cui norma nel vostro mondo gi si veste e vela perch fino al morir si vegghi e dorma con quello sposo chogne voto accetta che caritate a suo piacer conforma Dal mondo per seguirla giovinetta fuggimi e nel suo abito mi chiusi e promisi la via de la sua setta Uomini poi a mal pi cha bene usi fuor mi rapiron de la dolce chiostra Iddio si sa qual poi mia vita fusi E questaltro splendor che ti si mostra da la mia destra parte e che saccende di tutto il lume de la spera nostra ci chio dico di me di s intende sorella fu e cos le fu tolta di capo lombra de le sacre bende Ma poi che pur al mondo fu rivolta contra suo grado e contra buona usanza non fu dal vel del cor gi mai disciolta Quest la luce de la gran Costanza che del secondo vento di Soave gener l terzo e lultima possanza Cos parlommi e poi cominci Ave Maria cantando e cantando vanio come per acqua cupa cosa grave La vista mia che tanto lei seguio quanto possibil fu poi che la perse volsesi al segno di maggior disio e a Beatrice tutta si converse ma quella folgor nel mio sguardo s che da prima il viso non sofferse e ci mi fece a dimandar pi tardo Paradiso Canto IV Intra due cibi distanti e moventi dun modo prima si morria di fame che liberomo lun recasse ai denti s si starebbe un agno intra due brame di fieri lupi igualmente temendo s si starebbe un cane intra due dame per che si mi tacea me non riprendo da li miei dubbi dun modo sospinto poi chera necessario n commendo Io mi tacea ma l mio disir dipinto mera nel viso e l dimandar con ello pi caldo assai che per parlar distinto F s Beatrice qual f Daniello Nabuccodonosor levando dira che lavea fatto ingiustamente fello e disse Io veggio ben come ti tira uno e altro disio s che tua cura s stessa lega s che fuor non spira Tu argomenti Se l buon voler dura la violenza altrui per qual ragione di meritar mi scema la misura Ancor di dubitar ti d cagione parer tornarsi lanime a le stelle secondo la sentenza di Platone Queste son le question che nel tuo velle pontano igualmente e per pria tratter quella che pi ha di felle Di Serafin colui che pi sindia Mois Samuel e quel Giovanni che prender vuoli io dico non Maria non hanno in altro cielo i loro scanni che questi spirti che mo tappariro n hanno a lesser lor pi o meno anni ma tutti fanno bello il primo giro e differentemente han dolce vita per sentir pi e men letterno spiro Qui si mostraro non perch sortita sia questa spera lor ma per far segno de la celestial cha men salita Cos parlar conviensi al vostro ingegno per che solo da sensato apprende ci che fa poscia dintelletto degno Per questo la Scrittura condescende a vostra facultate e piedi e mano attribuisce a Dio e altro intende e Santa Chiesa con aspetto umano Gabriel e Michel vi rappresenta e laltro che Tobia rifece sano Quel che Timeo de lanime argomenta non simile a ci che qui si vede per che come dice par che senta Dice che lalma a la sua stella riede credendo quella quindi esser decisa quando natura per forma la diede e forse sua sentenza daltra guisa che la voce non suona ed esser puote con intenzion da non esser derisa Selli intende tornare a queste ruote lonor de la influenza e l biasmo forse in alcun vero suo arco percuote Questo principio male inteso torse gi tutto il mondo quasi s che Giove Mercurio e Marte a nominar trascorse Laltra dubitazion che ti commove ha men velen per che sua malizia non ti poria menar da me altrove Parere ingiusta la nostra giustizia ne li occhi di mortali argomento di fede e non deretica nequizia Ma perch puote vostro accorgimento ben penetrare a questa veritate come disiri ti far contento Se violenza quando quel che pate niente conferisce a quel che sforza non fuor questalme per essa scusate ch volont se non vuol non sammorza ma fa come natura face in foco se mille volte violenza il torza Per che sella si piega assai o poco segue la forza e cos queste fero possendo rifuggir nel santo loco Se fosse stato lor volere intero come tenne Lorenzo in su la grada e fece Muzio a la sua man severo cos lavria ripinte per la strada onderan tratte come fuoro sciolte ma cos salda voglia troppo rada E per queste parole se ricolte lhai come dei largomento casso che tavria fatto noia ancor pi volte Ma or ti sattraversa un altro passo dinanzi a li occhi tal che per te stesso non usciresti pria saresti lasso Io tho per certo ne la mente messo chalma beata non poria mentire per ch sempre al primo vero appresso e poi potesti da Piccarda udire che laffezion del vel Costanza tenne s chella par qui meco contradire Molte fiate gi frate addivenne che per fuggir periglio contra grato si f di quel che far non si convenne come Almeone che di ci pregato dal padre suo la propria madre spense per non perder piet si f spietato A questo punto voglio che tu pense che la forza al voler si mischia e fanno s che scusar non si posson loffense Voglia assoluta non consente al danno ma consentevi in tanto in quanto teme se si ritrae cadere in pi affanno Per quando Piccarda quello spreme de la voglia assoluta intende e io de laltra s che ver diciamo insieme Cotal fu londeggiar del santo rio chusc del fonte ondogne ver deriva tal puose in pace uno e altro disio O amanza del primo amante o diva dissio appresso il cui parlar minonda e scalda s che pi e pi mavviva non laffezion mia tanto profonda che basti a render voi grazia per grazia ma quei che vede e puote a ci risponda Io veggio ben che gi mai non si sazia nostro intelletto se l ver non lo illustra di fuor dal qual nessun vero si spazia Posasi in esso come fera in lustra tosto che giunto lha e giugner puollo se non ciascun disio sarebbe frustra Nasce per quello a guisa di rampollo a pi del vero il dubbio ed natura chal sommo pinge noi di collo in collo Questo minvita questo massicura con reverenza donna a dimandarvi dunaltra verit che m oscura Io vo saper se luom pu sodisfarvi ai voti manchi s con altri beni cha la vostra statera non sien parvi Beatrice mi guard con li occhi pieni di faville damor cos divini che vinta mia virtute di le reni e quasi mi perdei con li occhi chini Paradiso Canto V Sio ti fiammeggio nel caldo damore di l dal modo che n terra si vede s che del viso tuo vinco il valore non ti maravigliar ch ci procede da perfetto veder che come apprende cos nel bene appreso move il piede Io veggio ben s come gi resplende ne lintelletto tuo letterna luce che vista sola e sempre amore accende e saltra cosa vostro amor seduce non se non di quella alcun vestigio mal conosciuto che quivi traluce Tu vuo saper se con altro servigio per manco voto si pu render tanto che lanima sicuri di letigio S cominci Beatrice questo canto e s comuom che suo parlar non spezza continu cos l processo santo Lo maggior don che Dio per sua larghezza fesse creando e a la sua bontate pi conformato e quel che pi apprezza fu de la volont la libertate di che le creature intelligenti e tutte e sole fuoro e son dotate Or ti parr se tu quinci argomenti lalto valor del voto s s fatto che Dio consenta quando tu consenti ch nel fermar tra Dio e luomo il patto vittima fassi di questo tesoro tal quale io dico e fassi col suo atto Dunque che render puossi per ristoro Se credi bene usar quel chai offerto di maltolletto vuo far buon lavoro Tu se omai del maggior punto certo ma perch Santa Chiesa in ci dispensa che par contra lo ver chi tho scoverto convienti ancor sedere un poco a mensa per che l cibo rigido chai preso richiede ancora aiuto a tua dispensa Apri la mente a quel chio ti paleso e fermalvi entro ch non fa scienza sanza lo ritenere avere inteso Due cose si convegnono a lessenza di questo sacrificio luna quella di che si fa laltr la convenenza Questultima gi mai non si cancella se non servata e intorno di lei s preciso di sopra si favella per necessitato fu a li Ebrei pur lofferere ancor chalcuna offerta s permutasse come saver dei Laltra che per materia t aperta puote ben esser tal che non si falla se con altra materia si converta Ma non trasmuti carco a la sua spalla per suo arbitrio alcun sanza la volta e de la chiave bianca e de la gialla e ogne permutanza credi stolta se la cosa dimessa in la sorpresa come l quattro nel sei non raccolta Per qualunque cosa tanto pesa per suo valor che tragga ogne bilancia sodisfar non si pu con altra spesa Non prendan li mortali il voto a ciancia siate fedeli e a ci far non bieci come Iept a la sua prima mancia cui pi si convenia dicer Mal feci che servando far peggio e cos stolto ritrovar puoi il gran duca de Greci onde pianse Efignia il suo bel volto e f pianger di s i folli e i savi chudir parlar di cos fatto clto Siate Cristiani a muovervi pi gravi non siate come penna ad ogne vento e non crediate chogne acqua vi lavi Avete il novo e l vecchio Testamento e l pastor de la Chiesa che vi guida questo vi basti a vostro salvamento Se mala cupidigia altro vi grida uomini siate e non pecore matte s che l Giudeo di voi tra voi non rida Non fate comagnel che lascia il latte de la sua madre e semplice e lascivo seco medesmo a suo piacer combatte Cos Beatrice a me comio scrivo poi si rivolse tutta disiante a quella parte ove l mondo pi vivo Lo suo tacere e l trasmutar sembiante puoser silenzio al mio cupido ingegno che gi nuove questioni avea davante e s come saetta che nel segno percuote pria che sia la corda queta cos corremmo nel secondo regno Quivi la donna mia vidio s lieta come nel lume di quel ciel si mise che pi lucente se ne f l pianeta E se la stella si cambi e rise qual mi fecio che pur da mia natura trasmutabile son per tutte guise Come n peschiera ch tranquilla e pura traggonsi i pesci a ci che vien di fori per modo che lo stimin lor pastura s vidio ben pi di mille splendori trarsi ver noi e in ciascun suda Ecco chi crescer li nostri amori E s come ciascuno a noi vena vedeasi lombra piena di letizia nel folgr chiaro che di lei uscia Pensa lettor se quel che qui sinizia non procedesse come tu avresti di pi savere angosciosa carizia e per te vederai come da questi mera in disio dudir lor condizioni s come a li occhi mi fur manifesti O bene nato a cui veder li troni del triunfo etternal concede grazia prima che la milizia sabbandoni del lume che per tutto il ciel si spazia noi semo accesi e per se disii di noi chiarirti a tuo piacer ti sazia Cos da un di quelli spirti pii detto mi fu e da Beatrice D d sicuramente e credi come a dii Io veggio ben s come tu tannidi nel proprio lume e che de li occhi il traggi perche corusca s come tu ridi ma non so chi tu se n perch aggi anima degna il grado de la spera che si vela a mortai con altrui raggi Questo dissio diritto alla lumera che pria mavea parlato ondella fessi lucente pi assai di quel chellera S come il sol che si cela elli stessi per troppa luce come l caldo ha rse le temperanze di vapori spessi per pi letizia s mi si nascose dentro al suo raggio la figura santa e cos chiusa chiusa mi rispuose nel modo che l seguente canto canta Paradiso Canto VI Poscia che Costantin laquila volse contral corso del ciel chella seguio dietro a lantico che Lavina tolse cento e centanni e pi luccel di Dio ne lo stremo dEuropa si ritenne vicino a monti de quai prima usco e sotto lombra de le sacre penne govern l mondo l di mano in mano e s cangiando in su la mia pervenne Cesare fui e son Iustiniano che per voler del primo amor chi sento dentro le leggi trassi il troppo e l vano E prima chio a lovra fossi attento una natura in Cristo esser non pie credea e di tal fede era contento ma l benedetto Agapito che fue sommo pastore a la fede sincera mi dirizz con le parole sue Io li credetti e ci che n sua fede era veggio or chiaro s come tu vedi ogni contradizione e falsa e vera Tosto che con la Chiesa mossi i piedi a Dio per grazia piacque di spirarmi lalto lavoro e tutto n lui mi diedi e al mio Belisar commendai larmi cui la destra del ciel fu s congiunta che segno fu chi dovessi posarmi Or qui a la question prima sappunta la mia risposta ma sua condizione mi stringe a seguitare alcuna giunta perch tu veggi con quanta ragione si move contral sacrosanto segno e chi l sappropria e chi a lui soppone Vedi quanta virt lha fatto degno di reverenza e cominci da lora che Pallante mor per darli regno Tu sai chel fece in Alba sua dimora per trecento anni e oltre infino al fine che i tre a tre pugnar per lui ancora E sai chel f dal mal de le Sabine al dolor di Lucrezia in sette regi vincendo intorno le genti vicine Sai quel chel f portato da li egregi Romani incontro a Brenno incontro a Pirro incontro a li altri principi e collegi onde Torquato e Quinzio che dal cirro negletto fu nomato i Deci e Fabi ebber la fama che volontier mirro Esso atterr lorgoglio de li Arbi che di retro ad Annibale passaro lalpestre rocce Po di che tu labi Sottesso giovanetti triunfaro Scipione e Pompeo e a quel colle sotto l qual tu nascesti parve amaro Poi presso al tempo che tutto l ciel volle redur lo mondo a suo modo sereno Cesare per voler di Roma il tolle E quel che f da Varo infino a Reno Isara vide ed Era e vide Senna e ogne valle onde Rodano pieno Quel che f poi chelli usc di Ravenna e salt Rubicon fu di tal volo che nol seguiteria lingua n penna Inver la Spagna rivolse lo stuolo poi ver Durazzo e Farsalia percosse s chal Nil caldo si sent del duolo Antandro e Simeonta onde si mosse rivide e l dovEttore si cuba e mal per Tolomeo poscia si scosse Da indi scese folgorando a Iuba onde si volse nel vostro occidente ove sentia la pompeana tuba Di quel che f col baiulo seguente Bruto con Cassio ne linferno latra e Modena e Perugia fu dolente Piangene ancor la trista Cleopatra che fuggendoli innanzi dal colubro la morte prese subitana e atra Con costui corse infino al lito rubro con costui puose il mondo in tanta pace che fu serrato a Giano il suo delubro Ma ci che l segno che parlar mi face fatto avea prima e poi era fatturo per lo regno mortal cha lui soggiace diventa in apparenza poco e scuro se in mano al terzo Cesare si mira con occhio chiaro e con affetto puro ch la viva giustizia che mi spira li concedette in mano a quel chi dico gloria di far vendetta a la sua ira Or qui tammira in ci chio ti replco poscia con Tito a far vendetta corse de la vendetta del peccato antico E quando il dente longobardo morse la Santa Chiesa sotto le sue ali Carlo Magno vincendo la soccorse Omai puoi giudicar di quei cotali chio accusai di sopra e di lor falli che son cagion di tutti vostri mali Luno al pubblico segno i gigli gialli oppone e laltro appropria quello a parte s ch forte a veder chi pi si falli Faccian li Ghibellin faccian lor arte sottaltro segno ch mal segue quello sempre chi la giustizia e lui diparte e non labbatta esto Carlo novello coi Guelfi suoi ma tema de li artigli cha pi alto leon trasser lo vello Molte fiate gi pianser li figli per la colpa del padre e non si creda che Dio trasmuti larme per suoi gigli Questa picciola stella si correda di buoni spirti che son stati attivi perch onore e fama li succeda e quando li disiri poggian quivi s disviando pur convien che i raggi del vero amore in s poggin men vivi Ma nel commensurar di nostri gaggi col merto parte di nostra letizia perch non li vedem minor n maggi Quindi addolcisce la viva giustizia in noi laffetto s che non si puote torcer gi mai ad alcuna nequizia Diverse voci fanno dolci note cos diversi scanni in nostra vita rendon dolce armonia tra queste rote E dentro a la presente margarita luce la luce di Romeo di cui fu lovra grande e bella mal gradita Ma i Provenzai che fecer contra lui non hanno riso e per mal cammina qual si fa danno del ben fare altrui Quattro figlie ebbe e ciascuna reina Ramondo Beringhiere e ci li fece Romeo persona umle e peregrina E poi il mosser le parole biece a dimandar ragione a questo giusto che li assegn sette e cinque per diece indi partissi povero e vetusto e se l mondo sapesse il cor chelli ebbe mendicando sua vita a frusto a frusto assai lo loda e pi lo loderebbe Paradiso Canto VII Osanna sanctus Deus sabath superillustrans claritate tua felices ignes horum malacth Cos volgendosi a la nota sua fu viso a me cantare essa sustanza sopra la qual doppio lume saddua ed essa e laltre mossero a sua danza e quasi velocissime faville mi si velar di sbita distanza Io dubitava e dicea Dille dille fra me dille dicea a la mia donna che mi diseta con le dolci stille Ma quella reverenza che sindonna di tutto me pur per Be e per ice mi richinava come luom chassonna Poco sofferse me cotal Beatrice e cominci raggiandomi dun riso tal che nel foco faria luom felice Secondo mio infallibile avviso come giusta vendetta giustamente punita fosse tha in pensier miso ma io ti solver tosto la mente e tu ascolta ch le mie parole di gran sentenza ti faran presente Per non soffrire a la virt che vole freno a suo prode quelluom che non nacque dannando s dann tutta sua prole onde lumana specie inferma giacque gi per secoli molti in grande errore fin chal Verbo di Dio discender piacque u la natura che dal suo fattore sera allungata un a s in persona con latto sol del suo etterno amore Or drizza il viso a quel chor si ragiona questa natura al suo fattore unita qual fu creata fu sincera e buona ma per s stessa pur fu ella sbandita di paradiso per che si torse da via di verit e da sua vita La pena dunque che la croce porse sa la natura assunta si misura nulla gi mai s giustamente morse e cos nulla fu di tanta ingiura guardando a la persona che sofferse in che era contratta tal natura Per dun atto uscir cose diverse cha Dio e a Giudei piacque una morte per lei trem la terra e l ciel saperse Non ti dee oramai parer pi forte quando si dice che giusta vendetta poscia vengiata fu da giusta corte Ma io veggi or la tua mente ristretta di pensiero in pensier dentro ad un nodo del qual con gran disio solver saspetta Tu dici Ben discerno ci chi odo ma perch Dio volesse m occulto a nostra redenzion pur questo modo Questo decreto frate sta sepulto a li occhi di ciascuno il cui ingegno ne la fiamma damor non adulto Veramente per cha questo segno molto si mira e poco si discerne dir perch tal modo fu pi degno La divina bont che da s sperne ogne livore ardendo in s sfavilla s che dispiega le bellezze etterne Ci che da lei sanza mezzo distilla non ha poi fine perch non si move la sua imprenta quandella sigilla Ci che da essa sanza mezzo piove libero tutto perch non soggiace a la virtute de le cose nove Pi l conforme e per pi le piace ch lardor santo chogne cosa raggia ne la pi somigliante pi vivace Di tutte queste dote savvantaggia lumana creatura e suna manca di sua nobilit convien che caggia Solo il peccato quel che la disfranca e falla dissmile al sommo bene per che del lume suo poco simbianca e in sua dignit mai non rivene se non riempie dove colpa vta contra mal dilettar con giuste pene Vostra natura quando pecc tota nel seme suo da queste dignitadi come di paradiso fu remota n ricovrar potiensi se tu badi ben sottilmente per alcuna via sanza passar per un di questi guadi o che Dio solo per sua cortesia dimesso avesse o che luom per s isso avesse sodisfatto a sua follia Ficca mo locchio per entro labisso de letterno consiglio quanto puoi al mio parlar distrettamente fisso Non potea luomo ne termini suoi mai sodisfar per non potere ir giuso con umiltate obediendo poi quanto disobediendo intese ir suso e questa la cagion per che luom fue da poter sodisfar per s dischiuso Dunque a Dio convenia con le vie sue riparar lomo a sua intera vita dico con luna o ver con amendue Ma perch lovra tanto pi gradita da loperante quanto pi appresenta de la bont del core ondell uscita la divina bont che l mondo imprenta di proceder per tutte le sue vie a rilevarvi suso fu contenta N tra lultima notte e l primo die s alto o s magnifico processo o per luna o per laltra fu o fie ch pi largo fu Dio a dar s stesso per far luom sufficiente a rilevarsi che selli avesse sol da s dimesso e tutti li altri modi erano scarsi a la giustizia se l Figliuol di Dio non fosse umiliato ad incarnarsi Or per empierti bene ogni disio ritorno a dichiararti in alcun loco perch tu veggi l cos comio Tu dici Io veggio lacqua io veggio il foco laere e la terra e tutte lor misture venire a corruzione e durar poco e queste cose pur furon creature per che se ci ch detto stato vero esser dovrien da corruzion sicure Li angeli frate e l paese sincero nel qual tu se dir si posson creati s come sono in loro essere intero ma li elementi che tu hai nomati e quelle cose che di lor si fanno da creata virt sono informati Creata fu la materia chelli hanno creata fu la virt informante in queste stelle che ntorno a lor vanno Lanima dogne bruto e de le piante di complession potenziata tira lo raggio e l moto de le luci sante ma vostra vita sanza mezzo spira la somma beninanza e la innamora di s s che poi sempre la disira E quinci puoi argomentare ancora vostra resurrezion se tu ripensi come lumana carne fessi allora che li primi parenti intrambo fensi Paradiso Canto VIII Solea creder lo mondo in suo periclo che la bella Ciprigna il folle amore raggiasse volta nel terzo epiciclo per che non pur a lei faceano onore di sacrificio e di votivo grido le genti antiche ne lantico errore ma Dione onoravano e Cupido quella per madre sua questo per figlio e dicean chel sedette in grembo a Dido e da costei ondio principio piglio pigliavano il vocabol de la stella che l sol vagheggia or da coppa or da ciglio Io non maccorsi del salire in ella ma desservi entro mi f assai fede la donna mia chi vidi far pi bella E come in fiamma favilla si vede e come in voce voce si discerne quanduna ferma e altra va e riede vidio in essa luce altre lucerne muoversi in giro pi e men correnti al modo credo di lor viste interne Di fredda nube non disceser venti o visibili o no tanto festini che non paressero impediti e lenti a chi avesse quei lumi divini veduti a noi venir lasciando il giro pria cominciato in li alti Serafini e dentro a quei che pi innanzi appariro sonava Osanna s che unque poi di riudir non fui sanza disiro Indi si fece lun pi presso a noi e solo incominci Tutti sem presti al tuo piacer perch di noi ti gioi Noi ci volgiam coi principi celesti dun giro e dun girare e duna sete ai quali tu del mondo gi dicesti Voi che ntendendo il terzo ciel movete e sem s pien damor che per piacerti non fia men dolce un poco di quiete Poscia che li occhi miei si fuoro offerti a la mia donna reverenti ed essa fatti li avea di s contenti e certi rivolsersi a la luce che promessa tanto savea e Deh chi siete fue la voce mia di grande affetto impressa E quanta e quale vidio lei far pie per allegrezza nova che saccrebbe quando parlai a lallegrezze sue Cos fatta mi disse Il mondo mebbe gi poco tempo e se pi fosse stato molto sar di mal che non sarebbe La mia letizia mi ti tien celato che mi raggia dintorno e mi nasconde quasi animal di sua seta fasciato Assai mamasti e avesti ben onde che sio fossi gi stato io ti mostrava di mio amor pi oltre che le fronde Quella sinistra riva che si lava di Rodano poi ch misto con Sorga per suo segnore a tempo maspettava e quel corno dAusonia che simborga di Bari e di Gaeta e di Catona da ove Tronto e Verde in mare sgorga Fulgeami gi in fronte la corona di quella terra che l Danubio riga poi che le ripe tedesche abbandona E la bella Trinacria che caliga tra Pachino e Peloro sopra l golfo che riceve da Euro maggior briga non per Tifeo ma per nascente solfo attesi avrebbe li suoi regi ancora nati per me di Carlo e di Ridolfo se mala segnoria che sempre accora li popoli suggetti non avesse mosso Palermo a gridar Mora mora E se mio frate questo antivedesse lavara povert di Catalogna gi fuggeria perch non li offendesse ch veramente proveder bisogna per lui o per altrui s cha sua barca carcata pi dincarco non si pogna La sua natura che di larga parca discese avria mestier di tal milizia che non curasse di mettere in arca Per chi credo che lalta letizia che l tuo parlar minfonde segnor mio l ve ogne ben si termina e sinizia per te si veggia come la veggio grata m pi e anco questho caro perch l discerni rimirando in Dio Fatto mhai lieto e cos mi fa chiaro poi che parlando a dubitar mhai mosso comesser pu di dolce seme amaro Questo io a lui ed elli a me Sio posso mostrarti un vero a quel che tu dimandi terrai lo viso come tien lo dosso Lo ben che tutto il regno che tu scandi volge e contenta fa esser virtute sua provedenza in questi corpi grandi E non pur le nature provedute sono in la mente ch da s perfetta ma esse insieme con la lor salute per che quantunque questarco saetta disposto cade a proveduto fine s come cosa in suo segno diretta Se ci non fosse il ciel che tu cammine producerebbe s li suoi effetti che non sarebbero arti ma ruine e ci esser non pu se li ntelletti che muovon queste stelle non son manchi e manco il primo che non li ha perfetti Vuo tu che questo ver pi ti simbianchi E io Non gi ch impossibil veggio che la natura in quel ch uopo stanchi Ondelli ancora Or di sarebbe il peggio per lomo in terra se non fosse cive S rispuosio e qui ragion non cheggio E puotelli esser se gi non si vive diversamente per diversi offici Non se l maestro vostro ben vi scrive S venne deducendo infino a quici poscia conchiuse Dunque esser diverse convien di vostri effetti le radici per chun nasce Solone e altro Serse altro Melchisedch e altro quello che volando per laere il figlio perse La circular natura ch suggello a la cera mortal fa ben sua arte ma non distingue lun da laltro ostello Quinci addivien chEsa si diparte per seme da Iacb e vien Quirino da s vil padre che si rende a Marte Natura generata il suo cammino simil farebbe sempre a generanti se non vincesse il proveder divino Or quel che tera dietro t davanti ma perch sappi che di te mi giova un corollario voglio che tammanti Sempre natura se fortuna trova discorde a s comogne altra semente fuor di sua region fa mala prova E se l mondo l gi ponesse mente al fondamento che natura pone seguendo lui avria buona la gente Ma voi torcete a la religione tal che fia nato a cignersi la spada e fate re di tal ch da sermone onde la traccia vostra fuor di strada Paradiso Canto I Da poi che Carlo tuo bella Clemenza mebbe chiarito mi narr li nganni che ricever dovea la sua semenza ma disse Taci e lascia muover li anni s chio non posso dir se non che pianto giusto verr di retro ai vostri danni E gi la vita di quel lume santo rivolta sera al Sol che la riempie come quel ben cha ogne cosa tanto Ahi anime ingannate e fatture empie che da s fatto ben torcete i cuori drizzando in vanit le vostre tempie Ed ecco un altro di quelli splendori ver me si fece e l suo voler piacermi significava nel chiarir di fori Li occhi di Beatrice cheran fermi sovra me come pria di caro assenso al mio disio certificato fermi Deh metti al mio voler tosto compenso beato spirto dissi e fammi prova chi possa in te refletter quel chio penso Onde la luce che mera ancor nova del suo profondo ondella pria cantava seguette come a cui di ben far giova In quella parte de la terra prava italica che siede tra Rialto e le fontane di Brenta e di Piava si leva un colle e non surge moltalto l onde scese gi una facella che fece a la contrada un grande assalto Duna radice nacqui e io ed ella Cunizza fui chiamata e qui refulgo perch mi vinse il lume desta stella ma lietamente a me medesma indulgo la cagion di mia sorte e non mi noia che parria forse forte al vostro vulgo Di questa luculenta e cara gioia del nostro cielo che pi m propinqua grande fama rimase e pria che moia questo centesimo anno ancor sincinqua vedi se far si dee lomo eccellente s chaltra vita la prima relinqua E ci non pensa la turba presente che Tagliamento e Adice richiude n per esser battuta ancor si pente ma tosto fia che Padova al palude canger lacqua che Vincenza bagna per essere al dover le genti crude e dove Sile e Cagnan saccompagna tal signoreggia e va con la testa alta che gi per lui carpir si fa la ragna Pianger Feltro ancora la difalta de lempio suo pastor che sar sconcia s che per simil non sentr in malta Troppo sarebbe larga la bigoncia che ricevesse il sangue ferrarese e stanco chi l pesasse a oncia a oncia che doner questo prete cortese per mostrarsi di parte e cotai doni conformi fieno al viver del paese S sono specchi voi dicete Troni onde refulge a noi Dio giudicante s che questi parlar ne paion buoni Qui si tacette e fecemi sembiante che fosse ad altro volta per la rota in che si mise comera davante Laltra letizia che mera gi nota per cara cosa mi si fece in vista qual fin balasso in che lo sol percuota Per letiziar l s fulgor sacquista s come riso qui ma gi sabbuia lombra di fuor come la mente trista Dio vede tutto e tuo veder sinluia dissio beato spirto s che nulla voglia di s a te puotesser fuia Dunque la voce tua che l ciel trastulla sempre col canto di quei fuochi pii che di sei ali facen la coculla perch non satisface a miei disii Gi non attendere io tua dimanda sio mintuassi come tu tinmii La maggior valle in che lacqua si spanda incominciaro allor le sue parole fuor di quel mar che la terra inghirlanda tra discordanti liti contra l sole tanto sen va che fa meridiano l dove lorizzonte pria far suole Di quella valle fu io litorano tra Ebro e Macra che per cammin corto parte lo Genovese dal Toscano Ad un occaso quasi e ad un orto Buggea siede e la terra ondio fui che f del sangue suo gi caldo il porto Folco mi disse quella gente a cui fu noto il nome mio e questo cielo di me simprenta comio fe di lui ch pi non arse la figlia di Belo noiando e a Sicheo e a Creusa di me infin che si convenne al pelo n quella Rodopea che delusa fu da Demofoonte n Alcide quando Iole nel core ebbe rinchiusa Non per qui si pente ma si ride non de la colpa cha mente non torna ma del valor chordin e provide Qui si rimira ne larte chaddorna cotanto affetto e discernesi l bene per che l mondo di s quel di gi torna Ma perch tutte le tue voglie piene ten porti che son nate in questa spera proceder ancor oltre mi convene Tu vuo saper chi in questa lumera che qui appresso me cos scintilla come raggio di sole in acqua mera Or sappi che l entro si tranquilla Raab e a nostrordine congiunta di lei nel sommo grado si sigilla Da questo cielo in cui lombra sappunta che l vostro mondo face pria chaltralma del triunfo di Cristo fu assunta Ben si convenne lei lasciar per palma in alcun cielo de lalta vittoria che sacquist con luna e laltra palma perchella favor la prima gloria di Iosu in su la Terra Santa che poco tocca al papa la memoria La tua citt che di colui pianta che pria volse le spalle al suo fattore e di cui la nvidia tanto pianta produce e spande il maladetto fiore cha disviate le pecore e li agni per che fatto ha lupo del pastore Per questo lEvangelio e i dottor magni son derelitti e solo ai Decretali si studia s che pare a lor vivagni A questo intende il papa e cardinali non vanno i lor pensieri a Nazarette l dove Gabriello aperse lali Ma Vaticano e laltre parti elette di Roma che son state cimitero a la milizia che Pietro seguette tosto libere fien de lavoltero Paradiso Canto Guardando nel suo Figlio con lAmore che luno e laltro etternalmente spira lo primo e ineffabile Valore quanto per mente e per loco si gira con tantordine f chesser non puote sanza gustar di lui chi ci rimira Leva dunque lettore a lalte rote meco la vista dritto a quella parte dove lun moto e laltro si percuote e l comincia a vagheggiar ne larte di quel maestro che dentro a s lama tanto che mai da lei locchio non parte Vedi come da indi si dirama loblico cerchio che i pianeti porta per sodisfare al mondo che li chiama Che se la strada lor non fosse torta molta virt nel ciel sarebbe in vano e quasi ogne potenza qua gi morta e se dal dritto pi o men lontano fosse l partire assai sarebbe manco e gi e s de lordine mondano Or ti riman lettor sovra l tuo banco dietro pensando a ci che si preliba sesser vuoi lieto assai prima che stanco Messo tho innanzi omai per te ti ciba ch a s torce tutta la mia cura quella materia ondio son fatto scriba Lo ministro maggior de la natura che del valor del ciel lo mondo imprenta e col suo lume il tempo ne misura con quella parte che s si rammenta congiunto si girava per le spire in che pi tosto ognora sappresenta e io era con lui ma del salire non maccorsio se non comuom saccorge anzi l primo pensier del suo venire E Beatrice quella che s scorge di bene in meglio s subitamente che latto suo per tempo non si sporge Quantesser convenia da s lucente quel chera dentro al sol dovio entrami non per color ma per lume parvente Perchio lo ngegno e larte e luso chiami s nol direi che mai simaginasse ma creder puossi e di veder si brami E se le fantasie nostre son basse a tanta altezza non maraviglia ch sopra l sol non fu occhio chandasse Tal era quivi la quarta famiglia de lalto Padre che sempre la sazia mostrando come spira e come figlia E Beatrice cominci Ringrazia ringrazia il Sol de li angeli cha questo sensibil tha levato per sua grazia Cor di mortal non fu mai s digesto a divozione e a rendersi a Dio con tutto l suo gradir cotanto presto come a quelle parole mi fecio e s tutto l mio amore in lui si mise che Beatrice ecliss ne loblio Non le dispiacque ma s se ne rise che lo splendor de li occhi suoi ridenti mia mente unita in pi cose divise Io vidi pi folgr vivi e vincenti far di noi centro e di s far corona pi dolci in voce che in vista lucenti cos cinger la figlia di Latona vedem talvolta quando laere pregno s che ritenga il fil che fa la zona Ne la corte del cielo ondio rivegno si trovan molte gioie care e belle tanto che non si posson trar del regno e l canto di quei lumi era di quelle chi non simpenna s che l s voli dal muto aspetti quindi le novelle Poi s cantando quelli ardenti soli si fuor girati intorno a noi tre volte come stelle vicine a fermi poli donne mi parver non da ballo sciolte ma che sarrestin tacite ascoltando fin che le nove note hanno ricolte E dentro a lun senti cominciar Quando lo raggio de la grazia onde saccende verace amore e che poi cresce amando multiplicato in te tanto resplende che ti conduce su per quella scala u sanza risalir nessun discende qual ti negasse il vin de la sua fiala per la tua sete in libert non fora se non comacqua chal mar non si cala Tu vuo saper di quai piante sinfiora questa ghirlanda che ntorno vagheggia la bella donna chal ciel tavvalora Io fui de li agni de la santa greggia che Domenico mena per cammino u ben simpingua se non si vaneggia Questi che m a destra pi vicino frate e maestro fummi ed esso Alberto di Cologna e io Thomas dAquino Se s di tutti li altri esser vuo certo di retro al mio parlar ten vien col viso girando su per lo beato serto Quellaltro fiammeggiare esce del riso di Grazian che luno e laltro foro aiut s che piace in paradiso Laltro chappresso addorna il nostro coro quel Pietro fu che con la poverella offerse a Santa Chiesa suo tesoro La quinta luce ch tra noi pi bella spira di tal amor che tutto l mondo l gi ne gola di saper novella entro v lalta mente u s profondo saver fu messo che se l vero vero a veder tanto non surse il secondo Appresso vedi il lume di quel cero che gi in carne pi a dentro vide langelica natura e l ministero Ne laltra piccioletta luce ride quello avvocato de tempi cristiani del cui latino Augustin si provide Or se tu locchio de la mente trani di luce in luce dietro a le mie lode gi de lottava con sete rimani Per vedere ogni ben dentro vi gode lanima santa che l mondo fallace fa manifesto a chi di lei ben ode Lo corpo ondella fu cacciata giace giuso in Cieldauro ed essa da martiro e da essilio venne a questa pace Vedi oltre fiammeggiar lardente spiro dIsidoro di Beda e di Riccardo che a considerar fu pi che viro Questi onde a me ritorna il tuo riguardo l lume duno spirto che n pensieri gravi a morir li parve venir tardo essa la luce etterna di Sigieri che leggendo nel Vico de li Strami silogizz invidiosi veri Indi come orologio che ne chiami ne lora che la sposa di Dio surge a mattinar lo sposo perch lami che luna parte e laltra tira e urge tin tin sonando con s dolce nota che l ben disposto spirto damor turge cos vidio la gloriosa rota muoversi e render voce a voce in tempra e in dolcezza chesser non p nota se non col dove gioir sinsempra Paradiso Canto I O insensata cura de mortali quanto son difettivi silogismi quei che ti fanno in basso batter lali Chi dietro a iura e chi ad amforismi sen giva e chi seguendo sacerdozio e chi regnar per forza o per sofismi e chi rubare e chi civil negozio chi nel diletto de la carne involto saffaticava e chi si dava a lozio quando da tutte queste cose sciolto con Beatrice mera suso in cielo cotanto gloriosamente accolto Poi che ciascuno fu tornato ne lo punto del cerchio in che avanti sera fermossi come a candellier candelo E io senti dentro a quella lumera che pria mavea parlato sorridendo incominciar faccendosi pi mera Cos comio del suo raggio resplendo s riguardando ne la luce etterna li tuoi pensieri onde cagioni apprendo Tu dubbi e hai voler che si ricerna in s aperta e n s distesa lingua lo dicer mio chal tuo sentir si sterna ove dinanzi dissi U ben simpingua e l u dissi Non nacque il secondo e qui uopo che ben si distingua La provedenza che governa il mondo con quel consiglio nel quale ogne aspetto creato vinto pria che vada al fondo per che andasse ver lo suo diletto la sposa di colui chad alte grida dispos lei col sangue benedetto in s sicura e anche a lui pi fida due principi ordin in suo favore che quinci e quindi le fosser per guida Lun fu tutto serafico in ardore laltro per sapienza in terra fue di cherubica luce uno splendore De lun dir per che damendue si dice lun pregiando qual chom prende perchad un fine fur lopere sue Intra Tupino e lacqua che discende del colle eletto dal beato Ubaldo fertile costa dalto monte pende onde Perugia sente freddo e caldo da Porta Sole e di rietro le piange per grave giogo Nocera con Gualdo Di questa costa l dovella frange pi sua rattezza nacque al mondo un sole come fa questo tal volta di Gange Per chi desso loco fa parole non dica Ascesi ch direbbe corto ma Oriente se proprio dir vuole Non era ancor molto lontan da lorto chel cominci a far sentir la terra de la sua gran virtute alcun conforto ch per tal donna giovinetto in guerra del padre corse a cui come a la morte la porta del piacer nessun diserra e dinanzi a la sua spirital corte et coram patre le si fece unito poscia di d in d lam pi forte Questa privata del primo marito millecentanni e pi dispetta e scura fino a costui si stette sanza invito n valse udir che la trov sicura con Amiclate al suon de la sua voce colui cha tutto l mondo f paura n valse esser costante n feroce s che dove Maria rimase giuso ella con Cristo pianse in su la croce Ma perchio non proceda troppo chiuso Francesco e Povert per questi amanti prendi oramai nel mio parlar diffuso La lor concordia e i lor lieti sembianti amore e maraviglia e dolce sguardo facieno esser cagion di pensier santi tanto che l venerabile Bernardo si scalz prima e dietro a tanta pace corse e correndo li parve esser tardo Oh ignota ricchezza oh ben ferace Scalzasi Egidio scalzasi Silvestro dietro a lo sposo s la sposa piace Indi sen va quel padre e quel maestro con la sua donna e con quella famiglia che gi legava lumile capestro N li grav vilt di cuor le ciglia per esser fi di Pietro Bernardone n per parer dispetto a maraviglia ma regalmente sua dura intenzione ad Innocenzio aperse e da lui ebbe primo sigillo a sua religione Poi che la gente poverella crebbe dietro a costui la cui mirabil vita meglio in gloria del ciel si canterebbe di seconda corona redimita fu per Onorio da lEtterno Spiro la santa voglia desto archimandrita E poi che per la sete del martiro ne la presenza del Soldan superba predic Cristo e li altri che l seguiro e per trovare a conversione acerba troppo la gente e per non stare indarno redissi al frutto de litalica erba nel crudo sasso intra Tevero e Arno da Cristo prese lultimo sigillo che le sue membra due anni portarno Quando a colui cha tanto ben sortillo piacque di trarlo suso a la mercede chel merit nel suo farsi pusillo a frati suoi s coma giuste rede raccomand la donna sua pi cara e comand che lamassero a fede e del suo grembo lanima preclara mover si volle tornando al suo regno e al suo corpo non volle altra bara Pensa oramai qual fu colui che degno collega fu a mantener la barca di Pietro in alto mar per dritto segno e questo fu il nostro patriarca per che qual segue lui comel comanda discerner puoi che buone merce carca Ma l suo pecuglio di nova vivanda fatto ghiotto s chesser non puote che per diversi salti non si spanda e quanto le sue pecore remote e vagabunde pi da esso vanno pi tornano a lovil di latte vte Ben son di quelle che temono l danno e stringonsi al pastor ma son s poche che le cappe fornisce poco panno Or se le mie parole non son fioche se la tua audienza stata attenta se ci ch detto a la mente revoche in parte fia la tua voglia contenta perch vedrai la pianta onde si scheggia e vedra il corrgger che argomenta U ben simpingua se non si vaneggia Paradiso Canto II S tosto come lultima parola la benedetta fiamma per dir tolse a rotar cominci la santa mola e nel suo giro tutta non si volse prima chunaltra di cerchio la chiuse e moto a moto e canto a canto colse canto che tanto vince nostre muse nostre serene in quelle dolci tube quanto primo splendor quel che refuse Come si volgon per tenera nube due archi paralelli e concolori quando Iunone a sua ancella iube nascendo di quel dentro quel di fori a guisa del parlar di quella vaga chamor consunse come sol vapori e fanno qui la gente esser presaga per lo patto che Dio con No puose del mondo che gi mai pi non sallaga cos di quelle sempiterne rose volgiensi circa noi le due ghirlande e s lestrema a lintima rispuose Poi che l tripudio e laltra festa grande s del cantare e s del fiammeggiarsi luce con luce gaudiose e blande insieme a punto e a voler quetarsi pur come li occhi chal piacer che i move conviene insieme chiudere e levarsi del cor de luna de le luci nove si mosse voce che lago a la stella parer mi fece in volgermi al suo dove e cominci Lamor che mi fa bella mi tragge a ragionar de laltro duca per cui del mio s ben ci si favella Degno che dov lun laltro sinduca s che comelli ad una militaro cos la gloria loro insieme luca Lessercito di Cristo che s caro cost a riarmar dietro a la nsegna si movea tardo sospeccioso e raro quando lo mperador che sempre regna provide a la milizia chera in forse per sola grazia non per esser degna e come detto a sua sposa soccorse con due campioni al cui fare al cui dire lo popol disviato si raccorse In quella parte ove surge ad aprire Zefiro dolce le novelle fronde di che si vede Europa rivestire non molto lungi al percuoter de londe dietro a le quali per la lunga foga lo sol talvolta ad ogne uom si nasconde siede la fortunata Calaroga sotto la protezion del grande scudo in che soggiace il leone e soggioga dentro vi nacque lamoroso drudo de la fede cristiana il santo atleta benigno a suoi e a nemici crudo e come fu creata fu repleta s la sua mente di viva vertute che ne la madre lei fece profeta Poi che le sponsalizie fuor compiute al sacro fonte intra lui e la Fede u si dotar di mutua salute la donna che per lui lassenso diede vide nel sonno il mirabile frutto chuscir dovea di lui e de le rede e perch fosse qual era in costrutto quinci si mosse spirito a nomarlo del possessivo di cui era tutto Domenico fu detto e io ne parlo s come de lagricola che Cristo elesse a lorto suo per aiutarlo Ben parve messo e famigliar di Cristo che l primo amor che n lui fu manifesto fu al primo consiglio che di Cristo Spesse fiate fu tacito e desto trovato in terra da la sua nutrice come dicesse Io son venuto a questo Oh padre suo veramente Felice oh madre sua veramente Giovanna se interpretata val come si dice Non per lo mondo per cui mo saffanna di retro ad Ostiense e a Taddeo ma per amor de la verace manna in picciol tempo gran dottor si feo tal che si mise a circuir la vigna che tosto imbianca se l vignaio reo E a la sedia che fu gi benigna pi a poveri giusti non per lei ma per colui che siede che traligna non dispensare o due o tre per sei non la fortuna di prima vacante non decimas quae sunt pauperum Dei addimand ma contro al mondo errante licenza di combatter per lo seme del qual ti fascian ventiquattro piante Poi con dottrina e con volere insieme con lofficio appostolico si mosse quasi torrente chalta vena preme e ne li sterpi eretici percosse limpeto suo pi vivamente quivi dove le resistenze eran pi grosse Di lui si fecer poi diversi rivi onde lorto catolico si riga s che i suoi arbuscelli stan pi vivi Se tal fu luna rota de la biga in che la Santa Chiesa si difese e vinse in campo la sua civil briga ben ti dovrebbe assai esser palese leccellenza de laltra di cui Tomma dinanzi al mio venir fu s cortese Ma lorbita che f la parte somma di sua circunferenza derelitta s ch la muffa dovera la gromma La sua famiglia che si mosse dritta coi piedi a le sue orme tanto volta che quel dinanzi a quel di retro gitta e tosto si vedr de la ricolta de la mala coltura quando il loglio si lagner che larca li sia tolta Ben dico chi cercasse a foglio a foglio nostro volume ancor troveria carta u leggerebbe I mi son quel chi soglio ma non fia da Casal n dAcquasparta l onde vegnon tali a la scrittura chuno la fugge e altro la coarta Io son la vita di Bonaventura da Bagnoregio che ne grandi offici sempre pospuosi la sinistra cura Illuminato e Augustin son quici che fuor de primi scalzi poverelli che nel capestro a Dio si fero amici Ugo da San Vittore qui con elli e Pietro Mangiadore e Pietro Spano lo qual gi luce in dodici libelli Natn profeta e l metropolitano Crisostomo e Anselmo e quel Donato cha la primarte degn porre mano Rabano qui e lucemi dallato il calavrese abate Giovacchino di spirito profetico dotato Ad inveggiar cotanto paladino mi mosse linfiammata cortesia di fra Tommaso e l discreto latino e mosse meco questa compagnia Paradiso Canto III Imagini chi bene intender cupe quel chi or vidi e ritegna limage mentre chio dico come ferma rupe quindici stelle che n diverse plage lo ciel avvivan di tanto sereno che soperchia de laere ogne compage imagini quel carro a cu il seno basta del nostro cielo e notte e giorno s chal volger del temo non vien meno imagini la bocca di quel corno che si comincia in punta de lo stelo a cui la prima rota va dintorno aver fatto di s due segni in cielo qual fece la figliuola di Minoi allora che sent di morte il gelo e lun ne laltro aver li raggi suoi e amendue girarsi per maniera che luno andasse al primo e laltro al poi e avr quasi lombra de la vera costellazione e de la doppia danza che circulava il punto dovio era poi ch tanto di l da nostra usanza quanto di l dal mover de la Chiana si move il ciel che tutti li altri avanza L si cant non Bacco non Peana ma tre persone in divina natura e in una persona essa e lumana Compi l cantare e l volger sua misura e attesersi a noi quei santi lumi felicitando s di cura in cura Ruppe il silenzio ne concordi numi poscia la luce in che mirabil vita del poverel di Dio narrata fumi e disse Quando luna paglia trita quando la sua semenza gi riposta a batter laltra dolce amor minvita Tu credi che nel petto onde la costa si trasse per formar la bella guancia il cui palato a tutto l mondo costa e in quel che forato da la lancia e prima e poscia tanto sodisfece che dogne colpa vince la bilancia quantunque a la natura umana lece aver di lume tutto fosse infuso da quel valor che luno e laltro fece e per miri a ci chio dissi suso quando narrai che non ebbe l secondo lo ben che ne la quinta luce chiuso Or apri li occhi a quel chio ti rispondo e vedrai il tuo credere e l mio dire nel vero farsi come centro in tondo Ci che non more e ci che pu morire non se non splendor di quella idea che partorisce amando il nostro Sire ch quella viva luce che s mea dal suo lucente che non si disuna da lui n da lamor cha lor sintrea per sua bontate il suo raggiare aduna quasi specchiato in nove sussistenze etternalmente rimanendosi una Quindi discende a lultime potenze gi datto in atto tanto divenendo che pi non fa che brevi contingenze e queste contingenze essere intendo le cose generate che produce con seme e sanza seme il ciel movendo La cera di costoro e chi la duce non sta dun modo e per sotto l segno ideale poi pi e men traluce Ondelli avvien chun medesimo legno secondo specie meglio e peggio frutta e voi nascete con diverso ingegno Se fosse a punto la cera dedutta e fosse il cielo in sua virt supprema la luce del suggel parrebbe tutta ma la natura la d sempre scema similemente operando a lartista cha labito de larte ha man che trema Per se l caldo amor la chiara vista de la prima virt dispone e segna tutta la perfezion quivi sacquista Cos fu fatta gi la terra degna di tutta lanimal perfezione cos fu fatta la Vergine pregna s chio commendo tua oppinione che lumana natura mai non fue n fia qual fu in quelle due persone Or si non procedesse avanti pie Dunque come costui fu sanza pare comincerebber le parole tue Ma perch paia ben ci che non pare pensa chi era e la cagion che l mosse quando fu detto Chiedi a dimandare Non ho parlato s che tu non posse ben veder chel fu re che chiese senno acci che re sufficiente fosse non per sapere il numero in che enno li motor di qua s o se necesse con contingente mai necesse fenno non si est dare primum motum esse o se del mezzo cerchio far si puote triangol s chun retto non avesse Onde se ci chio dissi e questo note regal prudenza quel vedere impari in che lo stral di mia intenzion percuote e se al surse drizzi li occhi chiari vedrai aver solamente respetto ai regi che son molti e buon son rari Con questa distinzion prendi l mio detto e cos puote star con quel che credi del primo padre e del nostro Diletto E questo ti sia sempre piombo a piedi per farti mover lento comuom lasso e al s e al no che tu non vedi ch quelli tra li stolti bene a basso che sanza distinzione afferma e nega ne lun cos come ne laltro passo perchelli ncontra che pi volte piega loppinion corrente in falsa parte e poi laffetto lintelletto lega Vie pi che ndarno da riva si parte perch non torna tal qual e si move chi pesca per lo vero e non ha larte E di ci sono al mondo aperte prove Parmenide Melisso e Brisso e molti li quali andaro e non sapean dove s f Sabellio e Arrio e quelli stolti che furon come spade a le Scritture in render torti li diritti volti Non sien le genti ancor troppo sicure a giudicar s come quei che stima le biade in campo pria che sien mature chi ho veduto tutto l verno prima lo prun mostrarsi rigido e feroce poscia portar la rosa in su la cima e legno vidi gi dritto e veloce correr lo mar per tutto suo cammino perire al fine a lintrar de la foce Non creda donna Berta e ser Martino per vedere un furare altro offerere vederli dentro al consiglio divino ch quel pu surgere e quel pu cadere Paradiso Canto IV Dal centro al cerchioe s dal cerchio al centro movesi lacqua in un ritondo vaso secondo ch percosso fuori o dentro ne la mia mente f sbito caso questo chio dico s come si tacque la gloriosa vita di Tommaso per la similitudine che nacque del suo parlare e di quel di Beatrice a cui s cominciar dopo lui piacque A costui fa mestieri e nol vi dice n con la voce n pensando ancora dun altro vero andare a la radice Diteli se la luce onde sinfiora vostra sustanza rimarr con voi etternalmente s comell ora e se rimane dite come poi che sarete visibili rifatti esser por chal veder non vi ni Come da pi letizia pinti e tratti a la fiata quei che vanno a rota levan la voce e rallegrano li atti cos a lorazion pronta e divota li santi cerchi mostrar nova gioia nel torneare e ne la mira nota Qual si lamenta perch qui si moia per viver col s non vide quive lo refrigerio de letterna ploia Quelluno e due e tre che sempre vive e regna sempre in tre e n due e n uno non circunscritto e tutto circunscrive tre volte era cantato da ciascuno di quelli spirti con tal melodia chad ogne merto saria giusto muno E io udi ne la luce pi dia del minor cerchio una voce modesta forse qual fu da langelo a Maria risponder Quanto fia lunga la festa di paradiso tanto il nostro amore si ragger dintorno cotal vesta La sua chiarezza sguita lardore lardor la visione e quella tanta quantha di grazia sovra suo valore Come la carne gloriosa e santa fia rivestita la nostra persona pi grata fia per esser tutta quanta per che saccrescer ci che ne dona di gratuito lume il sommo bene lume cha lui veder ne condiziona onde la vision crescer convene crescer lardor che di quella saccende crescer lo raggio che da esso vene Ma s come carbon che fiamma rende e per vivo candor quella soverchia s che la sua parvenza si difende cos questo folgr che gi ne cerchia fia vinto in apparenza da la carne che tutto d la terra ricoperchia n potr tanta luce affaticarne ch li organi del corpo saran forti a tutto ci che potr dilettarne Tanto mi parver sbiti e accorti e luno e laltro coro a dicer Amme che ben mostrar disio di corpi morti forse non pur per lor ma per le mamme per li padri e per li altri che fuor cari anzi che fosser sempiterne fiamme Ed ecco intorno di chiarezza pari nascere un lustro sopra quel che vera per guisa dorizzonte che rischiari E s come al salir di prima sera comincian per lo ciel nove parvenze s che la vista pare e non par vera parvemi l novelle sussistenze cominciare a vedere e fare un giro di fuor da laltre due circunferenze Oh vero sfavillar del Santo Spiro come si fece sbito e candente a li occhi miei che vinti nol soffriro Ma Beatrice s bella e ridente mi si mostr che tra quelle vedute si vuol lasciar che non seguir la mente Quindi ripreser li occhi miei virtute a rilevarsi e vidimi translato sol con mia donna in pi alta salute Ben maccorsio chio era pi levato per laffocato riso de la stella che mi parea pi roggio che lusato Con tutto l core e con quella favella ch una in tutti a Dio feci olocausto qual conveniesi a la grazia novella E non eranco del mio petto essausto lardor del sacrificio chio conobbi esso litare stato accetto e fausto ch con tanto lucore e tanto robbi mapparvero splendor dentro a due raggi chio dissi O Elis che s li addobbi Come distinta da minori e maggi lumi biancheggia tra poli del mondo Galassia s che fa dubbiar ben saggi s costellati facean nel profondo Marte quei raggi il venerabil segno che fan giunture di quadranti in tondo Qui vince la memoria mia lo ngegno ch quella croce lampeggiava Cristo s chio non so trovare essempro degno ma chi prende sua croce e segue Cristo ancor mi scuser di quel chio lasso vedendo in quellalbor balenar Cristo Di corno in corno e tra la cima e l basso si movien lumi scintillando forte nel congiugnersi insieme e nel trapasso cos si veggion qui diritte e torte veloci e tarde rinovando vista le minuzie di corpi lunghe e corte moversi per lo raggio onde si lista talvolta lombra che per sua difesa la gente con ingegno e arte acquista E come giga e arpa in tempra tesa di molte corde fa dolce tintinno a tal da cui la nota non intesa cos da lumi che l mapparinno saccogliea per la croce una melode che mi rapiva sanza intender linno Ben maccorsio chelli era dalte lode per cha me vena Resurgi e Vinci come a colui che non intende e ode Io minnamorava tanto quinci che nfino a l non fu alcuna cosa che mi legasse con s dolci vinci Forse la mia parola par troppo osa posponendo il piacer de li occhi belli ne quai mirando mio disio ha posa ma chi savvede che i vivi suggelli dogne bellezza pi fanno pi suso e chio non mera l rivolto a quelli escusar puommi di quel chio maccuso per escusarmi e vedermi dir vero ch l piacer santo non qui dischiuso perch si fa montando pi sincero Paradiso Canto V Benigna volontade in che si liqua sempre lamor che drittamente spira come cupidit fa ne la iniqua silenzio puose a quella dolce lira e fece quietar le sante corde che la destra del cielo allenta e tira Come saranno a giusti preghi sorde quelle sustanze che per darmi voglia chio le pregassi a tacer fur concorde Bene che sanza termine si doglia chi per amor di cosa che non duri etternalmente quello amor si spoglia Quale per li seren tranquilli e puri discorre ad ora ad or sbito foco movendo li occhi che stavan sicuri e pare stella che tramuti loco se non che da la parte onde saccende nulla sen perde ed esso dura poco tale dal corno che n destro si stende a pi di quella croce corse un astro de la costellazion che l resplende n si part la gemma dal suo nastro ma per la lista radial trascorse che parve foco dietro ad alabastro S pia lombra dAnchise si porse se fede merta nostra maggior musa quando in Eliso del figlio saccorse O sanguis meus o superinfusa gratia Dei sicut tibi cui bis unquam celi ianua reclusa Cos quel lume ondio mattesi a lui poscia rivolsi a la mia donna il viso e quinci e quindi stupefatto fui ch dentro a li occhi suoi ardeva un riso tal chio pensai co miei toccar lo fondo de la mia gloria e del mio paradiso Indi a udire e a veder giocondo giunse lo spirto al suo principio cose chio non lo ntesi s parl profondo n per elezion mi si nascose ma per necessit ch l suo concetto al segno di mortal si soprapuose E quando larco de lardente affetto fu s sfogato che l parlar discese inver lo segno del nostro intelletto la prima cosa che per me sintese Benedetto sia tu fu trino e uno che nel mio seme se tanto cortese E segu Grato e lontano digiuno tratto leggendo del magno volume du non si muta mai bianco n bruno solvuto hai figlio dentro a questo lume in chio ti parlo merc di colei cha lalto volo ti vest le piume Tu credi che a me tuo pensier mei da quel ch primo cos come raia da lun se si conosce il cinque e l sei e per chio mi sia e perchio paia pi gaudioso a te non mi domandi che alcun altro in questa turba gaia Tu credi l vero ch i minori e grandi di questa vita miran ne lo speglio in che prima che pensi il pensier pandi ma perch l sacro amore in che io veglio con perpetua vista e che masseta di dolce disiar sadempia meglio la voce tua sicura balda e lieta suoni la volont suoni l disio a che la mia risposta gi decreta Io mi volsi a Beatrice e quella udio pria chio parlassi e arrisemi un cenno che fece crescer lali al voler mio Poi cominciai cos Laffetto e l senno come la prima equalit vapparse dun peso per ciascun di voi si fenno per che l sol che vallum e arse col caldo e con la luce s iguali che tutte simiglianze sono scarse Ma voglia e argomento ne mortali per la cagion cha voi manifesta diversamente son pennuti in ali ondio che son mortal mi sento in questa disagguaglianza e per non ringrazio se non col core a la paterna festa Ben supplico io a te vivo topazio che questa gioia preziosa ingemmi perch mi facci del tuo nome sazio O fronda mia in che io compiacemmi pur aspettando io fui la tua radice cotal principio rispondendo femmi Poscia mi disse Quel da cui si dice tua cognazione e che centanni e pie girato ha l monte in la prima cornice mio figlio fu e tuo bisavol fue ben si convien che la lunga fatica tu li raccorci con lopere tue Fiorenza dentro da la cerchia antica ondella toglie ancora e terza e nona si stava in pace sobria e pudica Non avea catenella non corona non gonne contigiate non cintura che fosse a veder pi che la persona Non faceva nascendo ancor paura la figlia al padre che l tempo e la dote non fuggien quinci e quindi la misura Non avea case di famiglia vte non vera giunto ancor Sardanapalo a mostrar ci che n camera si puote Non era vinto ancora Montemalo dal vostro Uccellatoio che com vinto nel montar s cos sar nel calo Bellincion Berti vidio andar cinto di cuoio e dosso e venir da lo specchio la donna sua sanza l viso dipinto e vidi quel di Nerli e quel del Vecchio esser contenti a la pelle scoperta e le sue donne al fuso e al pennecchio Oh fortunate ciascuna era certa de la sua sepultura e ancor nulla era per Francia nel letto diserta Luna vegghiava a studio de la culla e consolando usava lidioma che prima i padri e le madri trastulla laltra traendo a la rocca la chioma favoleggiava con la sua famiglia di Troiani di Fiesole e di Roma Saria tenuta allor tal maraviglia una Cianghella un Lapo Salterello qual or saria Cincinnato e Corniglia A cos riposato a cos bello viver di cittadini a cos fida cittadinanza a cos dolce ostello Maria mi di chiamata in alte grida e ne lantico vostro Batisteo insieme fui cristiano e Cacciaguida Moronto fu mio frate ed Eliseo mia donna venne a me di val di Pado e quindi il sopranome tuo si feo Poi seguitai lo mperador Currado ed el mi cinse de la sua milizia tanto per bene ovrar li venni in grado Dietro li andai incontro a la nequizia di quella legge il cui popolo usurpa per colpa di pastor vostra giustizia Quivi fu io da quella gente turpa disviluppato dal mondo fallace lo cui amor moltanime deturpa e venni dal martiro a questa pace Paradiso Canto VI O poca nostra nobilt di sangue se gloriar di te la gente fai qua gi dove laffetto nostro langue mirabil cosa non mi sar mai ch l dove appetito non si torce dico nel cielo io me ne gloriai Ben se tu manto che tosto raccorce s che se non sappon di d in die lo tempo va dintorno con le force Dal voi che prima a Roma sofferie in che la sua famiglia men persevra ricominciaron le parole mie onde Beatrice chera un poco scevra ridendo parve quella che tossio al primo fallo scritto di Ginevra Io cominciai Voi siete il padre mio voi mi date a parlar tutta baldezza voi mi levate s chi son pi chio Per tanti rivi sempie dallegrezza la mente mia che di s fa letizia perch pu sostener che non si spezza Ditemi dunque cara mia primizia quai fuor li vostri antichi e quai fuor li anni che si segnaro in vostra puerizia ditemi de lovil di San Giovanni quanto era allora e chi eran le genti tra esso degne di pi alti scanni Come savviva a lo spirar di venti carbone in fiamma cos vidio quella luce risplendere a miei blandimenti e come a li occhi miei si f pi bella cos con voce pi dolce e soave ma non con questa moderna favella dissemi Da quel d che fu detto Ave al parto in che mia madre ch or santa sallevi di me ondera grave al suo Leon cinquecento cinquanta e trenta fiate venne questo foco a rinfiammarsi sotto la sua pianta Li antichi miei e io nacqui nel loco dove si truova pria lultimo sesto da quei che corre il vostro annual gioco Basti di miei maggiori udirne questo chi ei si fosser e onde venner quivi pi tacer che ragionare onesto Tutti color cha quel tempo eran ivi da poter arme tra Marte e l Batista eran il quinto di quei chor son vivi Ma la cittadinanza ch or mista di Campi di Certaldo e di Fegghine pura vediesi ne lultimo artista Oh quanto fora meglio esser vicine quelle genti chio dico e al Galluzzo e a Trespiano aver vostro confine che averle dentro e sostener lo puzzo del villan dAguglion di quel da Signa che gi per barattare ha locchio aguzzo Se la gente chal mondo pi traligna non fosse stata a Cesare noverca ma come madre a suo figlio benigna tal fatto fiorentino e cambia e merca che si sarebbe vlto a Simifonti l dove andava lavolo a la cerca sariesi Montemurlo ancor de Conti sarieno i Cerchi nel piovier dAcone e forse in Valdigrieve i Buondelmonti Sempre la confusion de le persone principio fu del mal de la cittade come del vostro il cibo che sappone e cieco toro pi avaccio cade che cieco agnello e molte volte taglia pi e meglio una che le cinque spade Se tu riguardi Luni e Orbisaglia come sono ite e come se ne vanno di retro ad esse Chiusi e Sinigaglia udir come le schiatte si disfanno non ti parr nova cosa n forte poscia che le cittadi termine hanno Le vostre cose tutte hanno lor morte s come voi ma celasi in alcuna che dura molto e le vite son corte E come l volger del ciel de la luna cuopre e discuopre i liti sanza posa cos fa di Fiorenza la Fortuna per che non dee parer mirabil cosa ci chio dir de li alti Fiorentini onde la fama nel tempo nascosa Io vidi li Ughi e vidi i Catellini Filippi Greci Ormanni e Alberichi gi nel calare illustri cittadini e vidi cos grandi come antichi con quel de la Sannella quel de lArca e Soldanieri e Ardinghi e Bostichi Sovra la porta chal presente carca di nova fellonia di tanto peso che tosto fia iattura de la barca erano i Ravignani ond disceso il conte Guido e qualunque del nome de lalto Bellincione ha poscia preso Quel de la Pressa sapeva gi come regger si vuole e avea Galigaio dorata in casa sua gi lelsa e l pome Grandera gi la colonna del Vaio Sacchetti Giuochi Fifanti e Barucci e Galli e quei charrossan per lo staio Lo ceppo di che nacquero i Calfucci era gi grande e gi eran tratti a le curule Sizii e Arrigucci Oh quali io vidi quei che son disfatti per lor superbia e le palle de loro fiorian Fiorenza in tutti suoi gran fatti Cos facieno i padri di coloro che sempre che la vostra chiesa vaca si fanno grassi stando a consistoro Loltracotata schiatta che sindraca dietro a chi fugge e a chi mostra l dente o ver la borsa comagnel si placa gi vena s ma di picciola gente s che non piacque ad Ubertin Donato che poi il suocero il f lor parente Gi era l Caponsacco nel mercato disceso gi da Fiesole e gi era buon cittadino Giuda e Infangato Io dir cosa incredibile e vera nel picciol cerchio sentrava per porta che si nomava da quei de la Pera Ciascun che de la bella insegna porta del gran barone il cui nome e l cui pregio la festa di Tommaso riconforta da esso ebbe milizia e privilegio avvegna che con popol si rauni oggi colui che la fascia col fregio Gi eran Gualterotti e Importuni e ancor saria Borgo pi quieto se di novi vicin fosser digiuni La casa di che nacque il vostro fleto per lo giusto disdegno che vha morti e puose fine al vostro viver lieto era onorata essa e suoi consorti o Buondelmonte quanto mal fuggisti le nozze sue per li altrui conforti Molti sarebber lieti che son tristi se Dio tavesse conceduto ad Ema la prima volta cha citt venisti Ma conveniesi a quella pietra scema che guarda l ponte che Fiorenza fesse vittima ne la sua pace postrema Con queste genti e con altre con esse vidio Fiorenza in s fatto riposo che non avea cagione onde piangesse con queste genti vidio glorioso e giusto il popol suo tanto che l giglio non era ad asta mai posto a ritroso n per division fatto vermiglio Paradiso Canto VII Qual venne a Climen per accertarsi di ci chavea incontro a s udito quei chancor fa li padri ai figli scarsi tal era io e tal era sentito e da Beatrice e da la santa lampa che pria per me avea mutato sito Per che mia donna Manda fuor la vampa del tuo disio mi disse s chella esca segnata bene de la interna stampa non perch nostra conoscenza cresca per tuo parlare ma perch tausi a dir la sete s che luom ti mesca O cara piota mia che s tinsusi che come veggion le terrene menti non capere in triangol due ottusi cos vedi le cose contingenti anzi che sieno in s mirando il punto a cui tutti li tempi son presenti mentre chio era a Virgilio congiunto su per lo monte che lanime cura e discendendo nel mondo defunto dette mi fuor di mia vita futura parole gravi avvegna chio mi senta ben tetragono ai colpi di ventura per che la voglia mia saria contenta dintender qual fortuna mi sappressa ch saetta previsa vien pi lenta Cos dissio a quella luce stessa che pria mavea parlato e come volle Beatrice fu la mia voglia confessa N per ambage in che la gente folle gi sinviscava pria che fosse anciso lAgnel di Dio che le peccata tolle ma per chiare parole e con preciso latin rispuose quello amor paterno chiuso e parvente del suo proprio riso La contingenza che fuor del quaderno de la vostra matera non si stende tutta dipinta nel cospetto etterno necessit per quindi non prende se non come dal viso in che si specchia nave che per torrente gi discende Da indi s come viene ad orecchia dolce armonia da organo mi viene a vista il tempo che ti sapparecchia Qual si partio Ipolito dAtene per la spietata e perfida noverca tal di Fiorenza partir ti convene Questo si vuole e questo gi si cerca e tosto verr fatto a chi ci pensa l dove Cristo tutto d si merca La colpa seguir la parte offensa in grido come suol ma la vendetta fia testimonio al ver che la dispensa Tu lascerai ogne cosa diletta pi caramente e questo quello strale che larco de lo essilio pria saetta Tu proverai s come sa di sale lo pane altrui e come duro calle lo scendere e l salir per laltrui scale E quel che pi ti graver le spalle sar la compagnia malvagia e scempia con la qual tu cadrai in questa valle che tutta ingrata tutta matta ed empia si far contra te ma poco appresso ella non tu navr rossa la tempia Di sua bestialitate il suo processo far la prova s cha te fia bello averti fatta parte per te stesso Lo primo tuo refugio e l primo ostello sar la cortesia del gran Lombardo che n su la scala porta il santo uccello chin te avr s benigno riguardo che del fare e del chieder tra voi due fia primo quel che tra li altri pi tardo Con lui vedrai colui che mpresso fue nascendo s da questa stella forte che notabili fier lopere sue Non se ne son le genti ancora accorte per la novella et ch pur nove anni son queste rote intorno di lui torte ma pria che l Guasco lalto Arrigo inganni parran faville de la sua virtute in non curar dargento n daffanni Le sue magnificenze conosciute saranno ancora s che suoi nemici non ne potran tener le lingue mute A lui taspetta e a suoi benefici per lui fia trasmutata molta gente cambiando condizion ricchi e mendici e porterane scritto ne la mente di lui e nol dirai e disse cose incredibili a quei che fier presente Poi giunse Figlio queste son le chiose di quel che ti fu detto ecco le nsidie che dietro a pochi giri son nascose Non vo per cha tuoi vicini invidie poscia che sinfutura la tua vita vie pi l che l punir di lor perfidie Poi che tacendo si mostr spedita lanima santa di metter la trama in quella tela chio le porsi ordita io cominciai come colui che brama dubitando consiglio da persona che vede e vuol dirittamente e ama Ben veggio padre mio s come sprona lo tempo verso me per colpo darmi tal ch pi grave a chi pi sabbandona per che di provedenza buon chio marmi s che se loco m tolto pi caro io non perdessi li altri per miei carmi Gi per lo mondo sanza fine amaro e per lo monte del cui bel cacume li occhi de la mia donna mi levaro e poscia per lo ciel di lume in lume ho io appreso quel che sio ridico a molti fia sapor di forte agrume e sio al vero son timido amico temo di perder viver tra coloro che questo tempo chiameranno antico La luce in che rideva il mio tesoro chio trovai l si f prima corusca quale a raggio di sole specchio doro indi rispuose Coscienza fusca o de la propria o de laltrui vergogna pur sentir la tua parola brusca Ma nondimen rimossa ogne menzogna tutta tua vision fa manifesta e lascia pur grattar dov la rogna Ch se la voce tua sar molesta nel primo gusto vital nodrimento lascer poi quando sar digesta Questo tuo grido far come vento che le pi alte cime pi percuote e ci non fa donor poco argomento Per ti son mostrate in queste rote nel monte e ne la valle dolorosa pur lanime che son di fama note che lanimo di quel chode non posa n ferma fede per essempro chaia la sua radice incognita e ascosa n per altro argomento che non paia Paradiso Canto VIII Gi si godeva solo del suo verbo quello specchio beato e io gustava lo mio temprando col dolce lacerbo e quella donna cha Dio mi menava disse Muta pensier pensa chi sono presso a colui chogne torto disgrava Io mi rivolsi a lamoroso suono del mio conforto e qual io allor vidi ne li occhi santi amor qui labbandono non perchio pur del mio parlar diffidi ma per la mente che non pu redire sovra s tanto saltri non la guidi Tanto possio di quel punto ridire che rimirando lei lo mio affetto libero fu da ogne altro disire fin che l piacere etterno che diretto raggiava in Beatrice dal bel viso mi contentava col secondo aspetto Vincendo me col lume dun sorriso ella mi disse Volgiti e ascolta ch non pur ne miei occhi paradiso Come si vede qui alcuna volta laffetto ne la vista selli tanto che da lui sia tutta lanima tolta cos nel fiammeggiar del folgr santo a chio mi volsi conobbi la voglia in lui di ragionarmi ancora alquanto El cominci In questa quinta soglia de lalbero che vive de la cima e frutta sempre e mai non perde foglia spiriti son beati che gi prima che venissero al ciel fuor di gran voce s chogne musa ne sarebbe opima Per mira ne corni de la croce quello chio nomer l far latto che fa in nube il suo foco veloce Io vidi per la croce un lume tratto dal nomar Iosu comel si feo n mi fu noto il dir prima che l fatto E al nome de lalto Macabeo vidi moversi un altro roteando e letizia era ferza del paleo Cos per Carlo Magno e per Orlando due ne segu lo mio attento sguardo comocchio segue suo falcon volando Poscia trasse Guiglielmo e Rinoardo e l duca Gottifredi la mia vista per quella croce e Ruberto Guiscardo Indi tra laltre luci mota e mista mostrommi lalma che mavea parlato qual era tra i cantor del cielo artista Io mi rivolsi dal mio destro lato per vedere in Beatrice il mio dovere o per parlare o per atto segnato e vidi le sue luci tanto mere tanto gioconde che la sua sembianza vinceva li altri e lultimo solere E come per sentir pi dilettanza bene operando luom di giorno in giorno saccorge che la sua virtute avanza s maccorsio che l mio girare intorno col cielo insieme avea cresciuto larco veggendo quel miracol pi addorno E qual l trasmutare in picciol varco di tempo in bianca donna quando l volto suo si discarchi di vergogna il carco tal fu ne li occhi miei quando fui vlto per lo candor de la temprata stella sesta che dentro a s mavea ricolto Io vidi in quella giovial facella lo sfavillar de lamor che l era segnare a li occhi miei nostra favella E come augelli surti di rivera quasi congratulando a lor pasture fanno di s or tonda or altra schiera s dentro ai lumi sante creature volitando cantavano e faciensi or D or I or L in sue figure Prima cantando a sua nota moviensi poi diventando lun di questi segni un poco sarrestavano e taciensi O diva Pegasea che li ngegni fai gloriosi e rendili longevi ed essi teco le cittadi e regni illustrami di te s chio rilevi le lor figure comio lho concette paia tua possa in questi versi brevi Mostrarsi dunque in cinque volte sette vocali e consonanti e io notai le parti s come mi parver dette DILIGITE IUSTITIAM primai fur verbo e nome di tutto l dipinto QUI IUDICATIS TERRAM fur sezzai Poscia ne lemme del vocabol quinto rimasero ordinate s che Giove pareva argento l doro distinto E vidi scendere altre luci dove era il colmo de lemme e l quetarsi cantando credo il ben cha s le move Poi come nel percuoter di ciocchi arsi surgono innumerabili faville onde li stolti sogliono agurarsi resurger parver quindi pi di mille luci e salir qual assai e qual poco s come l sol che laccende sortille e quietata ciascuna in suo loco la testa e l collo dunaguglia vidi rappresentare a quel distinto foco Quei che dipinge l non ha chi l guidi ma esso guida e da lui si rammenta quella virt ch forma per li nidi Laltra beatitudo che contenta pareva prima dingigliarsi a lemme con poco moto seguit la mprenta O dolce stella quali e quante gemme mi dimostraro che nostra giustizia effetto sia del ciel che tu ingemme Per chio prego la mente in che sinizia tuo moto e tua virtute che rimiri ondesce il fummo che l tuo raggio vizia s chunaltra fiata omai sadiri del comperare e vender dentro al templo che si mur di segni e di martri O milizia del ciel cu io contemplo adora per color che sono in terra tutti sviati dietro al malo essemplo Gi si solea con le spade far guerra ma or si fa togliendo or qui or quivi lo pan che l pio Padre a nessun serra Ma tu che sol per cancellare scrivi pensa che Pietro e Paulo che moriro per la vigna che guasti ancor son vivi Ben puoi tu dire I ho fermo l disiro s a colui che volle viver solo e che per salti fu tratto al martiro chio non conosco il pescator n Polo Paradiso Canto I Parea dinanzi a me con lali aperte la bella image che nel dolce frui liete facevan lanime conserte parea ciascuna rubinetto in cui raggio di sole ardesse s acceso che ne miei occhi rifrangesse lui E quel che mi convien ritrar testeso non port voce mai n scrisse incostro n fu per fantasia gi mai compreso chio vidi e anche udi parlar lo rostro e sonar ne la voce e io e mio quandera nel concetto e noi e nostro E cominci Per esser giusto e pio son io qui essaltato a quella gloria che non si lascia vincere a disio e in terra lasciai la mia memoria s fatta che le genti l malvage commendan lei ma non seguon la storia Cos un sol calor di molte brage si fa sentir come di molti amori usciva solo un suon di quella image Ondio appresso O perpetui fiori de letterna letizia che pur uno parer mi fate tutti vostri odori solvetemi spirando il gran digiuno che lungamente mha tenuto in fame non trovandoli in terra cibo alcuno Ben so io che se n cielo altro reame la divina giustizia fa suo specchio che l vostro non lapprende con velame Sapete come attento io mapparecchio ad ascoltar sapete qual quello dubbio che m digiun cotanto vecchio Quasi falcone chesce del cappello move la testa e con lali si plaude voglia mostrando e faccendosi bello vidio farsi quel segno che di laude de la divina grazia era contesto con canti quai si sa chi l s gaude Poi cominci Colui che volse il sesto a lo stremo del mondo e dentro ad esso distinse tanto occulto e manifesto non pot suo valor s fare impresso in tutto luniverso che l suo verbo non rimanesse in infinito eccesso E ci fa certo che l primo superbo che fu la somma dogne creatura per non aspettar lume cadde acerbo e quinci appar chogne minor natura corto recettacolo a quel bene che non ha fine e s con s misura Dunque vostra veduta che convene esser alcun de raggi de la mente di che tutte le cose son ripiene non p da sua natura esser possente tanto che suo principio discerna molto di l da quel che l parvente Per ne la giustizia sempiterna la vista che riceve il vostro mondo comocchio per lo mare entro sinterna che ben che da la proda veggia il fondo in pelago nol vede e nondimeno li ma cela lui lesser profondo Lume non se non vien dal sereno che non si turba mai anzi tenebra od ombra de la carne o suo veleno Assai t mo aperta la latebra che tascondeva la giustizia viva di che facei question cotanto crebra ch tu dicevi Un uom nasce a la riva de lIndo e quivi non chi ragioni di Cristo n chi legga n chi scriva e tutti suoi voleri e atti buoni sono quanto ragione umana vede sanza peccato in vita o in sermoni Muore non battezzato e sanza fede ov questa giustizia che l condanna ov la colpa sua se ei non crede Or tu chi se che vuo sedere a scranna per giudicar di lungi mille miglia con la veduta corta duna spanna Certo a colui che meco sassottiglia se la Scrittura sovra voi non fosse da dubitar sarebbe a maraviglia Oh terreni animali oh menti grosse La prima volont ch da s buona da s ch sommo ben mai non si mosse Cotanto giusto quanto a lei consuona nullo creato bene a s la tira ma essa radiando lui cagiona Quale sovresso il nido si rigira poi cha pasciuti la cicogna i figli e come quel ch pasto la rimira cotal si fece e s levai i cigli la benedetta imagine che lali movea sospinte da tanti consigli Roteando cantava e dicea Quali son le mie note a te che non le ntendi tal il giudicio etterno a voi mortali Poi si quetaro quei lucenti incendi de lo Spirito Santo ancor nel segno che f i Romani al mondo reverendi esso ricominci A questo regno non sal mai chi non credette n Cristo n pria n poi chel si chiavasse al legno Ma vedi molti gridan Cristo Cristo che saranno in giudicio assai men prope a lui che tal che non conosce Cristo e tai Cristian danner lEtipe quando si partiranno i due collegi luno in etterno ricco e laltro inpe Che poran dir li Perse a vostri regi come vedranno quel volume aperto nel qual si scrivon tutti suoi dispregi L si vedr tra lopere dAlberto quella che tosto mover la penna per che l regno di Praga fia diserto L si vedr il duol che sovra Senna induce falseggiando la moneta quel che morr di colpo di cotenna L si vedr la superbia chasseta che fa lo Scotto e lInghilese folle s che non pu soffrir dentro a sua meta Vedrassi la lussuria e l viver molle di quel di Spagna e di quel di Boemme che mai valor non conobbe n volle Vedrassi al Ciotto di Ierusalemme segnata con un i la sua bontate quando l contrario segner un emme Vedrassi lavarizia e la viltate di quei che guarda lisola del foco ove Anchise fin la lunga etate e a dare ad intender quanto poco la sua scrittura fian lettere mozze che noteranno molto in parvo loco E parranno a ciascun lopere sozze del barba e del fratel che tanto egregia nazione e due corone han fatte bozze E quel di Portogallo e di Norvegia l si conosceranno e quel di Rascia che male ha visto il conio di Vinegia Oh beata Ungheria se non si lascia pi malmenare e beata Navarra se sarmasse del monte che la fascia E creder de ciascun che gi per arra di questo Niccosia e Famagosta per la lor bestia si lamenti e garra che dal fianco de laltre non si scosta Paradiso Canto Quando colui che tutto l mondo alluma de lemisperio nostro s discende che l giorno dogne parte si consuma lo ciel che sol di lui prima saccende subitamente si rif parvente per molte luci in che una risplende e questo atto del ciel mi venne a mente come l segno del mondo e de suoi duci nel benedetto rostro fu tacente per che tutte quelle vive luci vie pi lucendo cominciaron canti da mia memoria labili e caduci O dolce amor che di riso tammanti quanto parevi ardente in que flailli chavieno spirto sol di pensier santi Poscia che i cari e lucidi lapilli ondio vidi ingemmato il sesto lume puoser silenzio a li angelici squilli udir mi parve un mormorar di fiume che scende chiaro gi di pietra in pietra mostrando lubert del suo cacume E come suono al collo de la cetra prende sua forma e s comal pertugio de la sampogna vento che pentra cos rimosso daspettare indugio quel mormorar de laguglia salissi su per lo collo come fosse bugio Fecesi voce quivi e quindi uscissi per lo suo becco in forma di parole quali aspettava il core ovio le scrissi La parte in me che vede e pate il sole ne laguglie mortali incominciommi or fisamente riguardar si vole perch di fuochi ondio figura fommi quelli onde locchio in testa mi scintilla e di tutti lor gradi son li sommi Colui che luce in mezzo per pupilla fu il cantor de lo Spirito Santo che larca traslat di villa in villa ora conosce il merto del suo canto in quanto effetto fu del suo consiglio per lo remunerar ch altrettanto Dei cinque che mi fan cerchio per ciglio colui che pi al becco mi saccosta la vedovella consol del figlio ora conosce quanto caro costa non seguir Cristo per lesperienza di questa dolce vita e de lopposta E quel che segue in la circunferenza di che ragiono per larco superno morte indugi per vera penitenza ora conosce che l giudicio etterno non si trasmuta quando degno preco fa crastino l gi de lodierno Laltro che segue con le leggi e meco sotto buona intenzion che f mal frutto per cedere al pastor si fece greco ora conosce come il mal dedutto dal suo bene operar non li nocivo avvegna che sia l mondo indi distrutto E quel che vedi ne larco declivo Guiglielmo fu cui quella terra plora che piagne Carlo e Federigo vivo ora conosce come sinnamora lo ciel del giusto rege e al sembiante del suo fulgore il fa vedere ancora Chi crederebbe gi nel mondo errante che Rifeo Troiano in questo tondo fosse la quinta de le luci sante Ora conosce assai di quel che l mondo veder non pu de la divina grazia ben che sua vista non discerna il fondo Quale allodetta che n aere si spazia prima cantando e poi tace contenta de lultima dolcezza che la sazia tal mi sembi limago de la mprenta de letterno piacere al cui disio ciascuna cosa qual ell diventa E avvegna chio fossi al dubbiar mio l quasi vetro a lo color chel veste tempo aspettar tacendo non patio ma de la bocca Che cose son queste mi pinse con la forza del suo peso per chio di coruscar vidi gran feste Poi appresso con locchio pi acceso lo benedetto segno mi rispuose per non tenermi in ammirar sospeso Io veggio che tu credi queste cose perchio le dico ma non vedi come s che se son credute sono ascose Fai come quei che la cosa per nome apprende ben ma la sua quiditate veder non pu se altri non la prome Regnum celorum violenza pate da caldo amore e da viva speranza che vince la divina volontate non a guisa che lomo a lom sobranza ma vince lei perch vuole esser vinta e vinta vince con sua beninanza La prima vita del ciglio e la quinta ti fa maravigliar perch ne vedi la region de li angeli dipinta Di corpi suoi non uscir come credi Gentili ma Cristiani in ferma fede quel di passuri e quel di passi piedi Ch luna de lo nferno u non si riede gi mai a buon voler torn a lossa e ci di viva spene fu mercede di viva spene che mise la possa ne prieghi fatti a Dio per suscitarla s che potesse sua voglia esser mossa Lanima gloriosa onde si parla tornata ne la carne in che fu poco credette in lui che potea aiutarla e credendo saccese in tanto foco di vero amor cha la morte seconda fu degna di venire a questo gioco Laltra per grazia che da s profonda fontana stilla che mai creatura non pinse locchio infino a la prima onda tutto suo amor l gi pose a drittura per che di grazia in grazia Dio li aperse locchio a la nostra redenzion futura ondei credette in quella e non sofferse da indi il puzzo pi del paganesmo e riprendiene le genti perverse Quelle tre donne li fur per battesmo che tu vedesti da la destra rota dinanzi al battezzar pi dun millesmo O predestinazion quanto remota la radice tua da quelli aspetti che la prima cagion non veggion tota E voi mortali tenetevi stretti a giudicar ch noi che Dio vedemo non conosciamo ancor tutti li eletti ed nne dolce cos fatto scemo perch il ben nostro in questo ben saffina che quel che vole Iddio e noi volemo Cos da quella imagine divina per farmi chiara la mia corta vista data mi fu soave medicina E come a buon cantor buon citarista fa seguitar lo guizzo de la corda in che pi di piacer lo canto acquista s mentre che parl s mi ricorda chio vidi le due luci benedette pur come batter docchi si concorda con le parole mover le fiammette Paradiso Canto I Gi eran li occhi miei rifissi al volto de la mia donna e lanimo con essi e da ogne altro intento sera tolto E quella non ridea ma Sio ridessi mi cominci tu ti faresti quale fu Semel quando di cener fessi ch la bellezza mia che per le scale de letterno palazzo pi saccende comhai veduto quanto pi si sale se non si temperasse tanto splende che l tuo mortal podere al suo fulgore sarebbe fronda che trono scoscende Noi sem levati al settimo splendore che sotto l petto del Leone ardente raggia mo misto gi del suo valore Ficca di retro a li occhi tuoi la mente e fa di quelli specchi a la figura che n questo specchio ti sar parvente Qual savesse qual era la pastura del viso mio ne laspetto beato quandio mi trasmutai ad altra cura conoscerebbe quanto mera a grato ubidire a la mia celeste scorta contrapesando lun con laltro lato Dentro al cristallo che l vocabol porta cerchiando il mondo del suo caro duce sotto cui giacque ogne malizia morta di color doro in che raggio traluce vidio uno scaleo eretto in suso tanto che nol seguiva la mia luce Vidi anche per li gradi scender giuso tanti splendor chio pensai chogne lume che par nel ciel quindi fosse diffuso E come per lo natural costume le pole insieme al cominciar del giorno si movono a scaldar le fredde piume poi altre vanno via sanza ritorno altre rivolgon s onde son mosse e altre roteando fan soggiorno tal modo parve me che quivi fosse in quello sfavillar che nsieme venne s come in certo grado si percosse E quel che presso pi ci si ritenne si f s chiaro chio dicea pensando Io veggio ben lamor che tu maccenne Ma quella ondio aspetto il come e l quando del dire e del tacer si sta ondio contra l disio fo ben chio non dimando Per chella che vedea il tacer mio nel veder di colui che tutto vede mi disse Solvi il tuo caldo disio E io incominciai La mia mercede non mi fa degno de la tua risposta ma per colei che l chieder mi concede vita beata che ti stai nascosta dentro a la tua letizia fammi nota la cagion che s presso mi tha posta e di perch si tace in questa rota la dolce sinfonia di paradiso che gi per laltre suona s divota Tu hai ludir mortal s come il viso rispuose a me onde qui non si canta per quel che Beatrice non ha riso Gi per li gradi de la scala santa discesi tanto sol per farti festa col dire e con la luce che mi ammanta n pi amor mi fece esser pi presta ch pi e tanto amor quinci s ferve s come il fiammeggiar ti manifesta Ma lalta carit che ci fa serve pronte al consiglio che l mondo governa sorteggia qui s come tu osserve Io veggio ben dissio sacra lucerna come libero amore in questa corte basta a seguir la provedenza etterna ma questo quel cha cerner mi par forte perch predestinata fosti sola a questo officio tra le tue consorte N venni prima a lultima parola che del suo mezzo fece il lume centro girando s come veloce mola poi rispuose lamor che vera dentro Luce divina sopra me sappunta penetrando per questa in chio minventro la cui virt col mio veder congiunta mi leva sopra me tanto chi veggio la somma essenza de la quale munta Quinci vien lallegrezza ondio fiammeggio per cha la vista mia quantella chiara la chiarit de la fiamma pareggio Ma quellalma nel ciel che pi si schiara quel serafin che n Dio pi locchio ha fisso a la dimanda tua non satisfara per che s sinnoltra ne lo abisso de letterno statuto quel che chiedi che da ogne creata vista scisso E al mondo mortal quando tu riedi questo rapporta s che non presumma a tanto segno pi mover li piedi La mente che qui luce in terra fumma onde riguarda come pu l gie quel che non pote perch l ciel lassumma S mi prescrisser le parole sue chio lasciai la quistione e mi ritrassi a dimandarla umilmente chi fue Tra due liti dItalia surgon sassi e non molto distanti a la tua patria tanto che troni assai suonan pi bassi e fanno un gibbo che si chiama Catria di sotto al quale consecrato un ermo che suole esser disposto a sola latria Cos ricominciommi il terzo sermo e poi continuando disse Quivi al servigio di Dio mi fe s fermo che pur con cibi di liquor dulivi lievemente passava caldi e geli contento ne pensier contemplativi Render solea quel chiostro a questi cieli fertilemente e ora fatto vano s che tosto convien che si riveli In quel loco fu io Pietro Damiano e Pietro Peccator fu ne la casa di Nostra Donna in sul lito adriano Poca vita mortal mera rimasa quando fui chiesto e tratto a quel cappello che pur di male in peggio si travasa Venne Cefs e venne il gran vasello de lo Spirito Santo magri e scalzi prendendo il cibo da qualunque ostello Or voglion quinci e quindi chi rincalzi li moderni pastori e chi li meni tanto son gravi e chi di rietro li alzi Cuopron di manti loro i palafreni s che due bestie van sottuna pelle oh pazienza che tanto sostieni A questa voce vidio pi fiammelle di grado in grado scendere e girarsi e ogne giro le facea pi belle Dintorno a questa vennero e fermarsi e fero un grido di s alto suono che non potrebbe qui assomigliarsi n io lo ntesi s mi vinse il tuono Paradiso Canto II Oppresso di stupore a la mia guida mi volsi come parvol che ricorre sempre col dove pi si confida e quella come madre che soccorre sbito al figlio palido e anelo con la sua voce che l suol ben disporre mi disse Non sai tu che tu se in cielo e non sai tu che l cielo tutto santo e ci che ci si fa vien da buon zelo Come tavrebbe trasmutato il canto e io ridendo mo pensar lo puoi poscia che l grido tha mosso cotanto nel qual se nteso avessi i prieghi suoi gi ti sarebbe nota la vendetta che tu vedrai innanzi che tu muoi La spada di qua s non taglia in fretta n tardo ma chal parer di colui che disiando o temendo laspetta Ma rivolgiti omai inverso altrui chassai illustri spiriti vedrai se comio dico laspetto redui Come a lei piacque li occhi ritornai e vidi cento sperule che nsieme pi sabbellivan con mutui rai Io stava come quei che n s repreme la punta del disio e non sattenta di domandar s del troppo si teme e la maggiore e la pi luculenta di quelle margherite innanzi fessi per far di s la mia voglia contenta Poi dentro a lei udi Se tu vedessi comio la carit che tra noi arde li tuoi concetti sarebbero espressi Ma perch tu aspettando non tarde a lalto fine io ti far risposta pur al pensier da che s ti riguarde Quel monte a cui Cassino ne la costa fu frequentato gi in su la cima da la gente ingannata e mal disposta e quel son io che s vi portai prima lo nome di colui che n terra addusse la verit che tanto ci soblima e tanta grazia sopra me relusse chio ritrassi le ville circunstanti da lempio clto che l mondo sedusse Questi altri fuochi tutti contemplanti uomini fuoro accesi di quel caldo che fa nascere i fiori e frutti santi Qui Maccario qui Romoaldo qui son li frati miei che dentro ai chiostri fermar li piedi e tennero il cor saldo E io a lui Laffetto che dimostri meco parlando e la buona sembianza chio veggio e noto in tutti li ardor vostri cos mha dilatata mia fidanza come l sol fa la rosa quando aperta tanto divien quantellha di possanza Per ti priego e tu padre maccerta sio posso prender tanta grazia chio ti veggia con imagine scoverta Ondelli Frate il tuo alto disio sadempier in su lultima spera ove sadempion tutti li altri e l mio Ivi perfetta matura e intera ciascuna disianza in quella sola ogne parte l ove semprera perch non in loco e non simpola e nostra scala infino ad essa varca onde cos dal viso ti sinvola Infin l s la vide il patriarca Iacobbe porger la superna parte quando li apparve dangeli s carca Ma per salirla mo nessun diparte da terra i piedi e la regola mia rimasa per danno de le carte Le mura che solieno esser badia fatte sono spelonche e le cocolle sacca son piene di farina ria Ma grave usura tanto non si tolle contra l piacer di Dio quanto quel frutto che fa il cor de monaci s folle ch quantunque la Chiesa guarda tutto de la gente che per Dio dimanda non di parenti n daltro pi brutto La carne di mortali tanto blanda che gi non basta buon cominciamento dal nascer de la quercia al far la ghianda Pier cominci sanzoro e sanzargento e io con orazione e con digiuno e Francesco umilmente il suo convento e se guardi l principio di ciascuno poscia riguardi l dov trascorso tu vederai del bianco fatto bruno Veramente Iordan vlto retrorso pi fu e l mar fuggir quando Dio volse mirabile a veder che qui l soccorso Cos mi disse e indi si raccolse al suo collegio e l collegio si strinse poi come turbo in s tutto savvolse La dolce donna dietro a lor mi pinse con un sol cenno su per quella scala s sua virt la mia natura vinse n mai qua gi dove si monta e cala naturalmente fu s ratto moto chagguagliar si potesse a la mia ala Sio torni mai lettore a quel divoto triunfo per lo quale io piango spesso le mie peccata e l petto mi percuoto tu non avresti in tanto tratto e messo nel foco il dito in quantio vidi l segno che segue il Tauro e fui dentro da esso O gloriose stelle o lume pregno di gran virt dal quale io riconosco tutto qual che si sia il mio ingegno con voi nasceva e sascondeva vosco quelli ch padre dogne mortal vita quandio senti di prima laere tosco e poi quando mi fu grazia largita dentrar ne lalta rota che vi gira la vostra region mi fu sortita A voi divotamente ora sospira lanima mia per acquistar virtute al passo forte che a s la tira Tu se s presso a lultima salute cominci Beatrice che tu dei aver le luci tue chiare e acute e per prima che tu pi tinlei rimira in gi e vedi quanto mondo sotto li piedi gi esser ti fei s che l tuo cor quantunque pu giocondo sappresenti a la turba triunfante che lieta vien per questo etera tondo Col viso ritornai per tutte quante le sette spere e vidi questo globo tal chio sorrisi del suo vil sembiante e quel consiglio per migliore approbo che lha per meno e chi ad altro pensa chiamar si puote veramente probo Vidi la figlia di Latona incensa sanza quellombra che mi fu cagione per che gi la credetti rara e densa Laspetto del tuo nato Iperione quivi sostenni e vidi comsi move circa e vicino a lui Maia e Dione Quindi mapparve il temperar di Giove tra l padre e l figlio e quindi mi fu chiaro il variar che fanno di lor dove e tutti e sette mi si dimostraro quanto son grandi e quanto son veloci e come sono in distante riparo Laiuola che ci fa tanto feroci volgendomio con li etterni Gemelli tutta mapparve da colli a le foci poscia rivolsi li occhi a li occhi belli Paradiso Canto III Come laugello intra lamate fronde posato al nido de suoi dolci nati la notte che le cose ci nasconde che per veder li aspetti disiati e per trovar lo cibo onde li pasca in che gravi labor li sono aggrati previene il tempo in su aperta frasca e con ardente affetto il sole aspetta fiso guardando pur che lalba nasca cos la donna mia stava eretta e attenta rivolta inver la plaga sotto la quale il sol mostra men fretta s che veggendola io sospesa e vaga fecimi qual quei che disiando altro vorria e sperando sappaga Ma poco fu tra uno e altro quando del mio attender dico e del vedere lo ciel venir pi e pi rischiarando e Beatrice disse Ecco le schiere del triunfo di Cristo e tutto l frutto ricolto del girar di queste spere Pariemi che l suo viso ardesse tutto e li occhi avea di letizia s pieni che passarmen convien sanza costrutto Quale ne plenilunii sereni Trivia ride tra le ninfe etterne che dipingon lo ciel per tutti i seni vidi sopra migliaia di lucerne un sol che tutte quante laccendea come fa l nostro le viste superne e per la viva luce trasparea la lucente sustanza tanto chiara nel viso mio che non la sostenea Oh Beatrice dolce guida e cara Ella mi disse Quel che ti sobranza virt da cui nulla si ripara Quivi la sapienza e la possanza chapr le strade tra l cielo e la terra onde fu gi s lunga disianza Come foco di nube si diserra per dilatarsi s che non vi cape e fuor di sua natura in gi satterra la mente mia cos tra quelle dape fatta pi grande di s stessa usco e che si fesse rimembrar non sape Apri li occhi e riguarda qual son io tu hai vedute cose che possente se fatto a sostener lo riso mio Io era come quei che si risente di visione oblita e che singegna indarno di ridurlasi a la mente quandio udi questa proferta degna di tanto grato che mai non si stingue del libro che l preterito rassegna Se mo sonasser tutte quelle lingue che Polimnia con le suore fero del latte lor dolcissimo pi pingue per aiutarmi al millesmo del vero non si verria cantando il santo riso e quanto il santo aspetto facea mero e cos figurando il paradiso convien saltar lo sacrato poema come chi trova suo cammin riciso Ma chi pensasse il ponderoso tema e lomero mortal che se ne carca nol biasmerebbe se sottesso trema non pareggio da picciola barca quel che fendendo va lardita prora n da nocchier cha s medesmo parca Perch la faccia mia s tinnamora che tu non ti rivolgi al bel giardino che sotto i raggi di Cristo sinfiora Quivi la rosa in che l verbo divino carne si fece quivi son li gigli al cui odor si prese il buon cammino Cos Beatrice e io che a suoi consigli tutto era pronto ancora mi rendei a la battaglia de debili cigli Come a raggio di sol che puro mei per fratta nube gi prato di fiori vider coverti dombra li occhi miei vidio cos pi turbe di splendori folgorate di s da raggi ardenti sanza veder principio di folgri O benigna vert che s li mprenti s tessaltasti per largirmi loco a li occhi l che non teran possenti Il nome del bel fior chio sempre invoco e mane e sera tutto mi ristrinse lanimo ad avvisar lo maggior foco e come ambo le luci mi dipinse il quale e il quanto de la viva stella che l s vince come qua gi vinse per entro il cielo scese una facella formata in cerchio a guisa di corona e cinsela e girossi intorno ad ella Qualunque melodia pi dolce suona qua gi e pi a s lanima tira parrebbe nube che squarciata tona comparata al sonar di quella lira onde si coronava il bel zaffiro del quale il ciel pi chiaro sinzaffira Io sono amore angelico che giro lalta letizia che spira del ventre che fu albergo del nostro disiro e girerommi donna del ciel mentre che seguirai tuo figlio e farai dia pi la spera suprema perch l entre Cos la circulata melodia si sigillava e tutti li altri lumi facean sonare il nome di Maria Lo real manto di tutti i volumi del mondo che pi ferve e pi savviva ne lalito di Dio e nei costumi avea sopra di noi linterna riva tanto distante che la sua parvenza l dovio era ancor non appariva per non ebber li occhi miei potenza di seguitar la coronata fiamma che si lev appresso sua semenza E come fantolin che nver la mamma tende le braccia poi che l latte prese per lanimo che nfin di fuor sinfiamma ciascun di quei candori in s si stese con la sua cima s che lalto affetto chelli avieno a Maria mi fu palese Indi rimaser l nel mio cospetto Regina celi cantando s dolce che mai da me non si part l diletto Oh quanta lubert che si soffolce in quelle arche ricchissime che fuoro a seminar qua gi buone bobolce Quivi si vive e gode del tesoro che sacquist piangendo ne lo essilio di Babilln ove si lasci loro Quivi triunfa sotto lalto Filio di Dio e di Maria di sua vittoria e con lantico e col novo concilio colui che tien le chiavi di tal gloria Paradiso Canto IV O sodalizio eletto a la gran cena del benedetto Agnello il qual vi ciba s che la vostra voglia sempre piena se per grazia di Dio questi preliba di quel che cade de la vostra mensa prima che morte tempo li prescriba ponete mente a laffezione immensa e roratelo alquanto voi bevete sempre del fonte onde vien quel chei pensa Cos Beatrice e quelle anime liete si fero spere sopra fissi poli fiammando a volte a guisa di comete E come cerchi in tempra doriuoli si giran s che l primo a chi pon mente quieto pare e lultimo che voli cos quelle carole differente mente danzando de la sua ricchezza mi facieno stimar veloci e lente Di quella chio notai di pi carezza vidio uscire un foco s felice che nullo vi lasci di pi chiarezza e tre fiate intorno di Beatrice si volse con un canto tanto divo che la mia fantasia nol mi ridice Per salta la penna e non lo scrivo ch limagine nostra a cotai pieghe non che l parlare troppo color vivo O santa suora mia che s ne prieghe divota per lo tuo ardente affetto da quella bella spera mi disleghe Poscia fermato il foco benedetto a la mia donna dirizz lo spiro che favell cos comi ho detto Ed ella O luce etterna del gran viro a cui Nostro Segnor lasci le chiavi chei port gi di questo gaudio miro tenta costui di punti lievi e gravi come ti piace intorno de la fede per la qual tu su per lo mare andavi Selli ama bene e bene spera e crede non t occulto perch l viso hai quivi dovogne cosa dipinta si vede ma perch questo regno ha fatto civi per la verace fede a gloriarla di lei parlare ben cha lui arrivi S come il baccialier sarma e non parla fin che l maestro la question propone per approvarla non per terminarla cos marmava io dogne ragione mentre chella dicea per esser presto a tal querente e a tal professione Di buon Cristiano fatti manifesto fede che Ondio levai la fronte in quella luce onde spirava questo poi mi volsi a Beatrice ed essa pronte sembianze femmi perchio spandessi lacqua di fuor del mio interno fonte La Grazia che mi d chio mi confessi comincia io da lalto primipilo faccia li miei concetti bene espressi E seguitai Come l verace stilo ne scrisse padre del tuo caro frate che mise teco Roma nel buon filo fede sustanza di cose sperate e argomento de le non parventi e questa pare a me sua quiditate Allora udi Dirittamente senti se bene intendi perch la ripuose tra le sustanze e poi tra li argomenti E io appresso Le profonde cose che mi largiscon qui la lor parvenza a li occhi di l gi son s ascose che lesser loro v in sola credenza sopra la qual si fonda lalta spene e per di sustanza prende intenza E da questa credenza ci convene silogizzar sanzavere altra vista per intenza dargomento tene Allora udi Se quantunque sacquista gi per dottrina fosse cos nteso non l avria loco ingegno di sofista Cos spir di quello amore acceso indi soggiunse Assai bene trascorsa desta moneta gi la lega e l peso ma dimmi se tu lhai ne la tua borsa Ondio S ho s lucida e s tonda che nel suo conio nulla mi sinforsa Appresso usc de la luce profonda che l splendeva Questa cara gioia sopra la quale ogne virt si fonda onde ti venne E io La larga ploia de lo Spirito Santo ch diffusa in su le vecchie e n su le nuove cuoia silogismo che la mha conchiusa acutamente s che nverso della ogne dimostrazion mi pare ottusa Io udi poi Lantica e la novella proposizion che cos ti conchiude perch lhai tu per divina favella E io La prova che l ver mi dischiude son lopere seguite a che natura non scalda ferro mai n batte incude Risposto fummi Di chi tassicura che quellopere fosser Quel medesmo che vuol provarsi non altri il ti giura Se l mondo si rivolse al cristianesmo dissio sanza miracoli questuno tal che li altri non sono il centesmo ch tu intrasti povero e digiuno in campo a seminar la buona pianta che fu gi vite e ora fatta pruno Finito questo lalta corte santa rison per le spere un Dio laudamo ne la melode che l s si canta E quel baron che s di ramo in ramo essaminando gi tratto mavea che a lultime fronde appressavamo ricominci La Grazia che donnea con la tua mente la bocca taperse infino a qui come aprir si dovea s chio approvo ci che fuori emerse ma or conviene espremer quel che credi e onde a la credenza tua sofferse O santo padre e spirito che vedi ci che credesti s che tu vincesti ver lo sepulcro pi giovani piedi comincia io tu vuo chio manifesti la forma qui del pronto creder mio e anche la cagion di lui chiedesti E io rispondo Io credo in uno Dio solo ed etterno che tutto l ciel move non moto con amore e con disio e a tal creder non ho io pur prove fisice e metafisice ma dalmi anche la verit che quinci piove per Mois per profeti e per salmi per lEvangelio e per voi che scriveste poi che lardente Spirto vi f almi e credo in tre persone etterne e queste credo una essenza s una e s trina che soffera congiunto sono ed este De la profonda condizion divina chio tocco mo la mente mi sigilla pi volte levangelica dottrina Quest l principio quest la favilla che si dilata in fiamma poi vivace e come stella in cielo in me scintilla Come l segnor chascolta quel che i piace da indi abbraccia il servo gratulando per la novella tosto chel si tace cos benedicendomi cantando tre volte cinse me s comio tacqui lappostolico lume al cui comando io avea detto s nel dir li piacqui Paradiso Canto V Se mai continga che l poema sacro al quale ha posto mano e cielo e terra s che mha fatto per molti anni macro vinca la crudelt che fuor mi serra del bello ovile ovio dormi agnello nimico ai lupi che li danno guerra con altra voce omai con altro vello ritorner poeta e in sul fonte del mio battesmo prender l cappello per che ne la fede che fa conte lanime a Dio quivi intra io e poi Pietro per lei s mi gir la fronte Indi si mosse un lume verso noi di quella spera ondusc la primizia che lasci Cristo di vicari suoi e la mia donna piena di letizia mi disse Mira mira ecco il barone per cui l gi si vicita Galizia S come quando il colombo si pone presso al compagno luno a laltro pande girando e mormorando laffezione cos vidio lun da laltro grande principe glorioso essere accolto laudando il cibo che l s li prande Ma poi che l gratular si fu assolto tacito coram me ciascun saffisse ignito s che vincea l mio volto Ridendo allora Beatrice disse Inclita vita per cui la larghezza de la nostra basilica si scrisse fa risonar la spene in questa altezza tu sai che tante fiate la figuri quante Ies ai tre f pi carezza Leva la testa e fa che tassicuri che ci che vien qua s del mortal mondo convien chai nostri raggi si maturi Questo conforto del foco secondo mi venne ondio levai li occhi a monti che li ncurvaron pria col troppo pondo Poi che per grazia vuol che tu taffronti lo nostro Imperadore anzi la morte ne laula pi secreta co suoi conti s che veduto il ver di questa corte la spene che l gi bene innamora in te e in altrui di ci conforte di quel chell di come se ne nfiora la mente tua e d onde a te venne Cos segu l secondo lume ancora E quella pia che guid le penne de le mie ali a cos alto volo a la risposta cos mi prevenne La Chiesa militante alcun figliuolo non ha con pi speranza com scritto nel Sol che raggia tutto nostro stuolo per li conceduto che dEgitto vegna in Ierusalemme per vedere anzi che l militar li sia prescritto Li altri due punti che non per sapere son dimandati ma perchei rapporti quanto questa virt t in piacere a lui lascio ch non li saran forti n di iattanza ed elli a ci risponda e la grazia di Dio ci li comporti Come discente cha dottor seconda pronto e libente in quel chelli esperto perch la sua bont si disasconda Spene dissio uno attender certo de la gloria futura il qual produce grazia divina e precedente merto Da molte stelle mi vien questa luce ma quei la distill nel mio cor pria che fu sommo cantor del sommo duce Sperino in te ne la sua teoda dice color che sanno il nome tuo e chi nol sa selli ha la fede mia Tu mi stillasti con lo stillar suo ne la pistola poi s chio son pieno e in altrui vostra pioggia repluo Mentr io diceva dentro al vivo seno di quello incendio tremolava un lampo sbito e spesso a guisa di baleno Indi spir Lamore ondio avvampo ancor ver la virt che mi seguette infin la palma e a luscir del campo vuol chio respiri a te che ti dilette di lei ed emmi a grato che tu diche quello che la speranza ti mpromette E io Le nove e le scritture antiche pongon lo segno ed esso lo mi addita de lanime che Dio sha fatte amiche Dice Isaia che ciascuna vestita ne la sua terra fia di doppia vesta e la sua terra questa dolce vita e l tuo fratello assai vie pi digesta l dove tratta de le bianche stole questa revelazion ci manifesta E prima appresso al fin deste parole Sperent in te di sopra noi sud a che rispuoser tutte le carole Poscia tra esse un lume si schiar s che se l Cancro avesse un tal cristallo linverno avrebbe un mese dun sol d E come surge e va ed entra in ballo vergine lieta sol per fare onore a la novizia non per alcun fallo cos vidio lo schiarato splendore venire a due che si volgieno a nota qual conveniesi al loro ardente amore Misesi l nel canto e ne la rota e la mia donna in lor tenea laspetto pur come sposa tacita e immota Questi colui che giacque sopra l petto del nostro pellicano e questi fue di su la croce al grande officio eletto La donna mia cos n per pie mosser la vista sua di stare attenta poscia che prima le parole sue Qual colui chadocchia e sargomenta di vedere eclissar lo sole un poco che per veder non vedente diventa tal mi fecio a quellultimo foco mentre che detto fu Perch tabbagli per veder cosa che qui non ha loco In terra terra il mio corpo e saragli tanto con li altri che l numero nostro con letterno proposito sagguagli Con le due stole nel beato chiostro son le due luci sole che saliro e questo apporterai nel mondo vostro A questa voce linfiammato giro si quiet con esso il dolce mischio che si facea nel suon del trino spiro s come per cessar fatica o rischio li remi pria ne lacqua ripercossi tutti si posano al sonar dun fischio Ahi quanto ne la mente mi commossi quando mi volsi per veder Beatrice per non poter veder bench io fossi presso di lei e nel mondo felice Paradiso Canto VI Mentrio dubbiava per lo viso spento de la fulgida fiamma che lo spense usc un spiro che mi fece attento dicendo Intanto che tu ti risense de la vista che hai in me consunta ben che ragionando la compense Comincia dunque e di ove sappunta lanima tua e fa ragion che sia la vista in te smarrita e non defunta perch la donna che per questa dia region ti conduce ha ne lo sguardo la virt chebbe la man dAnania Io dissi Al suo piacere e tosto e tardo vegna remedio a li occhi che fuor porte quandella entr col foco ondio semprardo Lo ben che fa contenta questa corte Alfa e O di quanta scrittura mi legge Amore o lievemente o forte Quella medesma voce che paura tolta mavea del sbito abbarbaglio di ragionare ancor mi mise in cura e disse Certo a pi angusto vaglio ti conviene schiarar dicer convienti chi drizz larco tuo a tal berzaglio E io Per filosofici argomenti e per autorit che quinci scende cotale amor convien che in me si mprenti ch l bene in quanto ben come sintende cos accende amore e tanto maggio quanto pi di bontate in s comprende Dunque a lessenza ov tanto avvantaggio che ciascun ben che fuor di lei si trova altro non chun lume di suo raggio pi che in altra convien che si mova la mente amando di ciascun che cerne il vero in che si fonda questa prova Tal vero a lintelletto mio sterne colui che mi dimostra il primo amore di tutte le sustanze sempiterne Sternel la voce del verace autore che dice a Mois di s parlando Io ti far vedere ogne valore Sternilmi tu ancora incominciando lalto preconio che grida larcano di qui l gi sovra ogne altro bando E io udi Per intelletto umano e per autoritadi a lui concorde di tuoi amori a Dio guarda il sovrano Ma di ancor se tu senti altre corde tirarti verso lui s che tu suone con quanti denti questo amor ti morde Non fu latente la santa intenzione de laguglia di Cristo anzi maccorsi dove volea menar mia professione Per ricominciai Tutti quei morsi che posson far lo cor volgere a Dio a la mia caritate son concorsi ch lessere del mondo e lesser mio la morte chel sostenne perchio viva e quel che spera ogne fedel comio con la predetta conoscenza viva tratto mhanno del mar de lamor torto e del diritto mhan posto a la riva Le fronde onde sinfronda tutto lorto de lortolano etterno amio cotanto quanto da lui a lor di bene porto S comio tacqui un dolcissimo canto rison per lo cielo e la mia donna dicea con li altri Santo santo santo E come a lume acuto si disonna per lo spirto visivo che ricorre a lo splendor che va di gonna in gonna e lo svegliato ci che vede aborre s nescia la sbita vigilia fin che la stimativa non soccorre cos de li occhi miei ogni quisquilia fug Beatrice col raggio di suoi che rifulgea da pi di mille milia onde mei che dinanzi vidi poi e quasi stupefatto domandai dun quarto lume chio vidi tra noi E la mia donna Dentro da quei rai vagheggia il suo fattor lanima prima che la prima virt creasse mai Come la fronda che flette la cima nel transito del vento e poi si leva per la propria virt che la soblima fecio in tanto in quantella diceva stupendo e poi mi rifece sicuro un disio di parlare ondio ardeva E cominciai O pomo che maturo solo prodotto fosti o padre antico a cui ciascuna sposa figlia e nuro divoto quanto posso a te supplco perch mi parli tu vedi mia voglia e per udirti tosto non la dico Talvolta un animal coverto broglia s che laffetto convien che si paia per lo seguir che face a lui la nvoglia e similmente lanima primaia mi facea trasparer per la coverta quantella a compiacermi vena gaia Indi spir Sanzessermi proferta da te la voglia tua discerno meglio che tu qualunque cosa t pi certa perchio la veggio nel verace speglio che fa di s pareglio a laltre cose e nulla face lui di s pareglio Tu vuogli udir quant che Dio mi puose ne leccelso giardino ove costei a cos lunga scala ti dispuose e quanto fu diletto a li occhi miei e la propria cagion del gran disdegno e lidioma chusai e che fei Or figluol mio non il gustar del legno fu per s la cagion di tanto essilio ma solamente il trapassar del segno Quindi onde mosse tua donna Virgilio quattromilia trecento e due volumi di sol desiderai questo concilio e vidi lui tornare a tutti lumi de la sua strada novecento trenta fiate mentre chio in terra fu mi La lingua chio parlai fu tutta spenta innanzi che a lovra inconsummabile fosse la gente di Nembrt attenta ch nullo effetto mai razionabile per lo piacere uman che rinovella seguendo il cielo sempre fu durabile Opera naturale chuom favella ma cos o cos natura lascia poi fare a voi secondo che vabbella Pria chi scendessi a linfernale ambascia I sappellava in terra il sommo bene onde vien la letizia che mi fascia e El si chiam poi e ci convene ch luso di mortali come fronda in ramo che sen va e altra vene Nel monte che si leva pi da londa fu io con vita pura e disonesta da la primora a quella che seconda come l sol muta quadra lora sesta Paradiso Canto VII Al Padre al Figlio a lo Spirito Santo cominci gloria tutto l paradiso s che minebriava il dolce canto Ci chio vedeva mi sembiava un riso de luniverso per che mia ebbrezza intrava per ludire e per lo viso Oh gioia oh ineffabile allegrezza oh vita intgra damore e di pace oh sanza brama sicura ricchezza Dinanzi a li occhi miei le quattro face stavano accese e quella che pria venne incominci a farsi pi vivace e tal ne la sembianza sua divenne qual diverrebbe Iove selli e Marte fossero augelli e cambiassersi penne La provedenza che quivi comparte vice e officio nel beato coro silenzio posto avea da ogne parte quandio udi Se io mi trascoloro non ti maravigliar ch dicendio vedrai trascolorar tutti costoro Quelli chusurpa in terra il luogo mio il luogo mio il luogo mio che vaca ne la presenza del Figliuol di Dio fattha del cimitero mio cloaca del sangue e de la puzza onde l perverso che cadde di qua s l gi si placa Di quel color che per lo sole avverso nube dipigne da sera e da mane vidio allora tutto l ciel cosperso E come donna onesta che permane di s sicura e per laltrui fallanza pur ascoltando timida si fane cos Beatrice trasmut sembianza e tale eclissi credo che n ciel fue quando pat la supprema possanza Poi procedetter le parole sue con voce tanto da s trasmutata che la sembianza non si mut pie Non fu la sposa di Cristo allevata del sangue mio di Lin di quel di Cleto per essere ad acquisto doro usata ma per acquisto desto viver lieto e Sisto e Pio e Calisto e Urbano sparser lo sangue dopo molto fleto Non fu nostra intenzion cha destra mano di nostri successor parte sedesse parte da laltra del popol cristiano n che le chiavi che mi fuor concesse divenisser signaculo in vessillo che contra battezzati combattesse n chio fossi figura di sigillo a privilegi venduti e mendaci ondio sovente arrosso e disfavillo In vesta di pastor lupi rapaci si veggion di qua s per tutti i paschi o difesa di Dio perch pur giaci Del sangue nostro Caorsini e Guaschi sapparecchian di bere o buon principio a che vil fine convien che tu caschi Ma lalta provedenza che con Scipio difese a Roma la gloria del mondo soccorr tosto s comio concipio e tu figliuol che per lo mortal pondo ancor gi tornerai apri la bocca e non asconder quel chio non ascondo S come di vapor gelati fiocca in giuso laere nostro quando l corno de la capra del ciel col sol si tocca in s vidio cos letera addorno farsi e fioccar di vapor triunfanti che fatto avien con noi quivi soggiorno Lo viso mio seguiva i suoi sembianti e segu fin che l mezzo per lo molto li tolse il trapassar del pi avanti Onde la donna che mi vide assolto de lattendere in s mi disse Adima il viso e guarda come tu se vlto Da lora chio avea guardato prima i vidi mosso me per tutto larco che fa dal mezzo al fine il primo clima s chio vedea di l da Gade il varco folle dUlisse e di qua presso il lito nel qual si fece Europa dolce carco E pi mi fora discoverto il sito di questa aiuola ma l sol procedea sotto i mie piedi un segno e pi partito La mente innamorata che donnea con la mia donna sempre di ridure ad essa li occhi pi che mai ardea e se natura o arte f pasture da pigliare occhi per aver la mente in carne umana o ne le sue pitture tutte adunate parrebber niente ver lo piacer divin che mi refulse quando mi volsi al suo viso ridente E la virt che lo sguardo mindulse del bel nido di Leda mi divelse e nel ciel velocissimo mimpulse Le parti sue vivissime ed eccelse s uniforme son chi non so dire qual Beatrice per loco mi scelse Ma ella che vedea l mio disire incominci ridendo tanto lieta che Dio parea nel suo volto gioire La natura del mondo che quieta il mezzo e tutto laltro intorno move quinci comincia come da sua meta e questo cielo non ha altro dove che la mente divina in che saccende lamor che l volge e la virt chei piove Luce e amor dun cerchio lui comprende s come questo li altri e quel precinto colui che l cinge solamente intende Non suo moto per altro distinto ma li altri son mensurati da questo s come diece da mezzo e da quinto e come il tempo tegna in cotal testo le sue radici e ne li altri le fronde omai a te pu esser manifesto Oh cupidigia che i mortali affonde s sotto te che nessuno ha podere di trarre li occhi fuor de le tue onde Ben fiorisce ne li uomini il volere ma la pioggia continua converte in bozzacchioni le sosine vere Fede e innocenza son reperte solo ne parvoletti poi ciascuna pria fugge che le guance sian coperte Tale balbuziendo ancor digiuna che poi divora con la lingua sciolta qualunque cibo per qualunque luna e tal balbuziendo ama e ascolta la madre sua che con loquela intera disia poi di vederla sepolta Cos si fa la pelle bianca nera nel primo aspetto de la bella figlia di quel chapporta mane e lascia sera Tu perch non ti facci maraviglia pensa che n terra non chi governi onde s svia lumana famiglia Ma prima che gennaio tutto si sverni per la centesma ch l gi negletta raggeran s questi cerchi superni che la fortuna che tanto saspetta le poppe volger u son le prore s che la classe correr diretta e vero frutto verr dopo l fiore Paradiso Canto VIII Poscia che ncontro a la vita presente di miseri mortali aperse l vero quella che mparadisa la mia mente come in lo specchio fiamma di doppiero vede colui che se nalluma retro prima che labbia in vista o in pensiero e s rivolge per veder se l vetro li dice il vero e vede chel saccorda con esso come nota con suo metro cos la mia memoria si ricorda chio feci riguardando ne belli occhi onde a pigliarmi fece Amor la corda E comio mi rivolsi e furon tocchi li miei da ci che pare in quel volume quandunque nel suo giro ben sadocchi un punto vidi che raggiava lume acuto s che l viso chelli affoca chiuder conviensi per lo forte acume e quale stella par quinci pi poca parrebbe luna locata con esso come stella con stella si collca Forse cotanto quanto pare appresso alo cigner la luce che l dipigne quando l vapor che l porta pi spesso distante intorno al punto un cerchio digne si girava s ratto chavria vinto quel moto che pi tosto il mondo cigne e questo era dun altro circumcinto e quel dal terzo e l terzo poi dal quarto dal quinto il quarto e poi dal sesto il quinto Sopra seguiva il settimo s sparto gi di larghezza che l messo di Iuno intero a contenerlo sarebbe arto Cos lottavo e l nono e chiascheduno pi tardo si movea secondo chera in numero distante pi da luno e quello avea la fiamma pi sincera cui men distava la favilla pura credo per che pi di lei sinvera La donna mia che mi vedea in cura forte sospeso disse Da quel punto depende il cielo e tutta la natura Mira quel cerchio che pi li congiunto e sappi che l suo muovere s tosto per laffocato amore ondelli punto E io a lei Se l mondo fosse posto con lordine chio veggio in quelle rote sazio mavrebbe ci che m proposto ma nel mondo sensibile si puote veder le volte tanto pi divine quantelle son dal centro pi remote Onde se l mio disir dee aver fine in questo miro e angelico templo che solo amore e luce ha per confine udir convienmi ancor come lessemplo e lessemplare non vanno dun modo ch io per me indarno a ci contemplo Se li tuoi diti non sono a tal nodo sufficienti non maraviglia tanto per non tentare fatto sodo Cos la donna mia poi disse Piglia quel chio ti dicer se vuo saziarti e intorno da esso tassottiglia Li cerchi corporai sono ampi e arti secondo il pi e l men de la virtute che si distende per tutte lor parti Maggior bont vuol far maggior salute maggior salute maggior corpo cape selli ha le parti igualmente compiute Dunque costui che tutto quanto rape laltro universo seco corrisponde al cerchio che pi ama e che pi sape per che se tu a la virt circonde la tua misura non a la parvenza de le sustanze che tappaion tonde tu vederai mirabil consequenza di maggio a pi e di minore a meno in ciascun cielo a sua intelligenza Come rimane splendido e sereno lemisperio de laere quando soffia Borea da quella guancia ond pi leno per che si purga e risolve la roffia che pria turbava s che l ciel ne ride con le bellezze dogne sua paroffia cos fecio poi che mi provide la donna mia del suo risponder chiaro e come stella in cielo il ver si vide E poi che le parole sue restaro non altrimenti ferro disfavilla che bolle come i cerchi sfavillaro Lincendio suo seguiva ogne scintilla ed eran tante che l numero loro pi che l doppiar de li scacchi sinmilla Io sentiva osannar di coro in coro al punto fisso che li tiene a li ubi e terr sempre ne quai sempre fuoro E quella che vedea i pensier dubi ne la mia mente disse I cerchi primi thanno mostrato Serafi e Cherubi Cos veloci seguono i suoi vimi per somigliarsi al punto quanto ponno e posson quanto a veder son soblimi Quelli altri amori che ntorno li vonno si chiaman Troni del divino aspetto per che l primo ternaro terminonno e dei saper che tutti hanno diletto quanto la sua veduta si profonda nel vero in che si queta ogne intelletto Quinci si pu veder come si fonda lessere beato ne latto che vede non in quel chama che poscia seconda e del vedere misura mercede che grazia partorisce e buona voglia cos di grado in grado si procede Laltro ternaro che cos germoglia in questa primavera sempiterna che notturno Ariete non dispoglia perpetualemente Osanna sberna con tre melode che suonano in tree ordini di letizia onde sinterna In essa gerarcia son laltre dee prima Dominazioni e poi Virtudi lordine terzo di Podestadi e Poscia ne due penultimi tripudi Principati e Arcangeli si girano lultimo tutto dAngelici ludi Questi ordini di s tutti sammirano e di gi vincon s che verso Dio tutti tirati sono e tutti tirano E Dionisio con tanto disio a contemplar questi ordini si mise che li nom e distinse comio Ma Gregorio da lui poi si divise onde s tosto come li occhi aperse in questo ciel di s medesmo rise E se tanto secreto ver proferse mortale in terra non voglio chammiri ch chi l vide qua s gliel discoperse con altro assai del ver di questi giri Paradiso Canto I Quando ambedue li figli di Latona coperti del Montone e de la Libra fanno de lorizzonte insieme zona quant dal punto che l cent inlibra infin che luno e laltro da quel cinto cambiando lemisperio si dilibra tanto col volto di riso dipinto si tacque Beatrice riguardando fiso nel punto che mavea vinto Poi cominci Io dico e non dimando quel che tu vuoli udir perchio lho visto l ve sappunta ogne ubi e ogne quando Non per aver a s di bene acquisto chesser non pu ma perch suo splendore potesse risplendendo dir Subsisto in sua etternit di tempo fore fuor dogne altro comprender come i piacque saperse in nuovi amor letterno amore N prima quasi torpente si giacque ch n prima n poscia procedette lo discorrer di Dio sovra questacque Forma e materia congiunte e purette usciro ad esser che non avia fallo come darco tricordo tre saette E come in vetro in ambra o in cristallo raggio resplende s che dal venire a lesser tutto non intervallo cos l triforme effetto del suo sire ne lesser suo raggi insieme tutto sanza distinzione in essordire Concreato fu ordine e costrutto a le sustanze e quelle furon cima nel mondo in che puro atto fu produtto pura potenza tenne la parte ima nel mezzo strinse potenza con atto tal vime che gi mai non si divima Ieronimo vi scrisse lungo tratto di secoli de li angeli creati anzi che laltro mondo fosse fatto ma questo vero scritto in molti lati da li scrittor de lo Spirito Santo e tu te navvedrai se bene agguati e anche la ragione il vede alquanto che non concederebbe che motori sanza sua perfezion fosser cotanto Or sai tu dove e quando questi amori furon creati e come s che spenti nel tuo disio gi son tre ardori N giugneriesi numerando al venti s tosto come de li angeli parte turb il suggetto di vostri alementi Laltra rimase e cominci questarte che tu discerni con tanto diletto che mai da circuir non si diparte Principio del cader fu il maladetto superbir di colui che tu vedesti da tutti i pesi del mondo costretto Quelli che vedi qui furon modesti a riconoscer s da la bontate che li avea fatti a tanto intender presti per che le viste lor furo essaltate con grazia illuminante e con lor merto si channo ferma e piena volontate e non voglio che dubbi ma sia certo che ricever la grazia meritorio secondo che laffetto l aperto Omai dintorno a questo consistorio puoi contemplare assai se le parole mie son ricolte sanzaltro aiutorio Ma perch n terra per le vostre scole si legge che langelica natura tal che ntende e si ricorda e vole ancor dir perch tu veggi pura la verit che l gi si confonde equivocando in s fatta lettura Queste sustanze poi che fur gioconde de la faccia di Dio non volser viso da essa da cui nulla si nasconde per non hanno vedere interciso da novo obietto e per non bisogna rememorar per concetto diviso s che l gi non dormendo si sogna credendo e non credendo dicer vero ma ne luno pi colpa e pi vergogna Voi non andate gi per un sentiero filosofando tanto vi trasporta lamor de lapparenza e l suo pensiero E ancor questo qua s si comporta con men disdegno che quando posposta la divina Scrittura o quando torta Non vi si pensa quanto sangue costa seminarla nel mondo e quanto piace chi umilmente con essa saccosta Per apparer ciascun singegna e face sue invenzioni e quelle son trascorse da predicanti e l Vangelio si tace Un dice che la luna si ritorse ne la passion di Cristo e sinterpuose per che l lume del sol gi non si porse e mente ch la luce si nascose da s per a li Spani e a lIndi come a Giudei tale eclissi rispuose Non ha Fiorenza tanti Lapi e Bindi quante s fatte favole per anno in pergamo si gridan quinci e quindi s che le pecorelle che non sanno tornan del pasco pasciute di vento e non le scusa non veder lo danno Non disse Cristo al suo primo convento Andate e predicate al mondo ciance ma diede lor verace fondamento e quel tanto son ne le sue guance s cha pugnar per accender la fede de lEvangelio fero scudo e lance Ora si va con motti e con iscede a predicare e pur che ben si rida gonfia il cappuccio e pi non si richiede Ma tale uccel nel becchetto sannida che se l vulgo il vedesse vederebbe la perdonanza di chel si confida per cui tanta stoltezza in terra crebbe che sanza prova dalcun testimonio ad ogne promession si correrebbe Di questo ingrassa il porco santAntonio e altri assai che sono ancor pi porci pagando di moneta sanza conio Ma perch siam digressi assai ritorci li occhi oramai verso la dritta strada s che la via col tempo si raccorci Questa natura s oltre singrada in numero che mai non fu loquela n concetto mortal che tanto vada e se tu guardi quel che si revela per Daniel vedrai che n sue migliaia determinato numero si cela La prima luce che tutta la raia per tanti modi in essa si recepe quanti son li splendori a chi sappaia Onde per che a latto che concepe segue laffetto damar la dolcezza diversamente in essa ferve e tepe Vedi leccelso omai e la larghezza de letterno valor poscia che tanti speculi fatti sha in che si spezza uno manendo in s come davanti Paradiso Canto Forse semilia miglia di lontano ci ferve lora sesta e questo mondo china gi lombra quasi al letto piano quando l mezzo del cielo a noi profondo comincia a farsi tal chalcuna stella perde il parere infino a questo fondo e come vien la chiarissima ancella del sol pi oltre cos l ciel si chiude di vista in vista infino a la pi bella Non altrimenti il triunfo che lude sempre dintorno al punto che mi vinse parendo inchiuso da quel chelli nchiude a poco a poco al mio veder si stinse per che tornar con li occhi a Beatrice nulla vedere e amor mi costrinse Se quanto infino a qui di lei si dice fosse conchiuso tutto in una loda poca sarebbe a fornir questa vice La bellezza chio vidi si trasmoda non pur di l da noi ma certo io credo che solo il suo fattor tutta la goda Da questo passo vinto mi concedo pi che gi mai da punto di suo tema soprato fosse comico o tragedo ch come sole in viso che pi trema cos lo rimembrar del dolce riso la mente mia da me medesmo scema Dal primo giorno chi vidi il suo viso in questa vita infino a questa vista non m il seguire al mio cantar preciso ma or convien che mio seguir desista pi dietro a sua bellezza poetando come a lultimo suo ciascuno artista Cotal qual io lascio a maggior bando che quel de la mia tuba che deduce lardua sua matera terminando con atto e voce di spedito duce ricominci Noi siamo usciti fore del maggior corpo al ciel ch pura luce luce intellettual piena damore amor di vero ben pien di letizia letizia che trascende ogne dolzore Qui vederai luna e laltra milizia di paradiso e luna in quelli aspetti che tu vedrai a lultima giustizia Come sbito lampo che discetti li spiriti visivi s che priva da latto locchio di pi forti obietti cos mi circunfulse luce viva e lasciommi fasciato di tal velo del suo fulgor che nulla mappariva Sempre lamor che queta questo cielo accoglie in s con s fatta salute per far disposto a sua fiamma il candelo Non fur pi tosto dentro a me venute queste parole brievi chio compresi me sormontar di sopra mia virtute e di novella vista mi raccesi tale che nulla luce tanto mera che li occhi miei non si fosser difesi e vidi lume in forma di rivera fulvido di fulgore intra due rive dipinte di mirabil primavera Di tal fiumana uscian faville vive e dogne parte si metten ne fiori quasi rubin che oro circunscrive poi come inebriate da li odori riprofondavan s nel miro gurge e suna intrava unaltra nuscia fori Lalto disio che mo tinfiamma e urge daver notizia di ci che tu vei tanto mi piace pi quanto pi turge ma di questacqua convien che tu bei prima che tanta sete in te si sazi cos mi disse il sol de li occhi miei Anche soggiunse Il fiume e li topazi chentrano ed escono e l rider de lerbe son di lor vero umbriferi prefazi Non che da s sian queste cose acerbe ma difetto da la parte tua che non hai viste ancor tanto superbe Non fantin che s sbito rua col volto verso il latte se si svegli molto tardato da lusanza sua come fecio per far migliori spegli ancor de li occhi chinandomi a londa che si deriva perch vi simmegli e s come di lei bevve la gronda de le palpebre mie cos mi parve di sua lunghezza divenuta tonda Poi come gente stata sotto larve che pare altro che prima se si sveste la sembianza non sua in che disparve cos mi si cambiaro in maggior feste li fiori e le faville s chio vidi ambo le corti del ciel manifeste O isplendor di Dio per cu io vidi lalto triunfo del regno verace dammi virt a dir comio il vidi Lume l s che visibile face lo creatore a quella creatura che solo in lui vedere ha la sua pace E si distende in circular figura in tanto che la sua circunferenza sarebbe al sol troppo larga cintura Fassi di raggio tutta sua parvenza reflesso al sommo del mobile primo che prende quindi vivere e potenza E come clivo in acqua di suo imo si specchia quasi per vedersi addorno quando nel verde e ne fioretti opimo s soprastando al lume intorno intorno vidi specchiarsi in pi di mille soglie quanto di noi l s fatto ha ritorno E se linfimo grado in s raccoglie s grande lume quanta la larghezza di questa rosa ne lestreme foglie La vista mia ne lampio e ne laltezza non si smarriva ma tutto prendeva il quanto e l quale di quella allegrezza Presso e lontano l n pon n leva ch dove Dio sanza mezzo governa la legge natural nulla rileva Nel giallo de la rosa sempiterna che si digrada e dilata e redole odor di lode al sol che sempre verna qual colui che tace e dicer vole mi trasse Beatrice e disse Mira quanto l convento de le bianche stole Vedi nostra citt quantella gira vedi li nostri scanni s ripieni che poca gente pi ci si disira E n quel gran seggio a che tu li occhi tieni per la corona che gi v s posta prima che tu a queste nozze ceni seder lalma che fia gi agosta de lalto Arrigo cha drizzare Italia verr in prima chella sia disposta La cieca cupidigia che vammalia simili fatti vha al fantolino che muor per fame e caccia via la balia E fia prefetto nel foro divino allora tal che palese e coverto non ander con lui per un cammino Ma poco poi sar da Dio sofferto nel santo officio chel sar detruso l dove Simon mago per suo merto e far quel dAlagna intrar pi giuso Paradiso Canto I In forma dunque di candida rosa mi si mostrava la milizia santa che nel suo sangue Cristo fece sposa ma laltra che volando vede e canta la gloria di colui che la nnamora e la bont che la fece cotanta s come schiera dape che sinfiora una fiata e una si ritorna l dove suo laboro sinsapora nel gran fior discendeva che saddorna di tante foglie e quindi risaliva l dove l suo amor sempre soggiorna Le facce tutte avean di fiamma viva e lali doro e laltro tanto bianco che nulla neve a quel termine arriva Quando scendean nel fior di banco in banco porgevan de la pace e de lardore chelli acquistavan ventilando il fianco N linterporsi tra l disopra e l fiore di tanta moltitudine volante impediva la vista e lo splendore ch la luce divina penetrante per luniverso secondo ch degno s che nulla le puote essere ostante Questo sicuro e gaudioso regno frequente in gente antica e in novella viso e amore avea tutto ad un segno O trina luce che n unica stella scintillando a lor vista s li appaga guarda qua giuso a la nostra procella Se i barbari venendo da tal plaga che ciascun giorno dElice si cuopra rotante col suo figlio ondella vaga veggendo Roma e lardua sua opra stupefaciensi quando Laterano a le cose mortali and di sopra io che al divino da lumano a letterno dal tempo era venuto e di Fiorenza in popol giusto e sano di che stupor dovea esser compiuto Certo tra esso e l gaudio mi facea libito non udire e starmi muto E quasi peregrin che si ricrea nel tempio del suo voto riguardando e spera gi ridir comello stea su per la viva luce passeggiando menava io li occhi per li gradi mo s mo gi e mo recirculando Vedea visi a carit suadi daltrui lume fregiati e di suo riso e atti ornati di tutte onestadi La forma general di paradiso gi tutta mio sguardo avea compresa in nulla parte ancor fermato fiso e volgeami con voglia riaccesa per domandar la mia donna di cose di che la mente mia era sospesa Uno intendea e altro mi rispuose credea veder Beatrice e vidi un sene vestito con le genti gloriose Diffuso era per li occhi e per le gene di benigna letizia in atto pio quale a tenero padre si convene E Ov ella sbito dissio Ondelli A terminar lo tuo disiro mosse Beatrice me del loco mio e se riguardi s nel terzo giro dal sommo grado tu la rivedrai nel trono che suoi merti le sortiro Sanza risponder li occhi s levai e vidi lei che si facea corona reflettendo da s li etterni rai Da quella region che pi s tona occhio mortale alcun tanto non dista qualunque in mare pi gi sabbandona quanto l da Beatrice la mia vista ma nulla mi facea ch sua effige non discendea a me per mezzo mista O donna in cui la mia speranza vige e che soffristi per la mia salute in inferno lasciar le tue vestige di tante cose quanti ho vedute dal tuo podere e da la tua bontate riconosco la grazia e la virtute Tu mhai di servo tratto a libertate per tutte quelle vie per tutti modi che di ci fare avei la potestate La tua magnificenza in me custodi s che lanima mia che fatthai sana piacente a te dal corpo si disnodi Cos orai e quella s lontana come parea sorrise e riguardommi poi si torn a letterna fontana E l santo sene Acci che tu assommi perfettamente disse il tuo cammino a che priego e amor santo mandommi vola con li occhi per questo giardino ch veder lui tacconcer lo sguardo pi al montar per lo raggio divino E la regina del cielo ondio ardo tutto damor ne far ogne grazia per chi sono il suo fedel Bernardo Qual colui che forse di Croazia viene a veder la Veronica nostra che per lantica fame non sen sazia ma dice nel pensier fin che si mostra Segnor mio Ies Cristo Dio verace or fu s fatta la sembianza vostra tal era io mirando la vivace carit di colui che n questo mondo contemplando gust di quella pace Figliuol di grazia questesser giocondo cominci elli non ti sar noto tenendo li occhi pur qua gi al fondo ma guarda i cerchi infino al pi remoto tanto che veggi seder la regina cui questo regno suddito e devoto Io levai li occhi e come da mattina la parte oriental de lorizzonte soverchia quella dove l sol declina cos quasi di valle andando a monte con li occhi vidi parte ne lo stremo vincer di lume tutta laltra fronte E come quivi ove saspetta il temo che mal guid Fetonte pi sinfiamma e quinci e quindi il lume si fa scemo cos quella pacifica oriafiamma nel mezzo savvivava e dogne parte per igual modo allentava la fiamma e a quel mezzo con le penne sparte vidio pi di mille angeli festanti ciascun distinto di fulgore e darte Vidi a lor giochi quivi e a lor canti ridere una bellezza che letizia era ne li occhi a tutti li altri santi e sio avessi in dir tanta divizia quanta ad imaginar non ardirei lo minimo tentar di sua delizia Bernardo come vide li occhi miei nel caldo suo caler fissi e attenti li suoi con tanto affetto volse a lei che miei di rimirar f pi ardenti Paradiso Canto II Affetto al suo piacer quel contemplante libero officio di dottore assunse e cominci queste parole sante La piaga che Maria richiuse e unse quella ch tanto bella da suoi piedi colei che laperse e che la punse Ne lordine che fanno i terzi sedi siede Rachel di sotto da costei con Beatrice s come tu vedi Sarra e Rebecca Iudt e colei che fu bisava al cantor che per doglia del fallo disse Miserere mei puoi tu veder cos di soglia in soglia gi digradar comio cha proprio nome vo per la rosa gi di foglia in foglia E dal settimo grado in gi s come infino ad esso succedono Ebree dirimendo del fior tutte le chiome perch secondo lo sguardo che fe la fede in Cristo queste sono il muro a che si parton le sacre scalee Da questa parte onde l fiore maturo di tutte le sue foglie sono assisi quei che credettero in Cristo venturo da laltra parte onde sono intercisi di vti i semicirculi si stanno quei cha Cristo venuto ebber li visi E come quinci il glorioso scanno de la donna del cielo e li altri scanni di sotto lui cotanta cerna fanno cos di contra quel del gran Giovanni che sempre santo l diserto e l martiro sofferse e poi linferno da due anni e sotto lui cos cerner sortiro Francesco Benedetto e Augustino e altri fin qua gi di giro in giro Or mira lalto proveder divino ch luno e laltro aspetto de la fede igualmente empier questo giardino E sappi che dal grado in gi che fiede a mezzo il tratto le due discrezioni per nullo proprio merito si siede ma per laltrui con certe condizioni ch tutti questi son spiriti ascolti prima chavesser vere elezioni Ben te ne puoi accorger per li volti e anche per le voci puerili se tu li guardi bene e se li ascolti Or dubbi tu e dubitando sili ma io discioglier l forte legame in che ti stringon li pensier sottili Dentro a lampiezza di questo reame casual punto non puote aver sito se non come tristizia o sete o fame ch per etterna legge stabilito quantunque vedi s che giustamente ci si risponde da lanello al dito e per questa festinata gente a vera vita non sine causa intra s qui pi e meno eccellente Lo rege per cui questo regno pausa in tanto amore e in tanto diletto che nulla volont di pi ausa le menti tutte nel suo lieto aspetto creando a suo piacer di grazia dota diversamente e qui basti leffetto E ci espresso e chiaro vi si nota ne la Scrittura santa in quei gemelli che ne la madre ebber lira commota Per secondo il color di capelli di cotal grazia laltissimo lume degnamente convien che sincappelli Dunque sanza merc di lor costume locati son per gradi differenti sol differendo nel primiero acume Bastavasi ne secoli recenti con linnocenza per aver salute solamente la fede di parenti poi che le prime etadi fuor compiute convenne ai maschi a linnocenti penne per circuncidere acquistar virtute ma poi che l tempo de la grazia venne sanza battesmo perfetto di Cristo tale innocenza l gi si ritenne Riguarda omai ne la faccia che a Cristo pi si somiglia ch la sua chiarezza sola ti pu disporre a veder Cristo Io vidi sopra lei tanta allegrezza piover portata ne le menti sante create a trasvolar per quella altezza che quantunque io avea visto davante di tanta ammirazion non mi sospese n mi mostr di Dio tanto sembiante e quello amor che primo l discese cantando Ave Maria gratia plena dinanzi a lei le sue ali distese Rispuose a la divina cantilena da tutte parti la beata corte s chogne vista sen f pi serena O santo padre che per me comporte lesser qua gi lasciando il dolce loco nel qual tu siedi per etterna sorte qual quellangel che con tanto gioco guarda ne li occhi la nostra regina innamorato s che par di foco Cos ricorsi ancora a la dottrina di colui chabbelliva di Maria come del sole stella mattutina Ed elli a me Baldezza e leggiadria quantesser puote in angelo e in alma tutta in lui e s volem che sia perchelli quelli che port la palma giuso a Maria quando l Figliuol di Dio carcar si volse de la nostra salma Ma vieni omai con li occhi s comio andr parlando e nota i gran patrici di questo imperio giustissimo e pio Quei due che seggon l s pi felici per esser propinquissimi ad Augusta son desta rosa quasi due radici colui che da sinistra le saggiusta il padre per lo cui ardito gusto lumana specie tanto amaro gusta dal destro vedi quel padre vetusto di Santa Chiesa a cui Cristo le clavi raccomand di questo fior venusto E quei che vide tutti i tempi gravi pria che morisse de la bella sposa che sacquist con la lancia e coi clavi siede lunghesso e lungo laltro posa quel duca sotto cui visse di manna la gente ingrata mobile e retrosa Di contra Pietro vedi sedere Anna tanto contenta di mirar sua figlia che non move occhio per cantare osanna e contro al maggior padre di famiglia siede Lucia che mosse la tua donna quando chinavi a rovinar le ciglia Ma perch l tempo fugge che tassonna qui farem punto come buon sartore che comelli ha del panno fa la gonna e drizzeremo li occhi al primo amore s che guardando verso lui pentri quant possibil per lo suo fulgore Veramente ne forse tu tarretri movendo lali tue credendo oltrarti orando grazia conven che simpetri grazia da quella che puote aiutarti e tu mi seguirai con laffezione s che dal dicer mio lo cor non parti E cominci questa santa orazione Paradiso Canto III Vergine Madre figlia del tuo figlio umile e alta pi che creatura termine fisso detterno consiglio tu se colei che lumana natura nobilitasti s che l suo fattore non disdegn di farsi sua fattura Nel ventre tuo si raccese lamore per lo cui caldo ne letterna pace cos germinato questo fiore Qui se a noi meridiana face di caritate e giuso intra mortali se di speranza fontana vivace Donna se tanto grande e tanto vali che qual vuol grazia e a te non ricorre sua disianza vuol volar sanzali La tua benignit non pur soccorre a chi domanda ma molte fiate liberamente al dimandar precorre In te misericordia in te pietate in te magnificenza in te saduna quantunque in creatura di bontate Or questi che da linfima lacuna de luniverso infin qui ha vedute le vite spiritali ad una ad una supplica a te per grazia di virtute tanto che possa con li occhi levarsi pi alto verso lultima salute E io che mai per mio veder non arsi pi chi fo per lo suo tutti miei prieghi ti porgo e priego che non sieno scarsi perch tu ogne nube li disleghi di sua mortalit co prieghi tuoi s che l sommo piacer li si dispieghi Ancor ti priego regina che puoi ci che tu vuoli che conservi sani dopo tanto veder li affetti suoi Vinca tua guardia i movimenti umani vedi Beatrice con quanti beati per li miei prieghi ti chiudon le mani Li occhi da Dio diletti e venerati fissi ne lorator ne dimostraro quanto i devoti prieghi le son grati indi a letterno lume saddrizzaro nel qual non si dee creder che sinvii per creatura locchio tanto chiaro E io chal fine di tutti disii appropinquava s comio dovea lardor del desiderio in me finii Bernardo maccennava e sorridea perchio guardassi suso ma io era gi per me stesso tal qual ei volea ch la mia vista venendo sincera e pi e pi intrava per lo raggio de lalta luce che da s vera Da quinci innanzi il mio veder fu maggio che l parlar mostra cha tal vista cede e cede la memoria a tanto oltraggio Qual colui che sognando vede che dopo l sogno la passione impressa rimane e laltro a la mente non riede cotal son io ch quasi tutta cessa mia visione e ancor mi distilla nel core il dolce che nacque da essa Cos la neve al sol si disigilla cos al vento ne le foglie levi si perdea la sentenza di Sibilla O somma luce che tanto ti levi da concetti mortali a la mia mente ripresta un poco di quel che parevi e fa la lingua mia tanto possente chuna favilla sol de la tua gloria possa lasciare a la futura gente ch per tornare alquanto a mia memoria e per sonare un poco in questi versi pi si conceper di tua vittoria Io credo per lacume chio soffersi del vivo raggio chi sarei smarrito se li occhi miei da lui fossero aversi E mi ricorda chio fui pi ardito per questo a sostener tanto chi giunsi laspetto mio col valore infinito Oh abbondante grazia ondio presunsi ficcar lo viso per la luce etterna tanto che la veduta vi consunsi Nel suo profondo vidi che sinterna legato con amore in un volume ci che per luniverso si squaderna sustanze e accidenti e lor costume quasi conflati insieme per tal modo che ci chi dico un semplice lume La forma universal di questo nodo credo chi vidi perch pi di largo dicendo questo mi sento chi godo Un punto solo m maggior letargo che venticinque secoli a la mpresa che f Nettuno ammirar lombra dArgo Cos la mente mia tutta sospesa mirava fissa immobile e attenta e sempre di mirar faceasi accesa A quella luce cotal si diventa che volgersi da lei per altro aspetto impossibil che mai si consenta per che l ben ch del volere obietto tutto saccoglie in lei e fuor di quella defettivo ci ch l perfetto Omai sar pi corta mia favella pur a quel chio ricordo che dun fante che bagni ancor la lingua a la mammella Non perch pi chun semplice sembiante fosse nel vivo lume chio mirava che tal sempre qual sera davante ma per la vista che savvalorava in me guardando una sola parvenza mutandomio a me si travagliava Ne la profonda e chiara sussistenza de lalto lume parvermi tre giri di tre colori e duna contenenza e lun da laltro come iri da iri parea reflesso e l terzo parea foco che quinci e quindi igualmente si spiri Oh quanto corto il dire e come fioco al mio concetto e questo a quel chi vidi tanto che non basta a dicer poco O luce etterna che sola in te sidi sola tintendi e da te intelletta e intendente te ami e arridi Quella circulazion che s concetta pareva in te come lume reflesso da li occhi miei alquanto circunspetta dentro da s del suo colore stesso mi parve pinta de la nostra effige per che l mio viso in lei tutto era messo Qual l geomtra che tutto saffige per misurar lo cerchio e non ritrova pensando quel principio ondelli indige tal era io a quella vista nova veder voleva come si convenne limago al cerchio e come vi sindova ma non eran da ci le proprie penne se non che la mia mente fu percossa da un fulgore in che sua voglia venne A lalta fantasia qui manc possa ma gi volgeva il mio disio e l velle s come rota chigualmente mossa lamor che move il sole e laltre stelle